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Nanni Moretti
È il giorno di Nanni Moretti al Festival di Cannes, per la nona volta in concorso, l’ottava con l’ottavo film consecutivo, ultimo italiano a vincere la Palma d’Oro, nel 2001, con La stanza del figlio. Già in sala da poco più di un mese, Il sol dell’avvenire ha incassato 3,7 milioni al box office italiano.
“Questo è un film pieno di cose, dove mi metto a nudo. Tra le varie reazioni che mi hanno fatto molto piacere ci sono quelle di giovani registi che mi hanno detto quanto questa visione gli abbia dato energia, fiducia in quello che si può fare con il cinema. E questa è una cosa che mi ha colpito molto, perché succede a me come spettatore, quando un film mi colpisce mi viene voglia di lavorare, tornare a casa e scrivere un personaggio, una scena, scrivere una storia nuova”.
Qui per le dichiarazioni del regista e del cast in occasione dell’uscita italiana del film
È un film d’amore sull’utopia? “Certo, c’è sempre bisogno di utopia. Anche se è sempre il movimento, il percorso, quello che conta, guai a considerare il cammino concluso”.
Cammino che qui a Cannes per Moretti è iniziato nel 1978, con Ecce bombo: “Ricordo che avevo una giacca gialla a quadretti, non c’erano tappeti rossi, passerelle, la proiezione fu nel vecchio Palazzo, sul lungomare dalla parte degli alberghi, non c’era l’obbligo del vestito da sera, ero con qualche attore come Fabio Traversa, Paolo Zaccagnini, quello che ricordo bene era la totale inconsapevolezza che ci accompagnava. Era l’edizione in cui vinse Olmi con L’albero degli zoccoli e mi sembra premiarono anche Ciao maschio di Ferreri. Tutto diversissimo da quello che è venuto dopo, non avevo consapevolezza di dove stessi, di quanto fosse importante essere qui, da Caro diario in poi le cose cambiarono molto. Arrivai a Cannes con il film già venduto in Francia e quindi da quel momento in poi è stato tutto un altro discorso”.
Era il 1994, la sua prima volta in Concorso: “Il presidente di giuria era Clint Eastwood e anni dopo si ricordava ancora della mia Vespetta. Non credo il mio film fosse vicino alla sua idea di cinema, ma è una cosa che mi ha colpito. È stata la prima volta che sono stato premiato a Cannes (per la regia, ndr), quel film è il primo in cui non sono me stesso ma in cui interpreto me stesso perché mi sembrava assurdo nascondermi dietro a un personaggio di finzione. Ecco, Caro diario e Il sol dell’avvenire sono due film in cui c’è molto della mia persona. Allora poi erano i primi tempi in cui avevo un cinema (il Nuovo Sacher, ndr), il punto più luminoso resta sempre la primavera del ‘93 con le 13 settimane consecutive di Heimat 2, un episodio a settimana”.
A chi gli chiede poi un commento sulla composizione della giuria di quest’anno al Festival, presieduta da Ruben Ostlund e composta da altri 7 registi/e (tra cui la Julia Ducournau che nel 2021 vinse con Titane scatenando l’ironia del nostro su Instagram...) e un’attrice, Moretti è categorico: “Non mi sembra elegante, non posso rispondere”, però ricorda le volte che è stato giurato lui quella sulla Croisette, come presidente nel 2012 (la Palma d’Oro andò ad Haneke per Amour), e in giuria nel 1997, con Isabelle Adjani presidente: “Ricordo quell’anno con noi c’erano Gong Li, Mike Leigh, Mira Sorvino, c’era Tim Burton, sempre simpaticissimo, tranne la mattina della riunione finale, perché pare avesse fatto un brutto sogno la sera precedente (e la Palma d’Oro fu un ex aequo per Shōhei Imamura con L’anguilla e Abbas Kiarostami con Il sapore della ciliegia, ndr…). Ma quell’anno fu anche la prima volta a Cannes di Barbora Bobulova, che recitava nel Principe di Homburg di Bellocchio”.
