“Un film che non pretende di fare la lezione, etica e storica, a nessuno. Mi è capitato di pensare alle pagine nel baule di casa Pinelli, la fantasia di due persone, lui e Fellini, che non erano state a NY, che guardavano all’America come a un sogno, e hanno attinto alla realtà dell’immigrazione per farne una favola di formazione con meccanismo di racconto. Appartenevano a un altro momento storico, Gabriele Salvatores l’ha rifatta diventare favola: se le persone mettono sé stesse a disposizione del bene degli altri, le generazioni prossime sapranno garantirsi un futuro”.

Così Pierfrancesco Favino presenta Napoli New York, diretto da Gabriele Salvatores, su soggetto ritrovato di Tullio Pinelli e Federico Fellini, distribuito da 01 dal 21 novembre.

Nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli Carmine (Antonio Guerra) e Celestina (Dea Lanzaro) tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda. Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina (Anna Lucia Pierro) emigrata mesi prima: sulla nave incontreranno Domenico Garofalo (Favino), la loro salvezza?

Nel cast anche Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Tomas Arana e Antonio Catania, Salvatore premette: “Con due bambini milanesi non avrei potuto farlo” e tira fuori la metafora del pianerottolo: “Adda veni pianerottolo disse quello che cadeva per le scale. Viviamo un momento pieno di diffidenza, rancore e odio, e questo film parla solidarietà: questo film pianerottolo dà una pausa”.

Sul soggetto il produttore Arturo Paglia rivela: “Nella cantina di Pinelli sono stati trovati due manoscritti, ci siamo affascinati a questo, abbiamo messo d’accordo gli eredi Fellini, ma sono serviti anni”, mentre il regista spiega: “Abbiamo cambiato il finale della parte americana, non era ben chiuso nel soggetto originale, Tullio e Federico avevano troppa fiducia nel Sogno americano”.

“Nel soggetto originale – continua Salvatores - non c'era il dramma familiare del personaggio di Domenico: l’abbiamo inventato io e Pierfrancesco, che di Domenico abbiamo fatto uno dei nostri padri, che non erano amici dei figli”, e Favino rintuzza su questo family che all’avere o adottare figli coraggiosamente preferisce l’amore di coppia: “Raccontiamo l’avventura di due giovani che cercano la propria indipendenza e autonomia. C'è una fase in cui non essere più figli, il rifiuto di avere un padre, e corrobora la cazzimma di questi personaggi”.

Per l’afroamericano Omar Benson Miller Napoli New York è “un film ancora più rilevante oggi dopo le elezioni, quello che affrontavamo nel 1949 lo stiamo ancora vivendo nel 2024: mia madre ha trovato lo stesso senso di appartenenza a gruppo che altri guardano da alto in basso”; per Salvatores il gradito ritorno a casa: “Sono nato a Napoli dietro piazza Plebiscito in via Solitaria, non ho capito se era un’indicazione per la vita… Ma se sei nato lì, non te la levi più, Napoli è uno state of mind. E questo film avrebbe fatto piacere a miei genitori”.

Conclude Favino, sul senso del cinema americano, e in generale degli Usa, per l’Italia: “Ci chiudiamo, generiamo da soli questo tipo di risposta. C’è una curiosità limitata del cinema mass market per quello che non è americano, ma se pensiamo che i nostri punti di forza siano la mafia e il cibo è quel che ci ritornerà…”.