Non è una rivelazione, Jonás Trueba. Quarantaquattro anni, lavora nel cinema da quando ne ha venti, quando firma da sceneggiatore Más pena que gloria, ballata adolescenziale diretta da Víctor García León. E dove si fa accreditare con uno pseudonimo, Jonás Groucho. Ne ha ben donde: suo padre, Fernando, è un’istituzione del cinema spagnolo, già pioniere della “commedia madrileña” (il filone incentrato sulle piccole crisi esistenziali di giovani che vivono il fermento di una città appena uscita dal franchismo) e vincitore dell’Oscar per Belle époque. La collaborazione con León si rinnova nel 2006 con Vete de mí, che esplora il rapporto tra un attore egoista e il figlio scroccone. Preambolo all’incontro ineluttabile con Fernando, per cui scrive El baile de la Victoria (2009), dal romanzo di Antonio Skármeta.

A ventinove anni, il nepo baby è pronto a mettersi in proprio. Tra l’opera prima, Todas las canciones hablan de mí (2010) a Volveréis (2024) trascorrono quattordici anni, necessari a Trueba per imporsi davvero, consacrato dalla vittoria alla Quinzaine di Cannes e dalla menzione nella top ten dell’anno dei Cahiers du Cinéma. In questi tre lustri, Trueba non si è fermato mai, ha scritto e diretto altri film tutti connessi tra loro, componendo qualcosa che non è semplicemente un affresco generazionale.

Il suo cinema, sempre riconoscibile e pieno di affettuose citazioni, esplode in una serie di tranche de vie che non solo delega il romanzo di formazione del suo autore alle esperienze altrui, ma riesce a raccontare la biografia collettiva di un preciso momento della vita: il passaggio dalla tarda adolescenza all’età adulta, il bisogno di svincolarsi dalle responsabilità imposte dagli altri, l’avere trent’anni e desiderare di averli per sempre prima che sorga il sole e finisca l’estate. Non è un caso, d’altronde, che Trueba si affidi a un gruppo di interpreti ricorrenti: più che collaboratori, Vito Sanz, Francesco Carril e Itsaso Arana sono amici, familiari, complici.

Volveréis
Volveréis

Volveréis

l’assoluto del provvisorio

Todas las canciones hablan de mí (Tutte le canzoni parlano di me: i titoli di Trueba sono tutti stupendi perché esplicativi e poetici al contempo) è un esordio da regista che funziona da palinsesto: dentro ci sono l’azione affidata alle parole, l’amore che ha l’amore come solo argomento, quella nostalgia tipicamente giovanile per un passato che si pensa irripetibile, i libri come correlativo del lessico amoroso nonché segno di una sorta di ideologia dell’arredamento (i personaggi di Trueba sono bohémien, sempre colti e curiosi), le camminate che iniziano nel cuore della notte e finiscono all’alba.

Trueba è un regista che sa dare consistenza alle consuetudini, che siano le birrette al pub o i biscotti avanzati a colazione, come si vede in Los ilusos (2013, titolo poi diventato anche il nome della sua casa di produzione), dove, tra un concertino e una passeggiata, segue aspiranti cineasti che mangiano e sbevazzano, si innamorano e chiacchierano, costruendo ricordi per il film che prima o poi realizzeranno.

Più che fare un discorso metatestuale, Trueba preferisce ragionare sul senso del fare cinema: “È un gesto folle – ha detto in un’intervista – fatto da persone che si uniscono per salvare qualcosa nel mondo”. E mette in fila mentori e riferimenti, da Éric Rohmer a Tsai Ming-Liang passando per Howard Hawks e Richard Linklater, tutti evocati e mai emulati: con loro condivide la capacità di elevare il provvisorio ad assoluto, esplorare l’eternità dell’effimero, privilegiare l’osservazione all’autocompiacimento, mettersi al servizio della libertà dei personaggi.

Il discorso prosegue con Los exiliados románticos (2015), un road movie che condensa in settanta minuti un limbo esistenziale. Nell’accompagnare un terzetto di amici in fuga verso Parigi per ritrovare un’armonia perduta, Trueba ciondola insieme a loro tra giri a vuoto e inchiodamenti emotivi, facendo affiorare la malinconia e l’irrequietezza, ma anche la consapevolezza che c'è niente di meglio di una chiacchierata con chi ti conosce davvero.

nostalgia e futuro

Questo mettersi in ascolto dell’altro conflagra in La reconquista (2016), un melodramma lieve e allo stesso tempo struggente per come sa sondare il dramma del tempo che scorre nonostante noi. C’è sempre il romanticismo nel cinema di Trueba, ma qui l’incontro tra due che si erano promessi l’amore eterno quindici anni prima, quando erano solo adolescenti, costituisce l’occasione per far brillare tutte le ossessioni dell’autore, dal dolore per i giorni perduti al desiderio di immaginare un futuro diverso (“Ogni volta che girerai la testa, io sarò lì a guardarti come quando ti ho visto per la prima volta, mentre scendevo le scale della scuola”). È come se si chiudesse un capitolo di una commedia umana che, nel 2019, si evolve ed elegge una donna a protagonista assoluta, quasi anticipando quella suggestione di Paolo Sorrentino secondo cui, oggi, un’epica è possibile solo raccontando un personaggio femminile.

Tenéis que venir a verla
Tenéis que venir a verla

Tenéis que venir a verla

La virgen de agosto (2019), il più raffinato dei suoi film (comunque coerente con un metodo sempre aderente al quotidiano, riprese comprese), segue il peregrinare di una ragazza in un’estate rohmeriana, tra le attrazioni di un’afosa Madrid, un diario da scrivere e i crepuscoli da trasformare in albe sfavillanti. Nessuno sa cosa fare della propria vita, ma l’eroina titolare cerca un posto nel mondo affidandosi al repertorio simbolico, che sia l’arte figurativa o la musica o Perdutamente tua, fino a sublimarsi in una convergenza di spiritualità, astrattismo e surrealtà.

Mai fermo nemmeno durante il Covid, dal fluviale documentario Quién lo impide (2021) sull’adolescenza all’instant movie Tenéis que venir a verla (2022), Trueba è cresciuto ma continua a narrare le lotte sentimentali della sua generazione, arrivando a una svolta con il bellissimo Volveréis (Tornerai). Dove i feticci Aarana e Sanz interpretano una regista e un attore che organizzano una festa per annunciare la rottura dopo quindici anni : il contrario di un matrimonio. Nel cast c’è anche Fernando Trueba: e il cerchio si chiude. Arriverà in Italia prossimamente con Wanted.