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Luca Marinelli a Venezia 81 - Foto Karen Di Paola
(Cinematografo.it/Adnkronos) – "Credo che per fare questo lavoro onestamente sia importante approcciare al personaggio sempre sospendendo il giudizio. E diciamo che da antifascista aver sospeso il giudizio per quei sette mesi è stata una delle cose più dolorose che io possa aver mai fatto nella mia vita".
Così Luca Marinelli descrive l'esperienza di vestire i panni di Benito Mussolini per M. Il figlio del secolo, la serie diretta da Joe Wright (prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle, in co-produzione con Pathé, in associazione con Small Forward Productions, in collaborazione con Fremantle, CINECITTÀ S.p.A.), oggi Fuori Concorso a Venezia 81 e prossimamente (nel 2025), su Sky e in streaming su NOW.
Un'immersione profonda e complessa, che ha richiesto all'attore di mettere da parte la propria coscienza politica: "Da antifascista che sono è stata la cosa più dolorosa, ma era giusto farlo. Ho pensato che potesse essere l'approccio più onesto per tentare di avvicinarmi a questa persona", ammette.
Per Marinelli "era prioritario che arrivasse tutta l'importanza del progetto. Tutti noi abbiamo una gigantesca ignoranza e non abbiamo fatto veramente i conti con il passato perché la storia si ripresenta adesso. Il sapere e il dubbio "hanno una grande importanza sociale e politica".
Per prepararsi al ruolo, oltre al libro di Antonio Scurati premio Strega dal quale è tratta la serie tv, Marinelli ha attinto a diverse fonti, tra cui i video dell'Istituto Luce e un testo per lui fondamentale: quello dell'archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli, costretto a fare da guida a Mussolini: "lì c'è veramente una descrizione accuratissima di una persona antifascista che descrive questa persona per quello che veramente era".
Per quanto riguarda quello che è accaduto in Rai lo scorso 25 aprile, quando venne cancellato il monologo di Scurati, l’attore dice: "Trovo sia vergognoso quello che è successo ad Antonio Scurati e Serena Bortone. Siamo in un paese democratico e non in una dittatura. Per questo è importante conoscere la storia perché si ripresenta e tante cose non vanno sottovalutate Lo vediamo anche oggi".
Anche Antonio Scurati si sofferma sull’attualità di un progetto simile: "Credo che lo spettro del fascismo si aggiri ancora per l'Europa ma non sono stato io ad evocarlo con il romanzo o Joe Wright con il film. Sono altre forze storiche e altri soggetti. Ciò che l'arte democratica e antifascista può fare non è evocare il fascismo ma disperderlo e fugarlo".
Quanto alla serie, aggiunge Scurati, "ho sempre pensato che il cinema fosse il naturale prolungamento del romanzo, un romanzo documentario che rimane fedele ai fatti storici creando una cornice romanzesca. La mia ricerca era per una forma d'arte popolare". Per l'autore "era fondamentale raccontare il fascismo con uno sguardo nuovo, ma sempre da antifascista, che fosse accessibile a tutti".
Sulla trasposizione nella serie tv "c’erano dei rischi rispetto alla dimensione spettacolare e credo che siano stati brillantemente superati. Il film conserva la sua vocazione a rappresentare in forma nuova, coinvolgente e mobilitante le coscienze dei lettori e spettatori per farli conoscere e capire quale seduzione potente fosse il fascismo 100 anni fa e far provare repulsione", conclude Scurati.
"Era impossibile scindere il Mussolini uomo da quello politico – dice il regista della serie Joe Wright –. Credo che il fascismo sia la politicizzazione della mascolinità tossica e Mussolini è fatto dei rapporti che ha intessuto a livello familiare, con gli amici, la comunità e poi con il mondo. Per me era fondamentale sottolineare questo suo essere un tutt'uno".
"Il progetto ha una prospettiva storica che non riguarda solo l'Italia ma ha un livello internazionale, in particolare il mondo occidentale. Da americano non mi è sfuggito quello che è l'attualità rispetto alla situazione di oggi. Ho subito colto la dimensione internazionale e il valore dell'aspetto culturale e la rilevanza politica di una serie televisiva che ha una grande qualità cinematografica".
Quanto alla tecnica narrativa di far parlare Mussolini direttamente in camera e quindi allo spettatore, Wright spiega: "È stata la soluzione che abbiamo trovato per mostrare il modo in cui si esprimeva rispetto ai suoi pensieri. È stato un uomo che raramente ha detto quello che pensava e ha sempre inteso ingannare tutti a partire dalla sua famiglia. Ha sempre cercato di controllare la sua narrazione ed era necessario entrare nella sua mente e mostrare l’elaborazione del suo pensiero".
Infine, la scelta delle musiche: "L'energia e lo slancio artistico che caratterizzavano l'epoca si riflettono bene nella colonna sonora di Tom Rowlands dei The Chemical Brothers. Una musica dell’epoca non avrebbe colto la modernità e l'avanguardia del periodo".