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Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez nella seconda stagione di Only Murders in the Building
Cosa succede se a essere trovata sul luogo del delitto è una giovane podcaster fissata col true crime che stava seguendo le indagini di un omicidio per il suo format? E cosa succede se la tua community che criticava il lavoro della polizia e non aveva fiducia nel sistema di giustizia dello Stato inizia a dubitare di te?
La seconda stagione di Only Murders in the Building inizia dove ci eravamo lasciati: il misantropo ex attore Charles (Martin), l’esuberante regista fallito Oliver (Short) e la misteriosa Mable (Gomez), della cui vita sappiamo poco, spinti dalla loro passione per il giallo e dal desiderio di rivalsa, si erano messi a indagare sulla morte del loro vicino Tim Kono, creando la loro trasmissione “Only Murders in the Building”, appunto.
A eclissare il successo della loro inchiesta, arriva un secondo omicidio. Bunny (Jayne Houdsyshell), l’anziana amministratrice dell’Arconia – il lussuoso condominio dell'Upper West Side in cui vivono – viene ritrovata morta tra le braccia di Mable.
“The human heart being what it is, murder was a theme not likely to darken and yellow with time,” così disse Truman Capote in una celebre intervista a George Plimpton pubblicata sul «New York Times» nel 1966, anno in cui uscì il suo A sangue freddo. Più di mezzo secolo dopo, gli assassini sono personaggi che occupano ancora un posto centrale nello Zeitgeist contemporaneo.
Negli anni ’90 la nostra pruriginosa passione per il crimine aveva ispirato un personaggio come Jessica Fletcher, interpretata dall’indimenticabile Angela Lansbury: un’autrice di gialli bestseller che in ogni puntata si trovava coinvolta in un nuovo omicidio. Murder, She Wrote (1984-1996, La signora in giallo da noi) era una serie d’intrattenimento che rifletteva la popolarità del genere giallo, infatti Jessica Fletcher aveva una carriera glamour, fama e soldi, ma preferiva vivere nella piccola Cabot Cove, nel Maine, dove ammazzava il tempo risolvendo omicidi.
Oggi, ci sono migliaia di podcast e account Instagram e TikTok dedicati alle storie di serial killer, di delitti raccapriccianti e cold case che raccolgono followers in tutto il mondo.
Grazie ai social, questa comunità è in contatto in tempo reale: non solo riesaminano storie irrisolte, spesso scoprendo apparenti errori della polizia e altre ingiustizie, ma mentre i podcast vanno in onda, molti ascoltatori si fanno avanti con nuove prove, contribuiscono a scrivere e a volte cambiare la narrazione della storia e possono aiutare a risolvere il mistero.
Only Murders in the Building s’ispira a questo fenomeno e lo fa in modo ironico e intelligente, nella forma della parodia, mischiando il mistery show e la sit com. La serie, nata da un’idea di Steve Martin e John Hoffman, è divertente e ben scritta, ma è Short il mattatore che attira su di sé tutta l’attenzione e la simpatia del pubblico, regalando una scintilla comica e di umanità perfino a una Selena Gomez, sempre accigliata e compunta.
Come quando nel ricomporre il disegno di un puzzle, abbiamo l’impressione di avere qualche tessera in meno o di troppo, l’introduzione nella seconda stagione di Amy Shumer, che interpreta se stessa, e di Cara Delevingne, nei panni di Alice Banks, risulta altrettanto forzata e non aggiunge niente alla trama. Nonostante questo, la qualità della scrittura e della performance di fuoriclasse come Shirley McLaine sono una certezza. La capacità di arricchire la trama con l'umorismo rimane una delle caratteristiche distintive della serie, che si prende anche il tempo di esplorare le sfumature dei suoi personaggi, mostrando il loro lato umano e i loro difetti, senza però perdere di vista l'obiettivo principale: scoprire la verità sull'omicidio.
Se sei un appassionato di podcast true crime o semplicemente ami le serie ben scritte e leggere, non puoi perderti Only Murders in the Building, aspettiamo la terza stagione, che arriverà nel corso di quest'anno.