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Il card. Matteo Zuppi a Cinematografo incontra con Mons. Davide Milani e Cristina Battocletti, foto Giovanni Frenda
“Essere cattolici non deve essere un'etichetta. Deve interessarci soprattutto che al centro ci sia la persona. E che l'arte sappia narrarne la bellezza”. Così il Presidente della Cei Matteo Zuppi, è intervenuto nel dibattito su cinema e cultura cattolica organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo a Venezia 81.
Ospite di Cinematografo incontra presso l’Italian Pavilion, il cardinale è stato protagonista di un intenso dialogo con il presidente della Fondazione Mons. Davide Milani e la giornalista del Il Sole 24 Ore Cristina Battocletti, prendendo posizione su alcune delle questioni ancora oggi controverse nel rapporto tra cattolicesimo e laicità, quando quest’ultimo attraverso l’arte, e il cinema nello specifico, tocca il nervo scoperto della morale cristiana: “Il cinema che mi piace – ha detto il cardinale Zuppi - è quello che sa cogliere la persona. Nella cultura va accolto tutto l'umano. Dovremmo chiederci semmai se c’è ancora posto per la cultura. La domanda è importante, perché la cultura richiede conoscenza, tempo, dialogo, capacità di andare in profondità. E ho il timore che al suo posto si affermi qualcosa di somigliante ma vuota di contenuti. Un'arte che tradisce l'essenza stessa dell'arte.”
Zuppi ha difeso il lavoro della critica e delle sale cattoliche, “animatrici di cineforum importanti, perché se il film solleva domande, il dibattito aiuta a comprenderle”. Porre domande, non dare risposte: su questo metro interpretativo, convengono Zuppi e Milani, i cattolici dovrebbero misurare la bontà di un’opera cinematografica. È il parametro usato nell’assegnazione dell’ultimo Premio Bresson a Marco Bellocchio, “non un credente, ma un artista che sa porre domande decisive”.
E a proposito di campioni del cinema spirituale, Zuppi ha confermato la sua passione per Pasolini e per il suo Vangelo secondo Matteo, “ancora oggi il più bel film su Gesù della storia del cinema”, dicendosi dispiaciuto che l’artista e intellettuale corsaro non abbia potuto realizzare il suo progetto su san Paolo: “In una lettera a don Giovanni Rossi della Pro Civitate Christiana, il regista si paragonava a lui ma dicendo che era rimasto impigliato nella staffa: non aveva la forza di sollevarsi né quella di divincolarsi: così sbatteva in continuazione. Mi è parsa una meravigliosa definizione della condizione umana”.
E poi Fellini: “La strada, un film ancora oggi potentissimo proprio perché sa parlare di umanità fuori da ogni tempo”. Un’ammirazione che condivide con Papa Francesco: “Il Santo Padre ama molto anche il neorealismo. Un film che vorrei vedere con lui? Miracolo a Milano”.
Ma le passioni cinefile di Zuppi non si fermano al passato: “Ho amato molto il film di Matteo Garrone, Io capitano, naturalmente. Una di quelle opere capaci ancora di farci scoprire il volto umano. Ma vorrei citare altri due film che porto nel cuore: Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni e L’uomo che verrà di Giorgio Diritti sulla strage di Marzabotto. Ci insegnano che solo se siamo consapevoli del nostro passato possiamo essere un po' più seri sul nostro futuro.”