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Roman Polanski e Luca Barbareschi sul set di The Palace
A sei mesi dalla prima mondiale alla Mostra di Venezia, The Palace di Roman Polanski ha trovato una distribuzione francese. Se ne occuperà Swashbuckler Films, specializzata nel rilancio di classici, che conta di far uscire l’ultimo film del regista (cittadino francese) per il 15 maggio (i tempi prolungati sarebbero dovuti all’attesa delle autorizzazioni e ai contatti con gli esercenti). Presentato al Lido tra sberleffi e polemiche, The Palace è già uscito in Italia senza clamore (mezzo milione di euro al botteghino), ma non è detto che – malgrado il successo de L’ufficiale e la spia che fu distribuito da Gaumont – il regista premio Oscar riuscirà a presidiare le sale transalpine. Oltre alla nota vicenda che riguarda Samantha Gailey, l’allora tredicenne violentata dal regista nel 1977, Polanski è stato accusato di violenza anche da Valentine Monnier nel 2019 (episodio che risalirebbe al 1975, quando l’attrice aveva 18 anni: accusa che ha scatenato le femministe ma non ha impedito al regista di vincere l’ennesimo César nel 2020) e da Charlotte Lewis nel 2021 (il fatto sarebbe avvenuto nel 1983: tre anni dopo l’attrice partecipò a Pirati). Ma Polanski non è l’unico venerato maestro a essere nell’occhio del ciclone: la Francia sta conoscendo un nuovo #MeToo, forse più complesso e inquietante di quello delle origini.
#metoo e time’s up
Era il 2017 quando il #MeToo entrò nel lessico quotidiano: a coniare l’espressione fu l’attivista Tarana Burke nel 2006, ma a renderla popolare – anzi, virale: è ormai impossibile pensare a queste due parole se non appaiate dopo il cancelletto – fu l’attrice Alyssa Milano. L’hashtag si è imposto nell’immaginario con l’obiettivo di dimostrare quanto la violenza sessuale e le molestie sul posto di lavoro fossero frequenti nonché antiche. La storia è nota: le inchieste di New York Times e New Yorker hanno dato voce a molte donne dell’industria cinematografica che hanno accusato Harvey Weinstein, tra i massimi produttori americani e kingmaker degli Oscar, di aggressioni, abusi e stupri. Il caso, un vero reset culturale negli Stati Uniti, ha incoraggiato altre persone a parlare e diverse celebrità hollywoodiane hanno fondato o promosso la no-profit Time’s Up, che sostiene economicamente le vittime più vulnerabili (il cinema è la punta dell’iceberg) e favorisce norme per sanzionare le imprese che tollerano le molestie, la parità di genere salariale e una maggiore sensibilizzazione sul tema.
Anche in Europa arrivò il #MeToo e in Francia – la più importante industria cinematografica del continente – diventò #BalanceTonPorc (“denuncia il tuo porco”). Non mancarono le voci critiche, in primis Catherine Deneuve, che insieme ad altre cento donne firmò una lettera su Le Monde per condannare la “caccia alle streghe”, la “giustizia sbrigativa” e l’equiparazione tra “importunare” e “aggredire”. Ma ormai l’onda era partita: l’attrice Sand Van Roy e in seguito altre otto donne tirarono in ballo Luc Besson (le accuse, sia di violenze che di comportamenti inappropriati, sono state archiviate nel 2021) e Adèle Haenel accusò il regista Christophe Ruggia di averla molestata tra il 2001 e il 2004 quando aveva tra i 12 e i 15 anni (il processo è alle porte). Proprio Haenel fu al centro della protesta più eclatante: quando, nel febbraio 2020, il regista vinse l’ennesimo César per L’ufficiale e la spia, l’attrice e altre persone (tra cui Céline Sciamma) abbandonarono la sala urlando “È una vergogna!”. Nel frattempo, industria e istituzioni si sono attivate affinché il settore fosse meno sessista e pericoloso: azioni per prevenire le molestie, formazione dei dirigenti, introduzione di figure di controllo sui set più norme per la parità e l’uguaglianza.
A distanza di anni dalla fase di massima esposizione del movimento – e con una pandemia di mezzo che ha spostato il focus su altre problematiche – il #MeToo è tornato prepotentemente al centro della scena. Un sentore l’abbiamo visto a Cannes 2023, quando la regista Catherine Corsini è stata selezionata in Concorso con il suo Le retour nonostante le accuse di violenza (nella fattispecie, una scena di sesso tra minorenni non dichiarata CNC), ma a scuotere l’opinione pubblica sono stati due libri e due attrici.
