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Alice Rohrwacher (foto di Karen Di Paola)
Più di un secolo c’è voluto perché una regista sbancasse il botteghino e diventasse un caso da studiare. Pensare che agli albori il cinema italiano annoverava una delle più importanti pioniere, la produttrice e regista Elvira Notari, i cui film erano distribuiti sin nelle Americhe. Invece dopo di lei stagioni di silenzio fino al debutto negli anni ’50 di Lorenza Mazzetti, emigrata però in Inghilterra dove contribuì a fondare il free cinema, e la documentarista Cecilia Mangini. Se si eccettuano Lina Wertmuller e Liliana Cavani, le donne per decenni sono debitamente tenute lontane dai set.
Un cambio di passo, lento e inesorabile, avviene a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 con l’arrivo di autrici in grado di imporsi all’attenzione di pubblico e critica: Cristina Comencini, Antonietta De Lillo, Francesca Archibugi, Wilma Labate, Roberta Torre, Francesca Comencini. Sorprendente come la produzione italiana si sia di colpo aperta alle registe, per quanto la loro presenza risulti tuttora minoritaria costituendo circa il 28% del totale. Non in termini di qualità perché, se l’analisi si sposta ai premi vinti nei festival le autrici surclassano nettamente i colleghi.
Ma come è composta l’odierna galassia femminile del cinema italiano e quali stelle brillano al suo interno?
Che sia un universo luminoso e variegato, dove trovano posto anime che si muovono dentro e fuori i perimetri della produzione più classica, è evidente. Le autrici firmano corti, documentari, film di finzione, scandagliano la narrazione mainstream e lo sperimentalismo, il racconto del reale e il genere. Un movimento, per restare al solo cinema di finzione, insieme eccentrico e tradizionale, adatto a comporre un quadro finale specchio di una autorialità dai mille volti.
Cinema d’autrici
Se per cinema d’autore si intende quello in cui è ben visibile e riconoscibile il mondo del cineasta, non vi è dubbio che a esso siano ascrivibili le opere di tante registe italiane, a partire da Cavani. A dare forma alla rappresentazione di un universo personale sono Alice Rohrwacher, Emma Dante, Susanna Nicchiarelli, Archibugi, Torre, nomi ben conosciuti nel circuito dei festival internazionali, accanto a colleghe più giovani, non necessariamente in termini anagrafici, quali Chiara Bellosi, Laura Bispuri, Eleonora Danco, Laura Samani, Laura Luchetti, Emanuela Rossi. Un drappello di registe la cui punta di diamante è indubitabilmente Rohrwacher, che di film in film porta avanti una poetica e un’estetica segnate da una forte eccentricità rispetto alla produzione nazionale. Un obiettivo cui a dire il vero tendono tutte le cineaste, in cerca di linguaggi meno corrivi e di temi più attuali come l’identità di genere, la questione femminile, il disagio, la rappresentazione senza filtri della società, il racconto di personalità ai margini.
Tra cinema e serie tv
Che abbiano esordito con un film di finzione o con un documentario, molte le registe che hanno ascoltato il richiamo della serialità. Negli ultimi anni si sono convertite al piccolo schermo Francesca Comencini, Letizia Lamartire, Paola Randi, Elisa Amoruso, Nicchiarelli, Archibugi, Rohrwacher, Bispuri e più di recente la documentarista Francesca Mazzoleni, tra le firme dell’attesa Supersex. Un terreno, quello della serialità, sbocco lavorativo inevitabile e al contempo banco di prova per sperimentare non tanto linguaggi innovativi, quanto modi di produzione ben lontani da quelli del cinema. Se si sopravvive ai tempi stretti delle riprese imposti alle serie allora ci si può fissare qualunque obiettivo, anche quello di avere finalmente in mano degli alti budget. Malauguratamente il ritorno alla realtà, cioè ai film, è nella maggior parte dei casi brusco e implica il doversi di nuovo confrontare con produzioni non certo faraoniche.
Le attrici registe
Fenomeno planetario, anche in Italia non mancano le attrici passate alla regia. Se in principio fu Monica Vitti, Valeria Golino ne ha felicemente raccolto l’eredità diventando una habituée di Cannes. Ma la lista delle interpreti intente a dirigere è lunga: si va da Micaela Ramazzotti - vincitrice alla prima prova di un Leone a Venezia - a Margherita Buy, da Jasmine Trinca a Laura Morante a, ovviamente, Paola Cortellesi. Seguono Pilar Fogliati e Michela Andreozzi, decisamente votate alla commedia, mentre Claudia Gerini e Michela Cescon si sono dimostrate più attente agli intrecci psicologico e all’horror. Tra loro alcune hanno preferito non trovarsi anche di fronte alla macchina da presa, altre hanno superato con grazia la prova del doppio impegno regia/recitazione. Manca ora l’ultimo miglio, quello che all’estero tante colleghe hanno già corso, cioè il passaggio stabile alla produzione. Golino l’ha compiuto e Cortellesi ha le carte giuste per farlo. Si attendono altre capitane coraggiose.