E che ora è tra i personaggi principali del Sol dell’avvenire: “Come già detto a suo tempo, per me è stata davvero un’esperienza meravigliosa. Adesso è dura, perché mi sono accorta di quanto sia unico il set con Nanni: quando vai su un altro set capisci le differenze”.
Nel cast, l’ormai habitué Margherita Buy (quinta volta per lei in un film di Moretti), che ha da poco ultimato le riprese della sua opera prima Volare, film che nasce dal reale terrore dell’attrice di prendere l’aereo: “Il cinema è terapeutico? Neanche per sogno. Alla Mostra di Venezia con il film? No, non credo proprio, anzi adesso cercherò di pagare tutti affinché il film non esca più e non lo veda nessuno”, scherza la Buy, sempre in bilico su quell’irresistibile filo che separa l’ironia dalle insicurezze.
Mentre per Mathieu Amalric, che nel film di Moretti interpreta il produttore francese: “Il cinema di Moretti ha contribuito alla mia formazione come essere umano, con la capacità di esprimere la sua filosofia attraverso i suoi film ho capito pian piano quale poteva essere il mio posto nel mondo, il concetto di armonia, di danza. Il mondo in cui viviamo è molto violento ma c’è un modo più tenero, disperato sì ma con il senso di umorismo, per raccontarlo. Fare cinema è sacrificio, bisogna sapere come farlo, ma fare cinema è un po’ come fare un circo, resti sempre in una dimensione sospesa”.
Poi con Moretti si ritorna al quadro dello scenario politico italiano: “Ma non mi va di parlare di politica. La destra fa la destra e piano piano la sinistra ricomincerà a fare la sinistra. Restando sull’attualità, invece, mi ha colpito molto in Emilia Romagna la reazione delle persone, la loro energia, intelligenza, la loro mancanza di vittimismo, il buon umore con cui hanno reagito a queste terribili alluvioni”.
E visto che il cinema “si può fare anche con i se”, se davvero il PCI nel 1956 si fosse dissociato con fermezza dall’Unione Sovietica in occasione dell’invasione in Ungheria? “In un cassetto ho un’intervista video, del 2010 credo, che feci a Pietro Ingrao. Gli feci questa domanda, lui mi guardò come si guarda il più ingenuo degli ingenui, evidentemente era una cosa che in quel periodo era impossibile immaginare. Ci penso da sempre a quello snodo, poi ci sono registi che con compiacimento buttano in faccia allo spettatore, anzi meglio in pancia, una realtà orrenda, che loro sono compiaciuti di raccontare, io ho preferito raccontare, sognare, una realtà diversa, migliore”.
Agganciandosi poi all’altro film italiano in concorso qui a Cannes, Rapito dell’83enne Marco Bellocchio (in attesa poi della Chimera di Alice Rohrwacher) si torna a parlare di “seconda giovinezza” anche per Nanni Moretti, che il 19 agosto compirà 70 anni: “Due giorni dopo il mio compleanno inizieranno le prove di un mio spettacolo teatrale, che curo solo come regista, basato su due scritti di Natalie Ginzburg, quindi quel periodo lo passerò a studiare bene tutti i testi. Bellocchio lo vedo davvero molto operoso, io in realtà a differenza di due anni fa, quando ero qui con Tre piani e avevamo già scritto il nuovo film, questo, stavolta non ho davvero altre idee per ipotetici nuovi lavori”.
Proprio con Tre piani fu la prima volta che un film di Moretti arrivava a Cannes in première mondiale, senza essere già uscito in sala in Italia: “Sì, ma semplicemente perché il film era pronto per la primavera del 2020, poi a causa della pandemia dovemmo rinviare l’uscita al settembre del 2021 e il Festival di Cannes si svolse a luglio. Forse a livello emotivo in quella occasione fu leggermente diverso dal solito, ma l’emozione, grande, c’è sempre, anche stavolta, quindi non è che cambi poi molto se il film sia già uscito in Italia o meno”.