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Mariangela Melato in Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (Medusa/Webphoto)
L’11 gennaio di dieci anni fa ci lasciava la monumentale Mariangela Melato, la più grande attrice della sua generazione. Nata a Milano il 19 settembre 1941, si è affermata a teatro con Dario Fo, Luchino Visconti e soprattutto Luca Ronconi, approdando al cinema con Pupi Avati nel 1969. Il grande successo arriva con Lina Wertmüller, che la dirige in tre film accanto a Giancarlo Giannini. Mariangela Melato attraversa gli anni Settanta dando vita a un tipo di donna che prima di lei non esisteva: moderna e ancestrale, fiera e vulnerabile, emancipata e fragile, ha spinto il naturalismo al limite trasfigurandolo in una dimensione straniante ed elegantemente grottesca.
La ricordiamo con una selezione di dieci film reperibili in streaming e con cinque gemme attualmente fuori dai radar ma da riscoprire al più presto.
Basta guardarla di Luciano Salce (1971) disponibile su Cineautore
Straordinaria commedia che omaggia l’avanspettacolo e i suoi presunti talenti incompresi, è una specie di È nata una stella con più tenerezza e autoironia. Melato non lo ricordava con piacere, ma è irresistibile nel ruolo della vendicativa Marisa do Sol, primadonna che si spaccia per spagnola ma in realtà è di Porta Ticinese, invidiosa della nuova soubrette (Maria Grazia Buccella, splendida meteora).
La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri (1971) disponibile su Chili
Perfetta per il registro tipico del regista, sospeso tra l’allucinazione e il grottesco, e di conseguenza partner ideale di Gian Maria Volontè (insieme anche in Todo modo), Melato interpreta la compagna dell’operaio Lulù Massa: lo lascia, esasperata, perché lui è troppo alienato per poter vivere decentemente. Primi premi per l’attrice: David speciale e Nastro come miglior protagonista.
Mimì metallurgico ferito nell’onore di Lina Wertmüller (1972) disponibile su Prime Video Premium, Apple Tv, Rakuten Tv
Il film della consacrazione, il primo diretto dalla regista che forse l’ha più amata. E il primo accanto a Giancarlo Giannini, con cui ha formato una coppia entrata nell’immaginario (con quattro film!). Lei è Fiore, volitiva sottoproletaria milanese che diventa amante di Mimì e si vota all’amore senza dimenticare la militanza. A lei la battuta più bella, da annali: “Io all’amore ci credo, per me l’è ‘na roba seria”.
Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza...” di Lina Wertmüller (1973) disponibile su Prime Video Premium, Apple Tv, Google Play Film, Chili
Teoricamente sarebbe il festival di Giannini, trasformista istrionico (premiato a Cannes) nei panni del contadino che vuole uccidere Mussolini. Ma Melato non è da meno come Salomè, triviale e maliarda prostituta già compagna dell’anarchico Anteo Zamboni. Corpi fondamentali per capire la poetica dello squallore di un’autrice che legge la tragedia con la lente dell’esagerazione.
La poliziotta di Steno (1974) disponibile su Prime Video
La commedia che ha inconsapevolmente inaugurato il filone dell’eroticomico all’italiana è in realtà un piccolo saggio umoristico sulla provincia: lei trova riscatto sociale facendo multe a chiunque, i potenti la ostracizzano per difendere la consuetudine al marcio (truffe, clientelismi, nepotismi). Cast clamoroso (Alberto Lionello, Mario Carotenuto, Renato Pozzetto su tutti) con trionfale Melato tra orgoglio e seduzione (altro David).
Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller (1974) disponibile su Cineautore
Allegoria della lotta di classe al crocevia della rivoluzione sessuale, studio antropologico tra Sessantotto e anni di piombo all’altezza di un melodramma erotico e politico dagli esiti imprevedibili, un cult seminale esaltato dall’alchimia tra la milanese Melato, petulante “bottana industriale”, e il meridionale Giannini, marinaio comunista assetato di vendetta. Irripetibile, oggi impensabile.
Caro Michele di Mario Monicelli (1976) disponibile su Cineautore
Dal romanzo di Natalia Ginzburg (fondamentale per capire l’incomunicabilità tra genitori e figli al tempo della contestazione giovanli), uno dei film meno ricordati di Monicelli, dramma autunnale di caratura europea. In cui Melato dà una libera ed empatica interpretazione della coraggiosa e irruente Mara, una hippie che forse ha fatto un figlio col fuggiasco Michele. Ancora David e Nastro.
Il gatto di Luigi Comencini (1977) disponibile su RaiPlay, Prime Video Premium, Apple Tv, Google Play Film, YouTube, Chili, Rakuten Tv
Meravigliosa l’alchimia con il corregionale Ugo Tognazzi, ironico e malinconico come lei: qui sono due fratelli spiantati che, per riuscire a vendere il loro decrepito palazzo romano, devono sfrattare tutti gli inquilini. Qualcuno avvelena il loro gatto, quindi si improvvisano spioni. Un giallo-rosa acidello, immerso in quel senso della fine tipico della commedia all’italiana del periodo.
Dimenticare Venezia di Franco Brusati (1979) disponibile su Cineautore
Curioso che l’Oscar (per il miglior film straniero) l’abbia sfiorato non con le più commedie di Wertmüller ma con questo melodramma intimista e crepuscolare di matrice bergmaniana, un ritratto di famiglia mitteleuropeo che incrocia il tema della memoria con una certa libertà per il tempo (nudi integrali e omosessualità, con Melato e Eleonora Giorgi in versione lesbica). Alla fine a essere dimenticato è stato il film.
Aiutami a sognare di Pupi Avati (1981) disponibile su RaiPlay
Stranissimo esperimento pensato per il grande schermo (quasi due ore) e per la televisione (più di tre), con Melato nel ruolo di una mamma vedova che, nella campagna emiliana, ospita e si innamora di un aviatore americano. Un musical jazz che fa convergere la tenerezza memorialistica del regista con l’evocazione della golden age hollywoodiana. Cast bizzarro: Anthony Franciosa, Jean-Pierre Léaud, Orazio Orlando. Non convince tutti, però Melato è impeccabile (David e Nastro, ça va sans dire).
Da riscoprire
Lo chiameremo Andrea di Vittorio De Sica (1973). Nella penultima regia del maestro, sul desiderio della maternità e il disorientamento coniugale, una lotta di posizionamento con l’istrione Nino Manfredi.
Orlando Furioso di Luca Ronconi (1974). La versione cine-televisiva capolavoro del teatro del Novecento. L’apparizione di Melato nel ruolo di Olimpia, col suo fraseggio sillabato e autorevole, è folgorante.
L’albero di Guernica di Fernando Arrabal (1975). Una delle sue divagazioni internazionali più bizzarre: una contadina antifranchista in surreale allegoria storico-politica firmata da un artista dissidente.
Casotto di Sergio Citti (1977). Nella magnifica e carnale corale balneare dell’allievo di Pasolini c’è spazio anche per Mariangela e sua sorella Anna, che devono circuire l’austero e bigotto assicuratore Tognazzi.
Oggetti smarriti di Giuseppe Bertolucci (1980). Forse l’apice della sua collaborazione con uno dei registi preferiti: teorico e libero, esistenziale e grottesco, one woman show immerso nel paesaggio urbano.