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Will Smith e Jaden Smith in La ricerca della felicità © MEDUSA (Webphoto)
Stasera alle ore 21, su Iris (canale 21), va in onda La ricerca della felicità di Gabriele Muccino, con Will Smith, Jaden Smith e Thandie Newton.
- La trama
Christopher Gardner, ragazzo padre disoccupato con un figlio piccolo a carico, con un sogno nel cassetto: diventare un broker di successo. La sua tenacia e le sue capacità nel campo dell'economia gli apriranno le porte dell'alta finanza portandolo dai gabinetti della stazione ferroviaria di San Francisco in cui è costretto a vivere fino ai vertici di una delle più importanti compagnie americane di brokeraggio.
- 5 cose da sapere
Una storia vera
Il film, scritto da Steve Conrad (la serie Patriot, Wonder), è tratto dal libro autobiografico di Chris Gardner, che prima di diventare un imprenditore milionario visse in povertà con un figlio a carico. Gardner, oggi sessantottenne, appare in un cameo nella scena finale del film.
Il titolo
Il riferimento è alla dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, come scritta da Thomas Jefferson, dove sono elencati i diritti inalienabili dell'uomo: la tutela della vita, della libertà e la ricerca della felicità.
Una partenza sofferta
Come racconta in un’intervista a Marina Sanna, pubblicata sul numero di gennaio-febbraio 2007 della Rivista del Cinematografo, Muccino arriva La ricerca della felicità dopo alcuni progetti arenati: il remake di C’eravamo tanti amati di Scola (“È sparito, nel mio caso il film è morto di morte naturale”) e l’adattamento di L’animale morente di Philip Roth con Al Pacino (“C’era una sceneggiatura da sviluppare e molto lavoro da fare. Mi sono visto con Pacino più volte, ma credo che non si fidasse completamente delle mie capacità. Che pensasse non fossi in grado di dirigere un film in lingua inglese. Mancavano i soldi, non c’era dietro un grosso studio e il film aveva anche problemi logistici”).
Il realismo
“Tutti gli homeless – rivela Muccino, sempre in quell’intervista – che si vedono sono autentici, non ho usato attori. Ho fatto tantissime ricerche e interrogato per ore la comunità nera, dovevo capire il mondo dell’economy reaganiana”.
L’Oscar sfiorato
Per il ruolo di Gardner, Will Smith è stato candidato al Golden Globe e all'Oscar per il miglior attore. In entrambi i casi è stato sconfitto da Forest Whitaker per L’ultimo re di Scozia. Muccino sostiene che Smith sfiorò la statuetta: tra lui e il vincitore, secondo il regista, c’erano solo quindici voti di scarto. Smith ha vinto l’Oscar l’anno scorso con King Richard, ma i più ricordano soprattutto lo schiaffo rifilato a Chris Rock.
- Cosa disse la critica
“Equilibrato e ispirato da un grande senso della dignità, non è solo la celebrazione del sogno americano, ma soprattutto della forza di un padre pronto a tutto per inseguire – insieme al suo bambino – la possibilità della felicità e della salvezza dalla miseria. Un film intenso ed emozionante sul coraggio di realizzare i propri sogni in nome dell’amore per i figli.” (Marco Spagnoli, Rivista del Cinematografo, gennaio-febbraio 2007).
“Per metà il suo primo film americano (con amore tra padre e figlio piccolo, ambizioni del giovane uomo nero, caduta sfortunata, resurrezione, tenerezze) e per metà un film realistico italiano sulla difficoltà di vivere in America. Significativamente, il film comincia e finisce con la folla di impiegati in marcia verso il lavoro al mattino, neppure notando l'ubriaco buttato sull'asfalto.” (Lietta Tornabuoni, La Stampa, 12 gennaio 2007)
“San Francisco è ripresa dal vero nei quartieri più miseri di Chinatown e addirittura in Tenderloin, in un periodo, i tormentati anni Ottanta, enunciati, ma solo di sfondo, da Reagan in TV e dalla pubblicità sui taxi di Toro scatenato con De Niro. Con ritmi affannatissimi che quasi si vietano le soste e con uno stile di regia - secco, mobile, concitato - che conferma il pieno possesso del cinema ormai raggiunto da Muccino.” (Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 12 gennaio 2007)
“Sul mito della 'seconda volta' e del 'diritto alla felicità' il cinema americano ha costruito buona parte della sua fortuna. E dei suoi soggetti. [...] La recitazione di Will Smith è sempre intelligentemente controllata, quasi trattenuta, così da dar vita a un personaggio credibile, non 'hollywoodiano', che facilita il coinvolgimento emotivo dello spettatore e che aiuta a raccontare il mito dell'edonismo reaganiano da un'angolazione meno scontata e superficiale.” (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 13 gennaio 2007)
“Il nucleo sdolcinato della trama risulta circoscritto da solidi paletti narrativi, in modo che la cupa odissea di padre e figlioletto recuperi spontaneamente o, meglio, logicamente gli antidoti della dignità personale, dell'ottimismo intraprendente e del senso dell'umorismo. [...] I cardini dell'apologo sono più sottili: l'incipit dei duri anni Ottanta reaganiani, la mania del cubo di Rubik come metafora dei quiz esistenziali e le corse a perdifiato nel caos metropolitano del novello Ultimo dei Mohicani.” (Valerio Caprara, Il Mattino, 13 gennaio 2007)