Nella seconda giornata del Lecco Film Fest 2024 arriva in riva al lago Riccardo Milani per presentare il documentario Io, noi e Gaber dedicato al cantautore milanese.

Di recente, però, il regista ha portato nelle sale anche la commedia campione d’incassi Un mondo a parte con protagonisti Antonio Albanese e Virginia Raffaele, che proprio nell’ambito del festival ha ricevuto il Premio alla memoria di Plinio Agostoni, già presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, scomparso lo scorso 8 marzo. A premiare Milani, l’attuale presidente Marco Campanari, la famiglia di Agostoni e mons. Davide Milani, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. “Nella figura di Plinio Agostoni – spiega Milani – tutto si tiene insieme: l’imprenditore, l’uomo di fede, l’educatore, l’uomo di cultura. Credeva in questo festival come possibilità di dialogo con la città. Il Lecco Film Fest nella sua idea era la sintesi di un cinema nato per farsi le domande e ragionare insieme. Stiamo parlando di una figura eminente di Lecco, un cattolico integrale che sapeva abbracciare il mondo, convinto che tutto poteva essere raggiunto dalla fede. Si sente oggi il vuoto della sua perdita, ma resta la sua eredità, la capacità di avviare dei processi destinati a compiersi nel tempo”.

Un mondo a parte racconta le peripezie di una piccola scuola elementare a rischio chiusura che sorge in una cittadina dell’appennino abruzzese: “Sono paesi piccoli, pieni di problemi, tenuti in piedi anche dagli extracomunitari, persone talmente integrate che non hanno fatto perdere l’identità del luogo, con figli che parlano il dialetto locale perché nati lì. Nel film parto da una realtà amara in cui sembra che l’illegalità possa tenere insieme il popolo. Ma, come dice il personaggio interpretato da Virginia Raffaele, il vero reato è chiudere la scuola: il film inizia con ragazzino che minaccia Antonio Albanese, segno di un’autorevolezza della scuola che si è sfaldata in un’epoca in cui noi genitori siamo convinti di potere sostituire tutti, insegnanti in primis. Ma ho conosciuto docenti che fanno chilometri sotto la neve per raggiungere la scuola, consapevoli della loro fondamentale funzione sociale”.

Un film dunque che ragiona su emergenze e contraddizioni del nostro Paese attraverso, però, il registro comico: “Io all’inizio della carriera ho fatto l’aiuto regista per Mario Monicelli, Daniele Luchetti, Nanni Moretti. Da tutti ho preso l’ironia per raccontare questioni importanti. Monicelli mi ha insegnato che il nostro lavoro esige puntualità, sacrificio, umiltà”.

Non diversamente dalla scuola, oggi anche il cinema, come presidio sociale, è sotto minaccia. Per il regista è “fondamentale capire che il cinema è un’industria, la sala non è più un luogo identitario ma il ruolo del pubblico è fondamentale, anche per recuperare quel senso di comunità che si sta smarrendo”.

Un valore ancor più attuale oggi che, aggiunge Milani, “viviamo nel nostro Paese un senso di ostilità, di competizione. Nel nostro Paese tante energie vengono spese in modo violento e negativo. Soffro per questa Italia divisa, per il senso di giustizia che si sgretola, per un senso di collettività che si sta sbriciolando”.

Dalla commedia al doc: Riccardo Milani ha presentato al pubblico del Nuovo Cinema Aquilone di Lecco Io, noi e Gaber: “Di lui mi sta molto a cuore il concetto di libertà, che, come dice nella famosa canzone non è una conquista personale, ma deve far comprendere che la propria vita, le proprie azioni possono incidere sulla comunità, posso avere un valore e un senso per tutti gli altri”.

Un doc che ripercorre a tutto tondo la carriera dell’artista meneghino, fin dai brillanti esordi televisivi all’alba dei Sessanta: “per me sin da bambino è stato un riferimento. – ricorda il cineasta – A venticinque anni era già un conduttore televisivo importante, ma ha deciso di fare altro, di inventarsi un genere teatrale con cui raccontare le contraddizioni del Paese. Diceva delle cose importanti, anche con rabbia, senza mai diventare violento”. L’invenzione del teatro canzone va di pari passo con l’abbandono della Tv perché, sottolinea Milani, “in quel periodo Gaber aveva intuito che nella televisione c’erano costruzioni e censure che non sopportava. E lo disse apertamente”.

Ma per il regista Gaber soprattutto fu un intellettuale “che si attirò l’odio sia della sinistra che della destra per il coraggio di dire le cose che sentiva di dire, per muovere le critiche che sentiva di fare ad una società che cambiava”.

A proposito di coraggio e disallineamento, prima di Gaber ci fu Gigi Riva. Milani nel 2022 ha diretto anche il documentario Nel nostro cielo un rombo di tuono, dedicato al leggendario centravanti azzurro morto pochi mesi fa: “Ho impiegato vent’anni a convincerlo. La prima proposta gliel’ho fatta nel 2001, ma sono riuscito a girare solo nel 2021 perché Riva era sempre neghittoso, era rimasto uno restio a esporsi, fuori e dentro dal campo”. “Di Riva – aggiunge il regista – ho ammirato la volontà di onorare un popolo che l’aveva adottato. Lui che all’inizio aveva paura di trasferirsi in Sardegna, poi c’è andato a vivere per sempre. La sua lezione morale sta nel coraggio di esporsi con convinzione senza fare dei calcoli”.

Gigi Riva e il Signor G., “nella loro diversità, due giganti” conclude Milani. E a chi gli chiede se farà un terzo doc su una figura eminente del nostro Paese non lesina una mezza anticipazione: “Lo stiamo per fare, ci stiamo lavorando proprio in queste settimane con il produttore Gianluigi Attorre”.