Dopo il flop della Marvel abbiamo messo a confronto gli incassi del passato e quelli (ipotetici) della prossima stagione. L’elenco è lungo, da Dune: Parte Due a Godzilla x Kong: The New Empire passando per Avatar
Con il fenomeno dei franchise si sono confrontati maestri ed esordienti. È ancora tempo per le grandi mitologie? Per le saghe che hanno fatto appassionare generazioni diverse? Steven Spielberg aveva paragonato la Marvel ai western, definendola un fenomeno passeggero. Forse è troppo presto per dare una risposta, ma anche il mondo dei blockbuster sta scricchiolando.
Warner Bros. Discovery ha rimandato l’uscita di Dune: Parte Due
di Denis Villeneuve al 1° marzo 2024. In origine era atteso in sala a dicembre 2023, ma lo sciopero ha ridisegnato il cartellone delle uscite. Sarà un banchetto gargantuesco: arriveranno
Ghostbusters – Minaccia glaciale
di Gil Kenan e
Godzilla x Kong: The New Empire
di Adam Wingard
.
L’obiettivo è quello di superare gli oltre 402 milioni di dollari di incasso ottenuti da
Dune: Parte Uno
durante la pandemia, che aveva un budget di 165 milioni di dollari. Il titolo da battere è
Avatar – La via dell’acqua
firmato da James Cameron, uno dei sequel più fortunati di sempre, che al box office ha superato i 2 miliardi di dollari. Ma purtroppo si tratta di un caso quasi isolato.
Mission: Impossibile - Dead Reckoning – Parte 1
di Christopher McQuarrie,
Indiana Jones e il Quadrante del Destino
di James Mangold e prima ancora
Star Wars: L’ascesa di Skywalker
di J. J. Abrams non hanno brillato. Il dibattito sulla vitalità dei franchise si anima. Il settimo capitolo di
Mission: Impossible
è costato 291 milioni di dollari (spese di promozione escluse), incassandone 523. Il cosiddetto “punto di pareggio” è stato a malapena raggiunto.
Hanno senz’altro inciso la concorrenza nello stesso periodo di Barbiedi Greta Gerwig e Oppenheimer di Christopher Nolan . Facendo un confronto: Mission: Impossible - Fallout è costato 178 milioni e ne ha guadagnati quasi 792. Prima ancora Rogue Nation ha ottenuto 682,7 milioni, a fronte di una spesa di 150 . Indiana Jones e il Quadrante del Destino non è riuscito a coprire i costi, lievitati anche a causa del Covid. Con un budget di circa 300 milioni e uno stanziamento di almeno altri 100 per il marketing, l'incasso è stato di 375.
Una voce fuori dal coro è stata quella di
Creed III
(la saga legata a Rocky) diretto da Michael B. Jordan, che ha guadagnato più dei due precedenti capitoli. Qualche numero:
Creedaveva un budget di 37 milioni, saliti a 50 per
Creed II
e a 75 per
Creed III
. Il botteghino li ha premiati con un incasso globale in crescendo, rispettivamente di 173,5 milioni, 213,5 e 274,4. La scelta vincente del franchise può essere cercata nella rivisitazione in chiave più moderna dei temi che hanno caratterizzato gli episodi di Stallone, dall’inclusione alla famiglia. Rocky e Adonis sono diversi tra loro, vivono epoche differenti, non sono simili nel carattere, al punto che ora le vicende di Creed possono proseguire senza il suo mentore. Si tratta di una rara eccezione? Forse.
Anche i franchise
young adult
basati su mondi distopici hanno rallentato dopo il successo di
Hunger Games
di Gary Ross del 2012, da cui sono scaturiti altri filoni come quello di
Divergente
Maze Runner
. Strettamente collegati ai libri da cui sono tratte le storie, hanno iniziato il loro declino nel momento in cui non sono più riusciti a portare sul grande schermo l’essenza della realtà fantasy raccontata sulla carta, omologandosi ed essendo tutti uguali tra loro. Il quarto capitolo di
Divergentè stato infatti cancellato. Le aspettative sono quindi ricadute su
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente
diretto da Francis Lawrence, che con un budget di 100 milioni è riuscito a superare la soglia dei 200 nelle prime due settimane di programmazione, con un bilancio positivo.
