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Jean-Luc Godard © Fabrice Aragno
In un film di normale conformazione classica, la successione delle inquadrature non viene sottolineata dal regista, anzi viene nascosta allo spettatore innocente. Il film scorre, la storia avanza, la messinscena non viene percepita. Bene.
Si sa che, in qualunque campo, se viene stabilita una regola ci sarà qualcuno che non ci sta, si sa che uno o molti si inventeranno altre maniere di accostare le inquadrature, che uno o molti vorranno non nascondere lo stacco ma sottolinearlo, che uno o molti di questi scapestrati non vorranno che tutto scorra liscio ma faranno di tutto perché si noti lo stacco, il salto tra i mattoncini delle inquadrature.
Nella storia del cinema sono stati molti i “ribelli”: fuori dalle convenzioni e dalle convenienze. In opposizione al galateo cinematografico. Ci sono stati i registi delle avanguardie surrealiste, quelli delle avanguardie sovietiche e in tempi più recenti il regista Jean-Luc Godard.
Del 1960 è il suo lungometraggio d’esordio Fino all’ultimo respiro (À bout de souffle), girato in velocità, in 23 giorni, bassissimo budget, costruito durante le riprese su una sceneggiatura di pochi fogli, troupe minima più le strade di Parigi e le stanze dei suoi alberghetti. E con inquadrature disobbedienti a ogni regola.
Nella prima immagine, Jean-Paul Belmondo legge una rivista con in copertina una donnina in vestiti succinti, afferma di essere con (st****o; e anche questa è un segnale di lontananza dall'educazione verbale), poi guarda verso la camera, poi verso sinistra, si passa il pollice sul labbro in un gesto che imita quello che faceva Humphrey Bogart. Stacco.
Seconda inquadratura: una ragazza guarda a sinistra, poi a destra, poi a sinistra e annuisce verso la direzione in cui noi, abitudinari come siamo del montaggio degli sguardi, pensiamo si trovi Belmondo, poi guarda ancora a destra. Stacco, terza inquadratura. Belmondo, sigaretta in bocca, guarda a sinistra, a destra, a sinistra. Stacco, quarta inquadratura. La ragazza sposta lo sguardo da destra a sinistra e annuisce di nuovo a Belmondo.
Bastano quattro inquadrature a Godard per mandare a monte il sistema classico di concordanze: dove sono Belmondo rispetto alla ragazza? a sinistra? a destra? dove? Non vale più quella che sembrava essere la solida grammatica della composizione tra le immagini.
Godard dice in queste quattro-inquadrature-quattro che le immagini si possono unire in modo non ortodosso e noi spettatori non dobbiamo preoccuparci: il film va avanti lo stesso. E lui è questo che insiste a fare all'inizio di Fino all'ultimo respiro e per tutto il film e per tutti i tanti film che sono venuti dopo, fino ad oggi. Percorrere la storia del cinema vuol dire incontrare dei modelli consueti e dei modelli stravaganti. Il cinema, i nostri mattoncini li può usare in parecchie maniere.