Ultimo appuntamento di questa rubrica dedicato ai due premi più pesanti: Oscar al “miglior film” e alla “miglior regia”, che – come avvenuto 68 volte su 95 edizioni – quest’anno dovrebbero senza difficoltà andare allo stesso film. È anche l’occasione per fare il punto su quanti Oscar potrebbero andare ai dieci candidati alla statuetta più pesante.

MIGLIOR REGIA

Ci sono anni in cui non ci sono dubbi su chi alzerà la statuetta come miglior regista dell'anno, e questo è uno di quegli anni.

Forte della vittoria ai Golden Globe, Critics' Choice, BAFTA e soprattutto ai DGA, premi del sindacato registi (con un 89% di affidabilità in 75 edizioni), finalmente il britannico Christopher Nolan, autore di culto per almeno due generazioni, grazie a Oppenheimer entrerà nel novero dei registi premiati con l'Oscar alla sua (appena) seconda candidatura di categoria dopo Dunkirk (2017) e all'ottava in generale. Nolan dirige un notevole gruppo di attori e un gruppo sterminato di tecnici al servizio di un film ambizioso e imponente, e una sua vittoria suona anche come un riconoscimento alla sua carriera giunta alla dodicesima pellicola.

Lo stesso che avvenne, anche se incredibilmente molto tardi, con un altro candidato di quest'anno, Martin Scorsese che fu premiato per The Departed (2006), forse un film "meno suo" rispetto agli altri che lo hanno portato a ricevere, compresa quella per Killers of the Flower Moon, dieci nomination come regista, superando Steven Spielberg fermo a nove e a un passo del record di dodici di William Wyler. Un primato il regista italoamericano lo ha già infranto diventando a 81 anni il più anziano candidato di categoria, superando John Huston che ne aveva 79 per L'onore dei Prizzi (1985), mentre è di Clint Eastwood il primato di vincitore più anziano con i 74 anni che aveva ai tempi di Million Dollar Baby (2004). Se si contano anche le candidature come sceneggiatore e produttore, Scorsese arriva a quota 16 nomination con una sola vittoria.

Alla seconda nomination da regista troviamo il greco Yorgos Lanthimos per Povere creature! con il quale ha trionfato a Venezia quest'anno. Oltre alla candidatura da regista per La favorita (2018), ne ha ricevuta altre quattro per un totale di sei e zero vittorie: una nomination come "miglior film straniero" per Dogtooth (2009), per la sceneggiatura di The Lobster (2017) e due da produttore per i film con i quali è stato candidato per la regia, caratterizzata dal suo stile grottesco ed elegante fatto di rallenty, carrelli, campi medi e lenti quadrangolari.

Alla prima candidatura da regista è il britannico Jonathan Glazer per La zona d'interesse, per cui è candidato anche come sceneggiatore. L'autore di Sexy Beast e Under the Skin dimostra una regia sapiente che dosa elemento visivo e uditivo a servizio di un contenuto forte e disarmante. Sappiamo, però, che si dovrà consolare con l'Oscar per il "miglior film internazionale".

A consolarsi probabilmente con la statuetta in un'altra categoria, quella per la sceneggiatura originale, sarà anche l'unica donna della cinquina, la francese Justine Triet per Anatomia di una caduta. Terza donna a vincere la Palma d'oro a Cannes, è l'ottava a ricevere una nomination alla regia dopo Lina Wertmüller (1976), Jane Campion (1993 e 2021), Sofia Coppola (2003), Kathryn Bigelow (2009), Greta Gerwig (2017), Chloé Zhao ed Emerald Fennell (2020/21) con Bigelow, Zhao e Campion vincitrici. Sul versante francese, invece, è l’ottava candidata per la regia dopo Jean Renoir, Claude Lelouch, Roman Polański, François Truffaut, Edouard Molinaro, Louis Malle e Michel Hazanavicius, con solo quest’ultimo e Polański vincitori rispettivamente per The Artist (2011) e Il pianista (2002), nessuno dei due girato in francese.

VINCERÀ: Christopher Nolan (Oppenheimer)
POTREBBE VINCERE: Yorgos Lanthimos (Povere creature!)

MIGLIOR FILM

Un plebiscito quello che per tutta la stagione dei premi ha investito Oppenheimer: Golden Globe, Critics’ Choice, BAFTA e i decisivi PGA, il premio dei produttori americani, e il SAG al “miglior cast” sanciscono una corsa all’Oscar piuttosto scontata per il film biografico di Christopher Nolan, candidato anche come produttore insieme alla inseparabile moglie Emma Thomas, e che dovrebbe concludersi con un bottino da 7 a 9 Oscar sulle 13 nomination ricevute (piuttosto certi i premi per film, regia, attori maschili, fotografia, montaggio e colonna sonora, incerti sonoro e sceneggiatura adattata).

