PHOTO
Spettacolo di varietà
Eccoli lì. Lei e lui. Hanno finito le prove alla scuola di danza, escono per strada, sentono una musica venire da un bar, accennano a un passo, la musica si alza e loro si mettono a ballare e cantare. Cominciano a pensare di mettere su un musical. Siamo finiti dentro un tipo di film che, senza giustificarsi con lo spettatore, può – oplà! – trasformare una strada in palcoscenico. E se ci sono Vincente Minnelli, Cyd Charisse e Fred Astaire si può girare Spettacolo di varietà (1953), uno dei più bei musical di sempre.
Musical hollywoodiano, s'intende: perché il musical è hollywoodiano per natura, storia, bellezza, fantasia, eleganza. Il musical non è come quei film opera che ne facevamo tanti in Italia negli anni Quaranta e Cinquanta, come facevamo dei film-rivista che era come vedersi lo spettacolo in un teatro popolare. Non è neppure come il film concerto con la band sul palcoscenico. Non è il nostro musicarello con il cantante di successo e le sue canzoni che c'entrano poco o niente con la storia. Il musical americano è altro: danza musica canto racconto dentro un genere speciale, anch'esso americano per eccellenza come il western.
Fred Astaire sapeva bene cosa fosse un musical: “La danza e le canzoni devono nascere spontaneamente da una situazione, da uno stato d'animo, da un sentimento”. Il musical sboccia con naturalezza da un momento di vita realtà felicità o turbamento o solitudine o estasi e quel momento lo trasferisce per incantamento in un mondo che è, di solito ma non sempre, di favola e sogno. Senza che la realtà sia dimenticata, al punto che, finito di cantare e danzare, il ritorno sul marciapiede, sull'erica della Scozia o nel salotto di casa avviene in tutta semplicità con uno stacco o una dissolvenza incrociata.
Il musical è trasferirsi, cantando e danzando, in un posto che non esiste se non sullo schermo: dentro un film, dentro il cinema. Naturalmente per girare un musical bisogna che il film sia sonoro: e il primo film sonoro è già un quasi musical. The Jazz Singer del 1927 è ricordato non tanto per il regista Alan Crosland quanto per l'attore e cantante Al Jolson che come personaggio vuole diventare un cantante di successo. E Lubitsch gira nel 1932 Il principe consorte, con la coppia – pedina fondamentale per un musical – Maurice Chevalier e Jeanette MacDonald che torneranno, sempre per Lubitsch, in Un'ora d'amore (1932) e nel perfetto La vedova allegra, musical-operetta euroamericano del 1934, preceduto l'anno prima dall'esordio di Fred Astaire e Ginger Rogers nell'esotico, perché con il musical si può volare dovunque, Flying down to Rio, Carioca, il film più conosciuto di un regista dimenticato, Thornton Freeland. La strada è aperta: e infatti arriva subito un nome decisivo, quello di Busby Berkeley, con la coppia di film del 1933 Quarantaduesima Strada e Viva le donne... Vai col musical.