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Le père Noël a les yeux bleus
Quali sono i titoli che non possono mancare nell’ennesimo pezzo sui migliori film di Natale? I classici che non invecchiano mai: La vita è meravigliosa, l’irrinunciabile capolavoro, ma anche Il miracolo della 34a strada (con trascurabile remake), il musical Incontriamoci a Saint Louis e, insomma, come non citare L’appartamento o il più tradizionale Bianco Natale. I classici moderni, ovviamente: Una poltrona per due, Mamma ho perso l’aereo e sequel, Trappola di cristallo, Love Actually – L’amore davvero, L’amore non va in vacanza, Una promessa è una promessa fino all’ultimo The Holdovers.
Le favole fantasy come I Gremlins e Il Grinch, Elf e Polar Express, tutto il filone delle avventure di Santa Claus. E le versioni del Canto di Natale dove le mettiamo? Da Lo schiavo dell’oro a La più bella storia di Dickens passando per Topolino e i Muppets, il repertorio è vasto. I racconti familiari come Fuga dal Natale, La neve nel cuore, Natale all’improvviso. E le proposte alternative, da Edward mani di forbice e Nightmare Before Christmas passando per Batman – Il ritorno fino a Babbo Bastardo.
C’è anche l’Italia, già, dall’edonismo di Vacanze di Natale (senza omettere i cinepanettoni correlati) al pessimismo di Regalo di Natale fino a Matrimoni, Una famiglia perfetta, Indovina chi viene a Natale?, La banda dei Babbi Natale. Da non sottovalutare la Francia e i suoi scannatoi sotto il vischio: Pranzo di Natale, 8 donne e un mistero, Racconto di Natale.
Tutto vero, tutto giusto, tutto bellissimo: eppure il cinema natalizio è anche altro. Ecco dieci regali da scartare sotto l’albero.
Scrivimi fermo posta
Ernst Lubitsch (1940)
A Budapest, un diligente commesso scopre che una cliente è la donna con cui si scrive “al buio” da tempo. Quale momento migliore della Vigilia, dopo che tutti se ne sono andati, per restare soli e dichiararsi? Una delle commedie (romantiche) più belle di sempre, con la piccola tragedia del capo cornuto e mazziato: la sua caccia al compagno per il cenone di Natale, che si risolve con l’arruolamento del nuovo fattorino, fa singhiozzare.
I tre della Croce del Sud
John Ford (1963)
Inizia il 7 dicembre, finisce il 25: nel mezzo una commedia volutamente parodica, su tre maschi di mezza età che svernano nella Polinesia travolti dall’arrivo della figlia di una di loro, e dove lo spirito delle feste sta nel ricongiungimento familiare e nel trionfo dei sentimenti. Tanto anacronistica (la rappresentazione delle minoranze è quella che è, il distacco anagrafico tra John Wayne ed Elizabeth Allen) quanto divertente (equivoci e scazzottate a volontà).
Le père Noël a les yeux bleus
Jean Eustache (1966)
Un film in cui Jean-Pierre Léaud che per comprarsi un montgomery accetta di travestirsi da Babbo Natale? Eccoci! Eustache supera la Nouvelle vague (la fotografia è anche di Nestor Almendros), gioca con il suo attore feticcio e guarda con tenerezza a una storia piccola e poetica: il mediometraggio (meno di un’ora) è fresco e sommesso, si connette allo spirito umanista di una Francia sincera e autentica e anticipa le istanze sessantottine. Una delizia.
Il leone d’inverno
Anthony Harvey (1968)
Il Natale sta arrivando: quale migliore occasione per ritrovarsi in famiglia? Enrico II, preoccupato per il destino del regno dopo la sua morte, convoca la moglie Eleonoro d’Aquitania, i tre figli e il re francese Filippo: cosa succede quando parenti serpenti si contendono un trono? Supremo e intenso, spiritoso e affilato, un gustoso dramma familiare e politico con un finale che più natalizio non si può (una tregua momentanea è sempre meglio di niente e magari dura per sempre, forse).
Black Christmas (Un Natale rosso sangue)
Bob Clark (1974)
All’autore del caldo e rassicurante classico A Christmas Story (1983) dobbiamo anche il risvolto nero e terrificante della ricorrenza: uno psicopatico perseguita via telefono e uccide un gruppo di ragazze che festeggiano il Natale nel convitto. Ispirato a leggende metropolitane e fatti reali, un imprevisto successo commerciale, precursore dello slasher prima di Halloween (curioso che il periodo incriminato sia quello natalizio) e tra i film preferiti di Elvis Presley.
Fanny e Alexander
Ingmar Bergman (1982)
Apoteosi del Natale. L’epopea familiare parte con la celebrazione della vigilia: la neve che cade, la gioia borghese, la sontuosità degli addobbi, la tavola imbandita, i regali sotto l’albero, i tappi che saltano dalle bottiglie, i giochi di società, i balli tradizionali, l’illusione di una comunione tra sopra (i padroni) e sotto (i servi). Tutto attraverso lo sguardo dei bambini. E che colpo al cuore quella nonna che guarda alla finestra e dice: “Questa è la mia famiglia”.
S.O.S. fantasmi
Richard Donner (1988)
Se il titolo italiano allude al ghostbuster Bill Murray, quello originale dichiara la fonte: Scrooged, perché il protagonista non solo riecheggia il protagonista del Canto di Natale ma, da tycoon televisivo, sta allestendo uno spettacolo tratto dal racconto. Lo schema resta quello di Charles Dickens (d’altronde è perfetto) ma la commedia è cupa e perturbante nel suo additare il cinismo del capitale: la sazietà del banchetto arriva dopo l’acidità di stomaco.
Parenti serpenti
Mario Monicelli (1992) Il cult più nero del nostro cinema: una tragedia familiare coi toni di una feroce commedia di costume in cui trionfano l’ipocrisia, il cinismo, la miseria della provincia italiana. Un presepe al contrario, una galleria di mostri della porta accanto che vestono ai grandi magazzini, aspettano la villeggiatura, sognano la pensione, tradiscono fuori città e onorano il padre e la madre finché non rompono le scatole. Cast pazzesco, battute d’antologia, finale indimenticabile.
Tokyo Godfathers
Satoshi Kon (2003) Ai margini della metropoli, nella gelida serata della Vigilia, tre senzatetto con un grande avvenire alle spalle rovistano nei cassonetti e trovano una neonata: il miracolo del Natale al crocevia dei traumi personali. All’origine c’è (anche qui) John Ford, In nome di Dio (in origine, appunto, 3 Godfathers): le coincidenze della vita, la resistenza della grazia, la speranza nonostante il disincanto, la possibilità – o la necessità – di una famiglia con cui spingere la notte più in là.
Tangerine
Sean Baker (2015)
La Vigilia, per strada: una prostituta transessuale, reduce da ventotto giorni di prigione, scopre che il fidanzato e protettore la tradisce con una donna. Un Natale diverso, senza canzoncine né ghirlande (solo qualche lucina nei negozietti più squallidi), tra la screwball classica e il candore di John Waters, in cui si passa da un cenone in famiglia a una soup kitchen fino a ritrovare lo spirito della festa in una lavanderia a gettoni nel tenero e malinconico finale.