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Pawel Lozinski, ospite della X edizione di Ciakpolska Film Festival, è un pluripremiato regista polacco. La sua filmografia spazia da The Balcony Movie, un viaggio di cento minuti realizzato a partire dalle numerose conversazioni intrattenute dal regista con persone passanti per strada sotto il suo appartamento a Varsavia, film che ha ricevuto il Grand Prix de la Semaine de la Critique a Locarno 2021, a You Have No Idea How Much I Love You, incentrato sul rapporto tra una madre e una figlia filmate nelle loro delicate sessioni di psicoterapia e premiato al Festival dei Popoli 2016 come miglior film etno-antropologico aggiudicandosi il Premio Gian Paolo Paoli.
Il suo è un cinema diretto, a basso budget. “Mi piace fare film sui sentimenti e sulle emozioni umane, non sulla politica o sull’ecologia. A me piacciono i set semplici, per esempio mettere una macchina da presa in un set dove nessuno era stato prima, come nella stanza di uno psicoterapeuta o in un reparto di chemioterapia in ospedale. Il mio obiettivo è quello di spezzare le barriere e arrivare per primo dove nessuno è arrivato prima come uno scalatore che va sull’Himalaya e vuole raggiungere il monte Everest. A volte osservo la realtà semplicemente altre volte invece mi metto nei panni del regista”.
Nel suo cinema rientra molto la psicoterapia. “Mia madre alcuni anni fa ebbe il cancro e io non sapevo come affrontare la cosa. Avevamo un problema di comunicazione, lei sapeva che era malata, ma soffriva dentro di sé, senza esternare nulla. Quando andai all’ospedale vidi che le altre persone malate comunicavo tra loro e con i loro familiari. Mi sono chiesto cosa si dicessero. Ero curioso. Così decisi di filmarli con la macchina da presa per vedere cosa dicevano. Li ho seguiti per un anno. Era anche un modo per affrontare il mio dolore. Volevo rispondere alla mia domanda, ovvero come le persone affrontano il dolore della malattia. Penso che se uno ha una buona comunicazione sicuramente affronta meglio il dolore”.
E sul suo The Balcony Movie: “Non c’entra nulla con il lockdown ela situazione che abbiamo vissuto nel Covid. L’ho girato pre-Covid e l’ho finito quando è cominciato il Covid. Ho girato sul balcone per due anni e mezzo. Il Covid in realtà mi ha salvato perché avrei continuato a girare e non avrei mai smesso. Ero dipendente dagli incontri con le persone e dal dialogo quotidiano con loro. Ma volevo che questo fosse un film ottimista per questo non ho fatto entrare il Covid nel film. L’idea è nata perché spesso mi mettevo sul balcone a fare colazione o a mangiare e lì guardavo la gente che passava e mi incuriosiva sapere chi erano. A volte parlavano tra loro, a volte piangevano, altre ancora litigavano. È nata la curiosità di sapere chi fossero quelle persone. Così ho pensato di mettere una telecamera sul balcone e pensavo che quella avrebbe dato la risposta a tutte le mie domande. Volevo capire se con la distanza di cinque metri comunque potevo entrare nell’intimità di queste persone. Presto ho visto che la gente vuole attenzione e che gli piaceva questo sguardo puntato su di loro. Vogliono essere ascoltati. Le persone spesso sono molto sole e dentro la famiglia non sanno con chi parlare. Avevano piacere di parlare con questa persona strana con la telecamera in balcone, tipo un vicino di casa. Per loro era facile perché era come parlare a un compagno di viaggio in treno o a uno sconosciuto che sapevano non avrebbero più incontrato. Ho trasmesso le loro storie al pubblico. È stata una sorta di esperimento. Volevo cambiare le regole del gioco: non trovare i protagonisti prima e non essere il regista, ma aspettare che le persone venissero da me. A livello tecnico, dopo ogni conversazione chiedevo a ogni persona il numero di telefono o una mail per poi avere l’autorizzazione ad essere stati filmati”.
E su You Have No Idea How Much I Love You: “Sono partito dalle mediazioni durante i divorzi, ma era dura trovare i protagonisti. Poi una mia amica terapista mi ha proposto di mettere su un drama, una simulazione con gente che fingeva di essere una coppia o una famiglia. Non ero sicuro che funzionasse ma ci ho provato. Sempre senza una sceneggiatura in mente”.
Infine il regista, che dice di essersi anche molto ispirato ai film di De Sica per le sue opere perché “prendono dalla realtà”, conclude: “Ora sto cercando di farmi venire una nuova idea per il mio prossimo progetto sempre osservando la realtà. Io faccio domande e vado alla ricerca di risposte”.