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L’imprevedibile viaggio di Harold Fry
Che cosa può dare speranza a chi si trova allettato e affetto da una malattia incurabile che avanza inesorabilmente? Ben poco, ci verrebbe da pensare. Eppure anche, o forse soprattutto in situazioni come queste, ci si aggrappa a qualcosa o a qualcuno che possa donare anche un briciolo di serenità. È quello che probabilmente pensa Queenie Hennessy, malata di un cancro ormai allo stadio terminale che decide di inviare una lettera a un amico di vecchissima data.
Quando Harold Fry riceve la sua lettera ripensa a quella donna la cui presenza nella propria vita è legata a un ricordo ormai lontano nel tempo, e le risponde con qualche breve parola da spedirle sempre via posta. E mentre si incammina verso la cassetta delle lettere più vicina a casa, un incontro fortuito alla stazione di servizio lo convince a fare un gesto che è ben superiore allo spedire una lettera: andare di persona da Queenie, percorrendo a piedi la distanza che lo separa dall’ospizio in cui è ricoverata. Peccato che questo si trovi a Berwick-upon-Tweed, a Northumberland, contea del nord-est dell’Inghilterra, ai confini con la Scozia, esattamente a 800 Km da Kingsbridge, nel South Devon dove Harold risiede.
Tratto dal romanzo del 2012 Rachel Joyce, da lei stessa adattato per il grande schermo, L’imprevedibile viaggio di Harold Fry è uscito nelle sale nel 2023 per la regia di Hettie Macdonald, già regista di metà degli episodi dell’acclamata serie Normal People (2020), che si è avvalsa dell’interpretazione di un cavallo di razza del cinema inglese come Jim Broadbent, premio Oscar per Iris (2001) e noto al grande pubblico come il professor Lumacorno della saga di Harry Potter (2009-11) e l’eclettico Harold Zidler di Moulin Rouge! (2001). Ad affiancarlo la Penelope Wilton di Downton Abbey (2010-15) nei panni della moglie Maureen, incapace di comprendere il gesto del marito.
Una chiave di lettura ci è data anzitutto dal titolo originale della pellicola che recita The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry, dove l’accento cade sul “pilgrimage”, ovvero pellegrinaggio. Perché è questo che Harold compie, non un semplice viaggio, ma un vero e proprio cammino nel quale assume su di sé tutti gli attributi del pellegrino: va a piedi, ha con sé solo l’essenziale (anzi, nemmeno quello a partire dalle scarpe!), vive della provvidenza delle persone che incontra lungo le soste, e intrattiene relazioni più o meno durature con chi percorre un pezzo di strada insieme a lui. E, soprattutto, ha una meta, qualcosa che lo spinge a camminare senza fermarsi e senza cedere agli ostacoli, primo fra tutti la sua età e la sua non brillante forma fisica, pur di raggiungere il capo opposto della nazione inglese.
Il suo pellegrinaggio ha una triplice dimensione. Anzitutto Harold ha fede. La sua non può chiamarsi una fede religiosa, eppure ha una sua dimensione spirituale. Ha fede che Queenie possa farcela e, quando le infermiere gli riferiscono che il suo avvicinarsi ha prodotto lievi miglioramenti nella donna, la fede di Harold viene alimentata in un circolo virtuoso. Per Harold il suo peregrinare ha la forma dell’offerta. Sente di dover qualcosa a Queenie, di dover contraccambiare un gesto di profonda generosità che, si scoprirà verso la fine, la donna gli ha dimostrato quando Harold viveva il passaggio più delicato e basso della sua esistenza.
E così il suo percorrere a piedi 800 Km assume i contorni di un’offerta espiatrice, di un sacrificio. Dopotutto il pellegrinaggio era proprio una delle forme di penitenza seguite all’assoluzione nei tariffari medievali del sacramento della riconciliazione. Da ultimo, il cammino di Harold è occasione di gratitudine, non solo verso Queenie, ma verso la vita stessa, da lui mai pienamente vissuta e apprezzata. E quindi gli incontri che fa lungo il tragitto diventano occasioni di bene e gratitudine per se stesso e per le persone che incrocia, colpite dalla sua “luce”.
A partire dalla commessa della stazione di servizio che, generando in lui la speranza con una mezza bugia ha imparato a sperare ancora nel’umanità passando per l’uomo con cui condivide una colazione al bar reso capace di dimostrare fino in fondo l’amore per il suo compagno fin lì celato per imbarazzo, dal medico di origine slava costretta a pulire i bagni per sopravvivere e in attesa di un uomo che non tornerà più fino a Wilf, ragazzo che per primo si avvicina a Harold per camminare insieme nel tentativo di fuggire dalla famiglia e dalle droghe, cosa peraltro che non gli riesce, dimostrando con realismo che non per tutti il cammino di conversione è immediato, ma richiede tempo e fatica.
Infine, una nota la merita il personaggio di Maureen, la moglie, solo apparentemente voce di chi la speranza la spegne. È in realtà figura tragica e insieme commovente della resilienza, altra faccia della speranza. Sebbene apparentemente lontana e contraria al viaggio del marito, non lo abbandona mai realmente e lo segue passo passo fino a incontrarlo per dare la sua benedizione. Il compiersi del pellegrinaggio di Harold e lo svelamento di ciò che lo lega a Queenie diventa occasione per entrambi i coniugi di riconciliarsi con le ferite della loro famiglia e sperare nuovamente nella vita.