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Blade Runner 2049 © WARNER BROS (Webphoto)
“Distopia. Secondo il dizionario Treccani si tratta di una “previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi”. Da non confondere, come qualche volta avviene nell’esegesi superficiale della letteratura e del cinema di genere, con l’ucronia, che invece è una storia alternativa”.
Inizia in questo modo Se continua così. Cinema e fantascienza distopica (Mimesis, pagg 156, € 14,00), il nuovo lavoro di Mauro Gervasini dedicato alla maniera in cui il cinema e la letteratura hanno immaginato un futuro peggiore del presente, concependo visioni che, pur riplasmando l’ambiente esterno e le varie dinamiche sociali, non sono mai così improbabili da evitare che un brivido corra lungo la schiena di guarda, legge e, in questo caso, ascolta, data l’importanza rivestita dal rock nel trasporre in musica le ipotesi futuribili suggerite da film (capolavori della settima arte, pellicole d’autore, titoli che hanno segnato un’epoca, fenomeni di massa, piccole gemme nascoste, flop divenuti cult e saghe rinnovatesi – se non ripartite da zero – nel corso degli anni) e scrittori (dalla triade britannica composta da H.G. Wells, Aldous Huxley e George Orwell agli statunitensi Ray Bradbury e Philip K. Dick, giusto per nominare i numi tutelari del filone).
Dopo aver spiegato la genesi dalla “distopia” (da intendersi sia come termine, sia come concezione narrativa) e la teoria di futuro che pervade la speculative fiction (espressione utilizzata da Neil Gaiman per abbracciare l’intero ambito del racconto ipotetico-congetturale), riservando una doverosa segnalazione all’emblematico caso rappresentato da Atlantis del regista ucraino Valentyn Vasyanovych (uscito nel 2019 e ambientato nel 2025 dopo la guerra del Donbass), Gervasini articola il proprio ragionamento in quattro sezioni.
La prima parte dall’idea di Metropolis (definita “il prototipo perfetto della fantapolitica”) e della “città totale” per raccontare la distopia politica nell’ottica di due specifiche prospettive geografiche (quella inglese e quella americana). Le seconda si concentra invece sugli altri tipi di distopia che attraversano la cultura contemporanea, ossia il postatomico, le epidemie, i virus e i tracolli ecologici, dai cambiamenti climatici alle apocalissi demografiche.
La terza parte è votata interamente all’analisi comparata dei tre Blade Runner: il romanzo di Philip K. Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, l’adattamento di Ridley Scott e il (tanto affascinante quanto incompreso) sequel di Denis Villeneuve Blade Runner 2049. L’ultimo segmento si concentra sulla dimensione – e la paranoia – del genere cyberpunk, dall’omonimo racconto di Bruce Bethke (che ha coniato il vocabolo stesso fondendo la ribellione sovversiva del punk con l’universo cibernetico) al fenomeno popolare creato dalla saga di Matrix, senza trascurare quanto apportato a tale immaginario dalla percezione videoludica o da opere nipponiche (prima cartacee e poi animate) come Akira o Ghost in the Shell.
L’appendice, infine, rende tributo a una distopia letteraria tutta nostrana: l’antologia di Valerio Evangelisti Metallo Urlante (nata quale omaggio congiunto alla musica heavy metal e alla storica rivista francese Métal Hurlant). Antologia che, come sottolinea Gervasini, “è un compendio di molti elementi distopici” dove “la tensione tra carne e metallo, con il secondo che diventa gradualmente organico quindi a sua volta senziente, e la prima condannata all’apatia, alla corruzione e alla biodegradabilità anche delle emozioni, non ha mai un esito scontato” proprio perché “Evangelisti è uno scrittore politico, così come può e deve esserlo la migliore fantascienza”.
Ci sono due modi di leggere Se continua così: da appassionati del settore, godendosi tutto l’intreccio di riferimenti, citazioni, storie e argomentazioni (che Gervasini ha il dono di rendere avvincenti almeno quanto le opere di cui parla) e da curiosi, con il fatidico blocchetto di appunti sempre a portata di mano per segnarsi tutti i film, i dischi e libri che bisogna recuperare quanto prima. Difatti se è vero che in una effettiva distopia nessuno vorrebbe vivere (a meno di non far parte di quelle deprecabili élite che detengono il potere, la conoscenza e il controllo assoluto dei beni primari), lo è altrettanto il fatto che, fra gli sconfinati flutti della cultura a tema distopico, è bello sprofondare, per poi riemergere con una rinnovata consapevolezza di se stessi e del mondo circostante.
Forse a un passo dal baratro, ma ancora in piedi e decisi a non cadere senza lottare. Come scrive nella prefazione Gianni Canova, “l’immaginario contemporaneo produce a getto continuo narrazioni che ci mettono in guardia, che ci invitano a stare all’erta, che prefigurano quello che potrebbe accadere”, quindi il rischio è che la realtà “imiti l’arte, che la vita collassi nella finzione e ne assuma le forme e i modi. Anche per evitare che ciò accada (o riaccada), per allenarci a pre-vedere ciò che sta per accadere, o potrebbe accadere, la lettura di questo prezioso libro di Mauro Gervasini è un atto utile, appassionante e salutare”.