Intanto si guarda al 2024 e all’attesissimo Furiosa: A Mad Max Saga di George Miller. Dovrà almeno eguagliare i numeri di Mad Max: Fury Road del 2015, che da solo aveva totalizzato il 70% degli incassi del franchise, conquistando 370 milioni con un budget di 150. Il segreto del successo può essere cercato in una popolarità che ha attraversato decenni, e in una cifra stilistica che si è sempre rinnovata. Lo potremmo chiamare: “effetto Top Gun”. Il sequel diretto da Joseph Kosinski, Top Gun: Maverick , è uscito 36 anni dopo l’originale, diventando il primo titolo a raggiungere il miliardo dopo il Covid. La nostalgia e la qualità sono la formula vincente.
Da mesi invece non sembrano più godere della stessa accoglienza le storie di supereroi, che hanno tenuto in piedi Hollywood nelle ultime decadi.
The Marvels
ha faticato: 197 milioni dopo tre settimane di programmazione, con un budget di quasi 220. La stessa sorte ha riguardato anche
Shazam! Furia degli dei,
The Flash
e
Blue Beetledella DC Comics. La riflessione è aperta. In casa Marvel ci si è concentrati più su epopee dedicate a un pubblico casalingo, a causa della pandemia. L’universo è diventato più dispersivo, molte linee narrative hanno subito una battuta d’arresto, e inoltre manca una centralità forte che una volta era incarnata dagli
Avengers. Ci sono stati problemi interni, dovuti alla post-produzione, alla cura degli effetti speciali. L’idea adesso è di recuperare i paladini più amati, come Iron Man di Robert Downey Jr. e Capitan America di Chris Evans, sfruttando anche le opportunità derivanti dall’ingresso nel mondo Disney della 21st Century Fox, con i suoi X-Men e i Fantastici Quattro. Sarebbe un ritorno al passato per salvare il futuro.
Le tendenze cinematografiche sono cicliche, non conoscono regole, ma la parola d’ordine, come hanno insegnato il Batman di Christopher Nolan e Joker di Todd Phillips, dovrebbe essere: qualità. A Hollywood nulla è eterno, lo hanno spiegato i musical e proprio il western, come diceva Spielberg. La domanda se i franchise siano ancora vitali trova una risposta nei desideri del pubblico. La dilatazione temporale sembra essere un’arma vincente. Anche il sequel di Avatarsi è fatto attendere tredici anni, creando una forte aspettativa.
Il mondo distopico di
Hunger Games
ha la sua origine nella letteratura per gli adolescenti, ma ha in comune con
Avatarla linearità del racconto, che abbraccia una platea più ampia. Il secondo ingrediente potrebbe quindi essere la semplicità. I protagonisti di
Hunger Gamessono costretti a combattere nell’arena, in una sfida in stile
Highlander
. La premessa è nota, ma risulta comunque intrigante per lo spettatore. Inoltre, i film non hanno mai disorientato i fan più incalliti, rimanendo fedeli ai libri, nonostante l’uscita di scena di Jennifer Lawrence.
E ancora, torniamo a
Mad Max
. Lui è un guerriero solitario, fondatore di un determinato immaginario che arriva dal western. È accessibile a ogni cultura, ha saputo non essere bulimico, farsi aspettare. La fortuna di
Creedè invece fondata sulla capacità di riformulare e reinventare, senza sminuire il franchise di Rocky. E ha accompagnato il pubblico nel passaggio di testimone, mantenendo in scena l’iconico pugile interpretato da Stallone. Espande, arricchisce, è comprensibile a tutti e riconoscibile ai più.
Potremmo quindi sostenere che l’orizzonte dei franchise ha regole precise e definite. Bisogna puntare sulla semplicità e sull’autonomia delle avventure, su mondi lontani ma conosciuti, eroi ben codificati, che abbracciano più generazioni e sono fedeli magari a testi letterari. I temi affrontati devono essere vicini a molti, serve una cura minuziosa nella post-produzione, evitando la trappola dell’eccesso, senza annunciare un nuovo episodio ogni tre mesi. Il cinema però, si sa, è la fiera dell’illusione. Non esiste una formula magica perfetta, ma solo qualche consiglio per provare a dare nuova linfa a un impero che rischia di abdicare in favore di un re più giovane e decisamente battagliero.