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Il 20 febbraio 2023 la Fondazione Ente dello Spettacolo ha incontrato Papa Francesco nella Sala Clementina, in Vaticano. Il Papa aveva sottolineato come soltanto le opere che esprimono l’armonia umana, nella gioia e nel dolore, sono quelle che passano alla storia, perché il cinema è poesia. Il suo pensiero è andato alla prima pagina della Bibbia, che scorre come un film in cui Dio è allo stesso tempo attore e spettatore, mentre compone la sua creazione. Un atto di amore. Sempre quel giorno ha parlato di uno dei suoi film preferiti: Andrej Rublëv di Tarkovskij. È un capolavoro che invoca una nuova apertura verso il mondo.
La forza del grande schermo passa attraverso tre parole: comunione, creatività, visione, come ha spiegato il Santo Padre nel dicembre del 2019, durante l’appuntamento con i rappresentanti dell’Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC). Il tema dell’aggregazione è stato spesso presente nelle sue riflessioni, a partire dai ricordi d’infanzia, dal dopoguerra, quando da ragazzo andava con i genitori a vedere Anna Magnani e Aldo Fabrizi. Si trattava di un’occasione per sognare, era una scuola di umanesimo per risaldare i rapporti compromessi dal conflitto.
Nell’intervista rilasciata ad Antonio Spadaro il 19 agosto del 2013 Bergoglio ha detto che La strada di Federico Fellini è il film che forse ha amato di più, e in cui si è identificato per l’implicito riferimento a San Francesco. Un altro è stato Roma città aperta di Rossellini.
In un confronto con monsignor Dario Edoardo Viganò (presente nel libro Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità del 2021), il Pontefice ha invece parlato del cinema come mezzo per la riscoperta dello sguardo puro, come è avvenuto con il neorealismo. È una “catechesi dello sguardo” per avvicinarsi a Dio. Lo stesso obiettivo della “visione” il Papa lo aveva assegnato alle sale cinematografiche dell’ACEC nel dicembre 2019. Bisogna andare oltre il semplice vedere. Così si rivela l’interiorità dell’uomo, perché “è capace di vedere le cose e di vedere dentro le cose. Lo sguardo provoca anche le coscienze a un attento esame”.
Nell’intervento di chiusura del summit sui diritti dei bambini del 3 febbraio 2025, il Papa ha ricordato che “I bambini ci guardano”, come dice il titolo del famoso film di Vittorio De Sica, per capire come andiamo avanti nella vita. Il cinema è stato anche uno strumento di catechesi per Bergoglio, quando era ancora vescovo a Buenos Aires. La proiezione di un film diventava un momento di riflessione, e poi nei giorni successivi di catechismo. Era un cineforum potenziato. Lo ha ricordato il 15 gennaio 2017 nella visita pastorale alla parrocchia Santa Maria a Setteville. Un esempio? Per spiegare il dialogo tra nonni e nipoti proponeva Rapsodia in agosto di Kurosawa, mentre per rendere comprensibile la gratuità cristiana proponeva Il pranzo di Babette, di Gabriel Axel, citato anche nell’esortazione apostolica Amoris laetitia.
Il rapporto del Pontefice con il mondo del cinema è stato personale: sono tante le occasioni in cui ha aperto le porte a registi e attori. Pensiamo alla conversazione con Wim Wenders, che è diventata il documentario Papa Francesco. Un uomo di parola, o al documentario di Gianfranco Rosi In viaggio, che raccoglie i video di archivio dei viaggi apostolici di Bergoglio.
Ammirava Martin Scorsese, ha sorriso all’invito alla danza rivoltogli da Roberto Benigni durante la Giornata mondiale dei bambini del 2024, ha accolto Matteo Garrone e il cast di Io Capitano, e poi ci sono le udienze con gli artisti del 2023 e del 2024. Lo schermo era un modo per cogliere l’armonia nella realtà, perché come ci ha più volte ricordato, omaggiando Dostoevskij: “La bellezza può salvare il mondo”.