Strana bestia la paura. Sebbene, per sua stessa natura, si diffonda in maniera terribilmente contagiosa, è forse l’emozione più personale in assoluto (ciascuno ha le proprie fobie). Può traumatizzare in modo indelebile, ma anche purificare l’animo umano in una sorta di catarsi. È figlia dell’impulso irrazionale, tuttavia germina e si moltiplica grazie a procedimenti logici. L’istinto di autoconservazione spinge ad allontanarsi da qualunque cosa la scateni, eppure inseguire la paura rappresenta una tentazione a cui è difficile resistere, specialmente se si è nella condizione di sperimentarla “a distanza” e in totale sicurezza, dato che la scarica iniziale di adrenalina viene compensata da un rilascio di endorfine e dopamina, non appena il cervello si rende conto che il pericolo è passato o non sussiste. Una di queste “modalità sicure” è proprio il cinema, il grande specchio dell’animo umano, capace di essere sia superficie deformante, sia uno strumento utile a chi guarda per comprendere meglio se stesso e il mondo (reale e metafisco) che lo circonda.

La soggettività della paura e la dimensione analitica del grande schermo sono le due forcelle attraverso cui si tende, come un elastico, Nuovo Cinema Horror (Mimesis, pagg 180, € 20,00), il libro che Emanuele Di Nicola dedica all’attuale panorama di un genere che, complice lo sdoganamento dell’elevated horror (ovvero quel tipo di horror “sofisticato” che piace anche alla critica più refrattaria), sta vivendo una nuova, sanguinosa stagione d’oro. L’autore spiega chiaramente come il volume nasca “da lontano, dai film dell’orrore visti fin da bambino” e “da una passione divorante per il lato oscuro, della forma narrativa e quindi della vita. Il primo seme si è deposto durante il lockdown, marzo 2020, vissuto in un monolocale di pochi metri quadri in splendida e spaventosa solitudine. È noto che nelle situazioni più ostili strisciano fuori le idee più perverse… provare a sistematizzare il nuovo horror è una di queste”.

A proposito di solitudine, Di Nicola ha un’idea ben chiara sulla fruizione dei titoli in questione, affermando che c’è “una differenza tra vedere un film e andare al cinema, un solco intenso che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle nell’epoca Covid, con la chiusura delle sale cinematografiche in tutto il mondo. Ci hanno salvato le piattaforme, che a loro volta erano già in ascesa e così hanno proliferato: hanno tenuto acceso lo sguardo nei giorni dell’orribile lockdown”.

Qual è la differenza fra spaventarsi a casa, da soli, e farlo dentro una sala buia in compagnia di perfetti sconosciuti? “L’una è un’esperienza terrorizzante perché si consuma in solitudine, abbracciati al cuscino anti-mostro, l’altra fa ancora più paura perché innesca una psicosi collettiva e sfocia nel terrore generalizzato”.

Senza pretese di enciclopedismo (o di sfidare capisaldi come The Monster Show di David J. Skal), Di Nicola divide il proprio lavoro in due macroaree: film e tendenze. Nella prima, riflette sull’impatto delle opere di Ari Aster (Hereditary, 2018, e Midsommar, 2019), Julia Ducournau (Raw, 2016, e Titane, 2021), Robert Eggers (The Witch, 2015), David Robert Mitchell (It Follows, 2014), Jordan Peele (Scappa – Get Out, 2017, Noi, 2019, e Nope, 2022) e sull’ultima fase di M. Night Shyamalan (Old, 2021, e Bussano alla porta, 2023). Nella seconda, affronta temi quali gli orrori virtuali e i lati oscuri del web, le registe che si votano al genere (e, in questo caso, viene da aggiungere: peccato che il volume sia stato chiuso prima dell’uscita di The Substance di Coralie Fargeat), l’eterno ritorno al passato (fra sequel, prequel, reboot e requel, pare che nessuna saga possa riposare in pace), gli autori che – quasi a sorpresa – abbracciano l’horror(Pablo Larraín e Luca Guadagnino), la situazione sul fronte italiano (sospesa tra vecchi maestri e nuove proposte, poco profetiche in patria), il caso Mike Flanagan (capace, fra piccolo e grande schermo, di plasmare un proprio universo da brivido ben riconoscibile), l’impatto del Covid (pandemia anticipata già nel 2011 da Contagion di Steven Soderbergh) e le “schegge impazzite”, ossia i film non etichettabili (come il canadese Skinamarink, il danese Speak No Evil, l’islandese Lamb o lo spagnolo Piggy) e la trilogia slasher del mai abbastanza citato Ti West, composta da X: A Sexy Horror Story (2022), Pearl (2022) e MaXXXine (2024). Spiace un po’ che, in quest’ultimo settore, manchi un focus sulle visioni da incubo di Osgood “Oz” Perkins, autore rimasto sinora ai margini che, dopo l’esplosivo successo di Longlegs, rischia di rimanere “libero e selvaggio” ancora per poco (se si lascerà addomesticare o meno lo capiremo l’anno prossimo con The Monkey). Ma, del resto, la chiamata in causa del lettore (e quindi, in parallelo, dell’appassionato) sulla presenza o meno di titoli che lo abbiano particolarmente colpito, fa parte del gioco e della soggettività di cui si parlava all’inizio, perché, come scrive lo stesso Di Nicola, “Nuovo Cinema Horror è un libro senza dedica: si intenda come dedica ideale a tutti gli innamorati dell’orrore, i notturni e i nocturniani, i vampiri e gli zombie, quelli che hanno cominciato da piccoli e ancora oggi guardano i film da soli di notte al buio sperando di avere paura. Sono con voi, sono come voi”.