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We Should All Be Futurists
Angela Norelli, a La Maddalena ha appena vinto il Premio Franco Solinas al miglior soggetto* con Roma, notte dei morti, già Roma, 31 ottobre rosa shocking. Di che si tratta?
La storia di amicizia tra due ragazze romane che si conoscono una notte e superano le difficoltà.
Il genere, doppiamente inteso quale cinema e rapporto tra i sessi?
L’incidente scatenante è la violenza di genere, che le costringe a stare insieme. In realtà, non potrebbero essere più diverse: Camilla è del centro, è timida e non agisce; Alessia è di San Basilio, molto graffiante, risponde sempre con quell’ironia tipica romana, malgrado un lutto patito.
Il tema principe?
Quanto queste ragazze, e questa generazione, pensino ci siano cose più grandi di loro e dunque non possano fare nulla, sicché sperimentano un sentimento di inutilità. Non cambiano le cose, ma Camilla e Alessia sentono insieme, provano simpatia, ovvero scoprono il rapporto tra empatia e indifferenza, che tanto pertiene a Roma.
E il tempo, l’adolescenza.
È così importante l’amicizia adolescenziale nella formazione dell’individuo donna. Due ragazze poi magari si perdono, ma in quel momento condividono una fortissima vicinanza, le prime esperienze, i pensieri politici, sociali. Un rapporto viscerale, quasi un innamoramento: è quel che accade a Camilla e Alessia, che pure all’inizio si stanno antipatiche.
Romana, classe 1996, regista, sceneggiatrice e montatrice, diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia e laureata in Filosofia alla Sapienza con una tesi su Dziga Vertov. Norelli, è la donna con la macchina da presa?
Be’, la moglie di Vertov, Elisaveta Svilova, era una sua grande collaboratrice, montava.
Lei che si sente?
Regista, ho un’idea dello sguardo da condividere. Ed è già presente nella scrittura, nella costruzione della storia e delle parole, come pure nel montaggio: ritmo, tagli, battute, il rapporto dialettico con le immagini.
E il lavoro con l’archivio così centrale nel corto We Should All Be Futurists, presentato alla SIC a Venezia?
Lì l’ho tradito, l’archivio, per raccontare quel che volevo, per fare cose di finzione. Mi piace esplorare il mezzo cinematografico, quel che si può fare, ma senza Internet, senza YouTube tutti i materiali degli anni Dieci e Venti che ho assemblato non li avrei trovati.
Come lo ha pensato il corto, che tra le altre cose contempla l’invenzione del vibratore?
Nasce come racconto, che sullo schermo è diventato a due voci: due donne borghesi del primo
Novecento e temi erotici.
A Venezia l’assonanza con Poor Things, il Leone d’Oro di Yorgos Lanthimos con Emma Stone, non è sfuggita.
Un film che mi è piaciuto tantissimo. Affronta una tematica poco toccata, il desiderio della donna, e segnatamente della donna eterosessuale, che è ancor meno sondato. Da parte mia, la cornice del CSC imponeva di usare l’archivio dei Dieci e Venti del Novecento, volevo fare un film sulle donne, che rispecchiasse il mio femminismo, ma non fosse di denuncia, non presentasse vittime né prevaricatrici con un uomo maltrattato. Volevo uscire da questa dinamica, e la commedia, per via ironica, mi dava un mezzo interessante per farlo. L’aspetto comico è politico.
Oggi il cinema è sovversivo? Meglio, dove sta qui e ora la sovversione cinematografica?
Oggi siamo bombardati da immagini con ritmi velocissimi: non c’è più tempo di stare davanti all’immagine. Sicché il cinema è sovversivo, quando non diventa un trailer, perché costringe a dare del tempo, e questo è fondamentale anche nel rapporto tra le immagini e le persone. L’educazione all’immagine è quindi pedagogica, serve dare del tempo per potersi emozionare, l’empatia è centrale.
E il femminismo per immagini?
A volte i prodotti corrispondono alle quote rosa, e quando c’è di mezzo il marketing… ben venga, ma forse c’è un modo migliore.
Barbie?
Mi mette un po’ di amarezza, la situazione femminile a livello mondiale è talmente pessima che Barbie è il benvenuto, ma è triste doverlo ammettere.
* Questa la motivazione della giuria del Premio Franco Solinas 2023: "Una Roma notturna, mistica, dura e disperata, fa da sfondo a una storia centrata su un‘improbabile amicizia che racconta un’alleanza femminile fuori da ogni moralismo, rivendicando il valore di dell’empatia in un mondo che sembra sempre più sprofondare nell’indifferenza. Con grottesca ironia, due giovani donne si ribellano alla violenza delle loro vite, contro orchi lupi e morti viventi."