PHOTO
Mahmood - Foto Karen Di Paola
“Non sono mai stato tanto bravo a parlare di me e forse è per questo che ho iniziato a scrivere canzoni”. Parola di Alessandro Mahmoud, il noto cantante da tutti conosciuto con lo pseudonimo Mahmood, che ha deciso di raccontarsi non solo tramite la musica, ma anche al cinema nel docufilm diretto da Giorgio Testi.
Prodotto da Red Carpet e scritto da Virginia W. Ricci Mahmood (questo il titolo) è stato presentato in anteprima ad Alice nella Città alla Festa del Cinema di Roma e uscirà al cinema dal 17 al 19 ottobre distribuito da Nexo Digital, per poi essere disponibile dai primi di novembre in streaming su Prime Video.
Dalla musica alla graphic novel ora il cinema. Come mai la musica non basta più?
“È sempre più riduttivo parlare di musica, cinema, moda e così via - risponde Mahmood -. Ormai tutto è linkabile e collegabile. In questo documentario ho spiegato alcuni lati del mio carattere che con la musica non si capiscono di istinto. Ho raccontato da dove sono partito fino ad arrivare ad oggi. Siamo riusciti a creare un percorso lineare cosa che non pensavo fosse possibile”.
Parte dalle origini dunque. Nato e cresciuto a Milano nel quartiere periferico del Gratosoglio, da madre sarda di Orosei e padre egiziano. Fin da piccolo con la testa tra le nuvole, sempre desideroso di cantare (“a casa cantavo tutti i giorni”), inizia quindi a studiare canto già da bambino e dall’età di quindici anni studia all’Accademia “Il Pentagramma” con il maestro Gianluca Valenti e la maestra Cristina Rampini.
Ma “Ja ti la crediasa crasa” (in dialetto sardo significa: non te lo saresti aspettato) che in poco tempo sarebbe diventato un fenomeno musicale. Due volte vincitore di Sanremo con Soldi nel 2019 e nel 2022 con Brividi in coppia con Blanco; un tour europeo sold out; due fortunate partecipazioni all’Eurovision Song Contest; miliardi di visualizzazioni e stream dei suoi brani e video (tre le hit: Soldi, Barrio, Brividi, Dorado, Rapide); collaborazioni, anche in veste di autore, con gli artisti più seguiti e rispettati della scena musicale contemporanea pop, R&B, rap e trap - da Blanco a Carmen Consoli, da Marco Mengoni a Elodie ed Elisa; da Fabri Fibra a Guè Pequeno, Massimo Pericolo, Sfera Ebbasta.
“Non è stato facile realizzare questo docufilm - racconta il regista -. Siamo partiti lentamente seguendolo in tour, da un lato era un emergente, dall’altro uno che sapeva esattamente quello che voleva. Alessandro parla poco di sé stesso, tante cose le racconta con i brani”.
In Mahmood tanti filmini d’infanzia: “L’archivio Frau. Mia mamma Anna Frau mantiene tutto e non butta nulla. Quello delle patatine, per esempio, non lo ricordavo proprio. Rivedersi è stato come fare psicoterapia”, commenta il cantante. E anche tante testimonianze: in primis la madre, Anna Frau appunto, ma anche gli amici e artisti come Blanco, Carmen Consoli e Dardust. Manca però una persona importante all’appello: suo padre. Separatosi molti anni fa da sua madre, ora Mahmood non ha più alcun rapporto con lui.
“Credo che quando decidi di fare un docufilm sulla tua vita devi essere sincero e raccontare anche cose un po’ più scomode - dice Mahmood-. L’apice della mia carriera è partito da Soldi e il protagonista di quella canzone era proprio mio padre. Questo docufilm mi è servito per raccontarmi, senza offuscare i miei ricordi del passato, in questo senso è stato terapeutico per me. È servito a mettere dei puntini”.
Infine conclude: “Tutti nel corso degli anni ci trasformiamo. Qui viene fuori il mio lato più umano: io sono questo, un po’ ansioso e un po’ invincibile. Sono tante cose e mi sento ancora all’inizio della mia carriera. Comunque penso che se hai un sogno non ti devi fermare anche se ricevi le porte in faccia”.