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Photogramme du film Napoléon vu par Abel Gance
L’arte, considerata in tutte le sue molteplici declinazioni, ha visto nascere opere che per conformazione e per capacità comunicative ed espressive si sono fatte manifesti pionieristici, segnali di rottura e rinnovamento o figurazioni di un canone estetico da cui sarebbe stata influenzata la futura progenie artistica. Nella crescente consapevolezza del ritenere il cinema come meccanismo espressivo con possibilità uniche, si sono succedute pellicole portatrici di poderosa e imperitura ricerca formale e che con acuta visionarietà sono divenute immortali. Tra queste, il mastodontico Napoleon di Abel Gance.
Presentato il 7 aprile 1927 nella neobarocca Opéra di Parigi e della durata di 333 minuti, è la prima parte delle sei idealmente ipotizzate dall’autore per ricostruire minuziosamente la vita dell’icona corsa. Excursus concentrato su di un breve lasso di tempo, non manchevole ovviamente del porre l’accento sul mai marginale ruolo nelle istanze della Rivoluzione, è tuttavia pregno di avvicendamenti che hanno modellato l’influenza che il condottiero avrebbe avuto nel corso della storia. Le sequenze legate all’individualità si mescolano a quelle dei tumulti storico-sociali, delineando la costruzione della mitologia dell’imperatore.
Un’agiografia vigorosa di un personaggio chiaroscurale, ma emblema della potenza difensiva e garantista dei valori francesi. I presupposti per definire semplicisticamente Napoleon come una pura e semplice biografia storica, un roboante elogio alla Nazione blu-bianca-rossa, ci sono eccome; ciononostante non lo si può non certificare come trionfo cinematografico contraddistinto da uno spirito avanguardista senza precedenti. Gance, incamerando gli assunti del movimento artistico al quale appartiene, l’Impressionismo, focalizza l’attenzione sull'attitudine del mezzo di far accedere lo spettatore ad una realtà “altra” in grado di far emergere l’essenza di ciò che sta guardando. Il regista intuisce che l’unico modo per regalare un’identità alla forma è concentrarsi sul ritmo visivo, sulla contrapposizione tra le inquadrature in una partitura di elementi.
Un’idea di cinema come arte totale che necessita l'uso spregiudicato delle tecniche di ripresa dalla forte connotazione innovatrice. Ad arricchire il testo drammaturgico e ad incrementare il valore emotivo dei personaggi, utilizza le soggettive, mettendo in scena ricordi, visioni e sogni tramite sovrapposizioni di immagini o flashback per mostrarne l’interiorità. Virando anche il colore della pellicola, sfodera un prezioso insieme di accorgimenti rendendo quest’opera la summa del suo considerare il cinema come “sogno e materia allo stesso tempo […] sinergia di forze che si tramuta e che una volta mostrato al mondo chiude il ciclo rientrando nel sogno collettivo, plasmandolo per sempre”.
È chiaro come l’interessamento di Gance verso le imprese di Napoleone divengano spunto per scrutare ogni aspetto del suo carattere, incastonandolo in una dimensione monumentale, collettiva (coadiuvata dall’epico Albert Dieudonné) promulgandolo come simbolo identitario nazionale, il maggior interprete della grandeur francese. Miticità che vive e sopravvive nella colossale immagine filmica per mezzo di un uso della mdp come strumento intento a trattenere la collocazione del soggetto sullo schermo. Liberandoci dall'ortodossia napoleonica, quello che si dimentica è che Napoleone è il primo modello del politico che agisce nell’interesse del suo tornaconto, senza etica e senza scrupoli. Con una sana volontà di crescita, egli ha fatto prevalere la scelta dell’arroccamento nella solitudine per esercitare autorità, non dando spazio a nient’altro. Non a vantaggio di tutti, con una sorta di potere salvifico, ma per sé stesso.
Tuttora, riflettendo sul presente, si susseguono politici aventi percorsi del tutto simili al suo, come “virus” che ha infettato la classe politica nell’esercizio del comando che non viene più visto come servizio. A causa della cecità, provocata dal delirio d’onnipotenza, questi vivono una catastrofica parabola discendente, trascinando i popoli in conflitti e grandi sconvolgimenti sociali. E siccome Gance riteneva che il cinema fosse il parossismo dell'esistenza, non possiamo fare a meno di affermare che Napoleone lo sia stato della sua e della nostra storia.