I libri
Nel 2020, Vanessa Springora pubblica Il consenso, in cui svela gli abusi sessuali subiti quando aveva 14 anni dallo scrittore Gabriel Matzneff, all’epoca quarantanovenne. Da sempre controverso per le sue opinioni sulla pedofilia (negli anni Settanta promosse un appello per eliminare l’età del consenso), in passato sostenuto da pesi massimi come François Mitterrand, Jean-Marie Le Pen e Yves Saint Laurent, l’intellettuale, oggi 87 anni, è stato scaricato dai suoi editori e privato di un vitalizio. Nel 2023, il bestseller è diventato un film, diretto da Vanessa Filho e visto da mezzo milione di spettatori.
Nel 2021 è uscito il memoir La famiglia grande in cui l’autrice Camille Kouchner, nepo baby dell’intellighenzia francese (figlia dell’ex ministro Bernard Kouchner, fondatore di Medici senza frontiere, e di Évelyne Pisier, professoressa a Sciences Po) e docente universitaria, denuncia il suo patrigno, il politologo Olivier Duhamel, di aver violentato il fratello gemello nell’adolescenza. Nonostante ne fossero a conoscenza, decine di amici intellettuali di sua madre scelsero di tacere. Nel libro si descrive un ambiente in cui gli episodi di abusi venivano giustificati e contestualizzati nell’ambito delle complesse relazioni tra genitori e figli post-sessantottine. Quando i fratelli Kouchner rivelarono le violenze alla madre, la signora si schierò dalla parte del marito, mentre la zia Marie-France Pisier (icona della Novelle vague, fu la Colette amata da Antoine Doinel) ne rimase molto turbata (si è suicidata nel 2011). Il libro suscita un’ondata di reazioni, molti lettori iniziano a denunciare gli incesti in famiglia e Duhamel confessa di aver abusato sessualmente del figliastro (ma intanto era scattata la prescrizione).
Le attrici
Il 7 dicembre 2023, Emmanuelle Debever, 60 anni, si è suicidata gettandosi nella Senna. In quello stesso giorno, France 2 ha trasmesso Complément d'enquête: La chute de l’ogre, documentario sulle accuse di stupro e violenza contro Gerard Depardieu. In un post su Facebook nel 2019, l’attrice aveva accusato il divo di molestie sul set di Danton (1982): la dichiarazione passò inosservata, nonostante un precedente analogo denunciato dalla collega Charlotte Arnould. La coincidenza tra la morte e la messa in onda provoca sconcerto ed emozione in Francia, mentre l’ormai irrecuperabile Depardieu accumula molte altre denunce (almeno sedici).
E poi c’è Judith Godrèche. Nella miniserie autobiografica Icon of French Cinema, l’attrice ricostruisce la sua relazione con il regista Benoît Jacquot, iniziata nel 1986 sul set di Les Mendiants, quando lei aveva 14 anni e lui 39, e conclusa nel 1992, svelandone la natura violenta e la pressione psicologica. Secondo l’attrice, si tratta di una situazione molto comune nel mondo del cinema, in cui l’adulto abusa della propria posizione di potere e il minore si lascia sopraffare dal carisma e dalla personalità dell’artista. In seguito Godréche ha denunciato anche Jacques Doillon: durante le riprese di La Fille de 15 ans (1989), il regista l’avrebbe stuprata, sia nel suo ufficio sia a casa di Jane Birkin, all’epoca compagna del regista.
Il 24 febbraio, Godréche interviene tra gli applausi alla cerimonia dei César, rievocando la propria esperienza, sottolineando l’omertà del settore, invocando cambiamenti strutturali. Nei giorni successivi, punta il dito contro il produttore Dominique Boutonnat, appena rinnovato alla presidenza del CNC nonostante l’incriminazione per violenza sessuale mossa dal suo figlioccio.
caduta maestri
Dopo la rivelazione di Godrèche, Jacquot (77 anni) viene accusato di molestie sessuali e violenze psicologiche anche dalle attrici Julia Roy (sua ex compagna, insieme in Dernier amour), Vahina Giocante al tempo di Niente scandalo e Isild Le Besco sul set di Sade. In attesa delle sentenze, gli effetti sulla carriera sono già arrivati: non solo è stata bloccata la distribuzione di Belle, il suo nuovo film con Guillaume Canet (che si è dissociato dalla promozione) e Charlotte Gainsbourg (figlia di Jane Birkin, tirata in ballo sul caso Doillon), ma la Cinémathèque française ha deciso di annullare una piccola retrospettiva sul regista.
