Se non fosse morto il 4 gennaio di dieci anni fa, il 19 marzo scorso Pino Daniele avrebbe compiuto settant’anni. Ma il doppio anniversario è “una scusa”, dice Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale che fa un po’ da Cicerone in Pino, il documentario di Francesco Lettieri prodotto da Groenlandia, Lucky Red e Tartare Film che arriva in sala come evento speciale dal 31 marzo al 2 aprile (e da luglio su Netflix). E che, per la prima volta, usa i preziosi materiali degli archivi conservati dalla Fondazione Pino Daniele Ets, che ha riconosciuto al progetto il sigillo distintivo “70/10 Anniversary”.

A garantirlo è Alessandro Daniele, figlio di Pino e custode della sua eredità artista: “L’obiettivo era far rivivere mio padre nel racconto degli altri, con i materiali messi al servizio della visione del regista”. Ovvero Lettieri, già alla regia di Ultras, Lovely Boy e Il segreto di Liberato e soprattutto dei memorabili videoclip di artisti come Liberato, Calcutta, Giovanni Truppi, Thegiornalisti, Giorgio Poi. Un inconfondibile marchio d’autore, quest’ultimo, che torna negli “interludi” che entrano nella narrazione per mettere in scena alcune canzoni, da Cammina cammina (“Ci sono molto legato, il mio primo account su YouTube si chiamava così” rivela Lettieri) a Chillo è nu buono guaglione, con la scelta audace di lasciare gli interventi soprattutto in audio (dagli storici collaboratori come James Senese, Rosario Jermano, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo e Tony Esposito ad amici d’infanzia e compagni di strada, ma anche pesi massimi da Vasco Rossi a Eric Clapton).

Pino
Pino

Pino

Un approccio che determina un certo scarto tra Pino e gli altri due doc dedicati al cantautore, Il tempo resterà di Giorgio Verdelli (2017) e Nero a metà di Marco Spagnoli (2024): “Ho cercato di fare qualcosa di personale, visivamente diverso, mantenendo il sentimento del me stesso ragazzino che scoprì Pino Daniele, ritrovando la Napoli della mia infanzia. Non mi piace il format del documentario con le interviste, ho preferito che le voci degli intervistati diventassero una corale: il protagonista è Pino, la sua intimità e la sua storia, senza scadere nel gossip”.

Non mancano inserti celebri, come la trasmissione con Gianni Minà e Massimo Troisi per lanciare Pensavo fosse amore… invece era un calesse e la canzone portante Quando (“È un momento molto visto, ma come si fa a ignorarlo? C’è una chiave per capire la sofferenza di Troisi e Daniele” dice Lettieri), ma il piatto forte è l’inedito che accompagna i titoli di coda, gemma nascosta dell’inesauribile archivio: “Quando Tony Esposito ha canticchiato quel pezzo a Federico – spiega Alessandro Daniele – abbiamo capito che dovevamo lavorare su quel materiale. Dà l’idea della ricerca musicale di mio padre, di come creasse tante versioni alternative di canzoni poi scartate”.

Francsco Lettieri
Francsco Lettieri

Francsco Lettieri

Un regalo postumo che si aggiunge ad altri usciti negli ultimi tempi, da Again a Una parte di me: c’è un album all’orizzonte? Daniele junior ammette che “c’è un ragionamento” così come lascia intendere che le immagini del leggendario concerto di piazza Plebiscito del 1981 possano tornare in qualche progetto futuro (magari in previsione del quarantacinquesimo anniversario?). Resta un’eredità da consegnare alle nuove generazioni: “Non so cosa avrebbe fatto oggi – dice il figlio – ma so che era uno sperimentatore, magari avrebbe giocato con l’autotune anche se negli ultimi tempi si era allontanato dalla tecnologia. Che ognuno racconti il proprio Pino”.