Il sistema preferenziale con cui si vota il “miglior film” (non si esprime la preferenza secca ma una classifica dal primo al decimo) negli anni ci ha abituati a qualche sorpresa dell’ultimo secondo con film più mediocri ma popolari che hanno soppiantato pellicole più ambiziose e per questo divisive (Il caso Spotlight su Revenant nel 2015, Moonlight su La La Land nel 2016, Green Book su Roma nel 2018, CODA - I segni del cuore su Il potere del cane nel 2021: tutti casi in cui l’Oscar alla regia è andata al film sconfitto). E c’è chi sostiene che un upset di questo tipo potrebbe avvenire grazie alla commedia The Holdovers - Lezioni di vita di Alexander Payne che, con la sua ironia e intelligenza ha conquistato i cuori di tutti. È dura per le commedie trionfare in questa categoria, e sembra abbastanza assodato che il film prodotto da Mark Johnson, premio Oscar per Rain Man (1988), su cinque nomination si accontenterà della statuetta per l’interpretazione di Da’Vine Joy Randolph e, se proprio deve riservare una sorpresa avverrà piuttosto con il protagonista Paul Giamatti.

Sontuoso, elegante e manierista Povere creature! di Yorgos Lanthimos ha conquistato il Leone d’oro a Venezia e il Golden Globe come “miglior commedia” e si presenta con 11 nomination, tre delle quali potrebbero trasformarsi in un Oscar (attrice, scenografia e costumi) così come potrebbe tornare a casa a mani vuote eguagliando il record negativo di Due vite, una svolta (1977) e Il colore viola (1985). A produrre il film è anche la protagonista Emma Stone, che così arriva a cinque nomination complessive nella sua carriera.

Da Cannes arriva la Palma d’oro Anatomia di una caduta di Justine Triet, che su cinque candidature punta a conquistare almeno quella per lo script originale. È la 19 a Palma d’oro candidata contro gli otto Leoni d’oro (tre ciascuno le vittorie), ed è appena la seconda volta che i premiati a Cannes e Venezia sono entrambi in gara per il “miglior film” dopo il 2019 con Parasite dalla Croisette e Joker dal Lido.

Il film della Triet è uno dei tre film in lingua non inglese candidati quest’anno, un record, che porta a 18 totali i titoli in lingua straniera che hanno gareggiato in questa categoria con la sola pellicola in coreano di Bong Joon-ho a trionfare, e in coreano è anche – o almeno in parte – Past Lives di Celine Song, con solo due nomination complessive fra cui questa pesante, come avvenuto di recente con Women Talking (2022), Selma (2014) e The Blind Side (2009). Chiude il trio delle pellicole in lingua straniera La zona d’interesse, girato in tedesco e polacco. Dalla sua pendono cinque nomination, ma al film di Jonathan Glazer è già assicurato l’Oscar al "miglior film internazionale".

Altro record infranto quest’anno è quello di ben tre film diretti da donne presenti nella decina, oltre alle pellicole di Triet e Song, spicca Barbie di Greta Gerwig con le suo otto nomination. Sebbene abbia trionfato negli incassi battendo di gran lunga il film sul fisico americano, è incerto il risultato finale. Il film ispirato alle bambole Mattel, che ha regalato la prima nomination da produttrice a Margot Robbie prima d’ora candidata solo come attrice (Io, Tonya, 2017; Bombshell, 2019), oscilla tra una e quattro statuette con quella per la canzone più che assicurata mentre per sceneggiatura adattata, scenografie e costumi la gara è al fotofinish.

Tra le sorprese dell’anno e da poco disponibile su PrimeVideo, American Fiction, commedia scritta, diretta e co-prodotta da Cord Jefferson, porta in dote cinque candidature e, se è ben lontano dalla vittoria finale, non sembra esserlo da quella per la “miglior sceneggiatura non originale” dopo le vittorie a Critics’ Choice e BAFTA (ribaltando così il mio pronostico di qualche settimana fa).

Tra i favoriti della vigilia, Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, candidato a ben dieci statuette, rischia di finire esattamente come altre due pellicole del maestro italoamericano, Gangs of New York (2002) e The Irishman (2019) che non videro nessuna delle proprie dieci nomination tramutate in oro. A scongiurare questo affronto può essere solo la protagonista Lily Gladstone in una lotta all’ultimo voto con Emma Stone.

Chiude la decina il film Netflix Maestro con il quale il distributore streaming cerca quella storica vittoria mancata ormai ogni anno con Roma (2018), The Irishman e Storia di un matrimonio (2019), Mank e Il processo ai Chicago 7 (2020/21), Don’t Look Up e Il potere del cane (2021) e Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022). Il biopic di Bradley Cooper, partito forte a inizio corsa e presentato in concorso a Venezia, nonostante le sette nomination rischia di vincere solo quella per trucco e acconciature, sebbene qualcuno inizi a vociferare che Povere creature! possa batterlo. Grazie al film su Bernstein, l’attore americano porta a ben cinque – sulle sue dodici complessive – le candidature come produttore dopo quelle per American Sniper (2014), A Star Is Born (2018), Joker (2019) e Nightmare Alley - La fiera delle illusioni (2021), mentre il leggendario Steven Spielberg supera se stesso arrivando a quota 13 nomination come “miglior film” (su 23 totali) con una sola vittoria trent’anni fa come produttore del suo Schindler’s List (1993), oltre a due da regista.

VINCERÀ: Oppenheimer
POTREBBE VINCERE: The Holdovers