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Dal 9/11 al Covid-19, l’esperienza contemporanea è della irrealtà, giacché la sospensione dell’incredulità ci è richiesta dalla finestra e non (più) dallo schermo.
Siamo testimoni di una cronaca solo approssimata, abbozzata, evocata dalla finzione cinematografica, con papalina evidenza: non è bastato il genio di Nanni Moretti (Habemus Papam) e di Sorrentino (The Young Pope, The New Pope), per preconizzare la Via Crucis di Papa Francesco in una piazza san Pietro deserta e bagnata.
Quel 10 aprile 2020 abbiamo capito come l’audiovisivo avesse smesso di compiere miracoli, come la riproduzione della realtà fosse sottomessa alla produzione dell’irrealtà: l’11 settembre 2001, le dimissioni di Ratzinger, i due papi, l’incendio di Notre Dame - la fine dell’Occidente, e qualcosa di più, per come l’abbiamo conosciuto.
Agli occhi avremmo chiesto di vivere (l’esperienza) e all’esistenza di guardarci (il selfie), e di questo mutato scenario Franciscus è stato partecipe, precipitato, alfiere.
Forte, e insieme debole, di una titolarità, papale, e un’identità, Bergoglio, non sempre congruenti; forte e, insieme debole, di una sospensione dell’incredulità in cui osservatore e osservante, dunque cittadino e fedele, coincidevano.
Come attestano i tanti, troppi doc che gli sono stati dedicati, da In viaggio di Rosi a Papa Francesco – Un uomo di parola di Wenders, Bergoglio è riuscito a rendere credibile un’immagine, meglio, a farci credere in un’immagine, associando nell’esergo “vengo dalla fine del mondo” teologia e teleologia della visione.
Non la salvezza del gregge, ma il salvamento della platea, cui nell’iconoclastia delle istituzioni e nell’anoressia delle emozioni ha ammannito l’immagine superstite – la Sua.
Navigando a vista tra fake news e battutismi proprietari, meme, graffiti e, da ultimo, Intelligenza Artificiale, ha avocato a sé il piccolo miracolo della persistenza visiva, dell’esistenza visuale - oggi l’immagine è caduca, effimera, spacciata, quanto è durata quella dell’attentato a Trump?
Absit iniuria verbis, è l’iconostasi il ministero, financo il mistero, di Papa Francesco. Costretto a portare la croce da solo, con gli occhi del mondo addosso: ecumenico, e vieppiù superstite.
Battezzandosi in quella Via Crucis deserta e globale, in cui apocalitticamente collimò il vivere e il vedere, Francesco s’è sacrificato (sacrum facere) per scambiare la morte della (nostra) immagine – malattia e afonia hanno catalizzato e solennizzato il passaggio – con l’immagine della (sua) morte.
E affrancarci: “Prendete e vedetene tutti”.