Destino simile per Doillon (80 anni), accusato anche da Anna Mouglalis (l’episodio risalirebbe al 2011) e Le Besco (2000): l’uscita in sala di CE2, il suo ultimo film, è rinviata a data da destinarsi, gli interpreti Nora Hamzawi e Alexis Manenti non hanno intenzione di promuoverlo e si sta indagando sulle modalità dei casting (si sarebbero verificate molestie e manipolazioni). Ce n’è anche per i morti: l’attrice Sarah Grappin ha affermato di aver avuto una relazione non paritaria con Alain Corneau negli anni Novanta, quando lei aveva 16 anni e lui 52.
Gli abusi sui minori
Non solo Jacquot e Doillon: c’è anche un altro venerato maestro al centro del ciclone. È André Téchine (81 anni), appena denunciato dall’attore Francis Renaud per molestie. Il regista ha ammesso un “approccio goffo” e di non aver capito che il rapporto non era alla pari a causa del suo status superiore. Le indagini sono in corso (ma la prescrizione è quasi sicura), però nel frattempo l’uscita del suo ultimo film, Les Gens d’à côté, è stata annullata. Reinaud ha accusato anche il casting director Gérard Moulevrier, in questo caso di violenza e minacce di morte.
Le due rivelazioni – che si riferiscono a fatti avvenuti tra il 1988 e il 2004 – si inseriscono all’interno del movimento #MeeTooGarçons, che si concentra su qualcosa di ancora più inquietante: le violenze sui minori. È stato innescato sui social dall’attore Aurélien Wiik, che nello scorso febbraio ha dichiarato di aver subito abusi, tra gli 11 e i 15 anni, da parte del suo agente e di altri membri del suo entourage (Wiik ha denunciato l’aggressore già a 16 anni, riuscendo a farlo condannare) e ha quindi incoraggiato tutte le vittime a parlare.
Un sistema omertoso e impunito, come ha spiegato Mathieu Kassovitz, che ha ammesso di aver preso a pugni persone note dell’industria dopo comportamenti inappropriati (“Pensate forse che a un ragazzo carino come me non abbiamo mai toccato il sedere da giovane?”). L’attore Farouk Benalleg e l’ex attore Pierre Bégué (oggi agente immobiliare) hanno rivelato di essere stati molestati da Dominique Besnehard, vero potere del cinema francese (attore, produttore, talent manager, casting director, creatore di Chiami il mio agente!), che non ha negato gli approcci ma ha rispedito al mittente le accuse di violenza (Besnehard è anche uno dei più strenui sostenitori di Depardieu, considerato “rabelaisiano” ma non uno stupratore).
Una ricerca dell’Istituto nazionale francese di studi demografici (INED) ha rivelato che a differenza delle donne, vittime o potenziali vittime per tutta la loro vita, gli uomini risultano più vulnerabili agli abusi nell’infanzia e nell’adolescenza e hanno difficoltà sia a farsi credere da istituzioni e famigliari sia a denunciare per paura e vergogna. Perciò #MeeTooGarçons rappresenta un punto di svolta decisivo: l’ha capito Andy Kerbrat, deputato di sinistra, che ha raccontato di aver subito abusi nell’infanzia da una persona oggi morta, e anche tantissime persone comuni che sui social stanno rievocando episodi violenti che hanno segnato per sempre le loro vite.
intanto in america...
Nel frattempo, una docuserie di Investigation Discovery, Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV, ha svelato il lato oscuro di Nickelodeon, tra i più importanti network televisivi con programmazione per bambini e ragazzi. Le prime puntate si concentrano su come i dirigenti adulti hanno creato un ambiente tossico e violento ai danni dei minorenni impiegati per l’azienda. Al centro dell’inchiesta, Dan Schneider, peso massimo del settore e licenziato perché accusato di molestie (tra le vittime, l’attrice Amanda Byne, coinvolta in una relazione manipolatoria quando era minorenne e costretta ad abortire), e Brian Peck, attore e showrunner del canale, condannato per molestie subite dall’allora adolescente attore Dake Bell nel 2003. Il velo è stato squarciato e siamo solo all’inizio.