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El Jockey
“Quando uno è giovane pensa che prima o poi capirà qualcosa sulla vita, ma crescendo fa pace con l’idea che non ne capirà nulla. Il mio film si concentra proprio su questo: non è necessario sapere tutto, la vita è un miracolo che non ha bisogno di troppe spiegazioni”. A parlare è l’argentino Luis Ortega, autore di El Jockey, coproduzione tra Argentina, Messico, Spagna, Danimarca e Stato Uniti in Concorso a Venezia 81.
Protagonista del film è Remo Manfredini, un leggendario fantino il cui comportamento autodistruttivo sta cominciando a metterne in ombra il talento e a mettere a repentaglio la relazione con Abril. Il punto di non ritorno coincide con il giorno della gara più importante della sua carriera.
“Dentro ognuno di noi – riflette Ortega, che ha scritto il film con Rodolfo Palacios e Fabián Casasnon – non c’è una sola identità ma un labirinto. Remo è prima un fantino, poi una donna, infine un bambino: capisce cosa gli sta accadendo solo a livello superficiale. È anche una storia che cerca di rispondere a una domanda molto complessa: quante volte bisogna morire per liberarsi di se stessi? Ed è una storia d’amore: non sappiamo bene come amare, ma sentiamo che l’altro può accettarci per come siamo senza sapere effettivamente chi siamo”.
L’immaginario è grottesco, lo sfondo è quello di Buenos Aires: “Camminare in quella città – spiega il regista – è una vera esperienza, soprattutto di notte. Ci sono molti fantasmi, molte persone fuori dall’ordinario. Il film nasce proprio da uno sguardo profondo sulla città, la coscienza di un’innocenza, di un’ignoranza. Il fatto è che è più facile scrivere quando qualcuno ti perseguita è più facile scrivere”. Nel ruolo di Remo, Nahuel Pérez Biscayart, premio César per 120 battiti al minuto, scelto da Ortega in quanto “unico attore in grado di arrivare a quel punto così sospeso”: “Luis è un mago, l’unica persona con cui ho lavorato più di una volta, ci conosciamo molto bene, ci comprendiamo al volo”.
Úrsula Corberó è Abril: “Luis è un genio, un talento pieno di sensibilità, ho riposto fiducia totale nella sua ricerca. Eravamo consapevoli di fare qualcosa di particolare: questa esperienza che mi ha cambiato la vita”. Nel cast anche Mariana Di Girolamo, che nel 2019 infiammò Venezia con Ema di Pablo Larraín: “Io e Úrsula abbiamo girato scene focose pochi giorni dopo esserci conosciute. Fare questo film è stato un viaggio verso qualcosa di sconosciuto, ogni giorno c’era una nuova magia. Per ‘trovare’ il corpo di Ana ho preso come riferimento James Dean”.