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Roberta Torre (ph. Stefano Micozzi)
“Ho riflettuto sul tema della memoria”. Così la regista Roberta Torre ieri al Lecco Film Fest, in dialogo con Gianluca Arnone, ha raccontato la genesi del suo ultimo film Mi fanno male i capelli e non solo davanti al pubblico di Piazza Garibaldi.
Il film vede protagonista Alba Rohrwacher nei panni di una donna che sta perdendo la memoria e che trova il modo di ridare senso alle cose prendendo in prestito i ricordi di Monica Vitti, non a caso il titolo cita la famosa battuta della grande attrice. Con lei anche Filippo Timi, nel ruolo di suo marito.
“È un film che segue un percorso iniziato un po’ di anni fa sul tema della memoria. Una memoria che mi sembra vada sfaldandosi sempre di più. Mi colpì molto la storia di John Lydon dei Sex Pistols. Aveva la moglie malata di Alzheimer e l’ha seguita fino alla fine assistendola a tempo pieno. Lei si era dimenticata di tutto, ma non di lui”.
E poi: “Questo film è anche una storia d’amore. Il marito dice: lei non sa più chi è, ma io sì perché quando la memoria di uno vacilla l’altro può portarla avanti. E poi c’è un grande dialogo con i fantasmi e con tutti i personaggi che Monica ha interpretato che sono tutti ancora attualissimi. C’è anche un passato che non tornerà mai più, ma che in qualche modo rimane indelebile e costituisce la nostra identità. Ho chiesto ad Alba Rohrwacher di tornare bambina per entrare meglio nella parte perché nell’infanzia torna quella libertà meravigliosa e il tuo immaginario è ancora tutto da costruire. Si ha ancora la possibilità di giocare”.
Nel film si sottolinea anche che sì è importante ricordare, ma anche dimenticare. “All’inizio nella vita corri sempre in avanti, poi a un certo punto ti fermi per capire cosa di quell’immaginario vuoi che venga ricordato. Il privilegio della memoria è anche quello di poter scegliere quello che si vuole ricordare. Per esempio Monica Vitti diceva che i fatti sono troppo duri e che avrebbe voluto vivere in una dimensione dove aveva più importanza la poesia e l’immaginazione. In questo senso è importante dimenticare”.
Da Milano, dove è nata e cresciuta, a Palermo, dove nel 1997 ha diretto il suo primo film: la Torre ha compiuto un percorso inverso a quello solito che va dal sud al nord.
“Primo e unico musical sulla mafia penso. Si chiamava Tano da morire e era ispirato a una vera storia su un piccolo boss di paese. C’erano personaggi presi dalla strada che non recitavano, ma interpretavano quel che erano come il fornaio. Donatella Palermo credette in me e decise di produrlo”. E poi: “Sono rimasta affascinata dal Sud e ci ho lasciato il cuore. È un luogo di magia assoluta. Uscivo e avevo un teatro in mezzo alla strada. Il sud è un palcoscenico di incontri. Quelli sono stati anni di felicità assoluta”. E su Donatella Finocchiaro, protagonista di Angela (suo film del 2002), una donna nata a Ballarò nel quartiere del mercato di Palermo, dice: “Anche questa è una storia vera. Donatella Finocchiaro è stata straordinaria a interpretare questa donna di mafia che trafficava droga e si innamorava del braccio destro del boss. È un melodramma classicissimo”.
Del Sud ama anche i colori forti, sempre così usati nel suo cinema. “Li amo perché vengo dalla pittura e poi il colore è un linguaggio e non riesco a concepire una scena senza pensare alla palette di colori che può avere prima ancora di girarla”.
C’è però anche un ricordo legato alla sua Milano: “Ero piccola andai al cinema a Milano in Via Gran Sasso con mio padre e vidi una scena sullo schermo con dei cowboy che mangiavano dei grossi fagioli. Decido che li volevo mangiare anche io. Mio padre mi risponde che lì non si poteva entrare perché quello era cinema. Il film era Anche gli angeli mangiano fagioli e rimane il mio film prediletto”.
Infine un ultimo ricordo su suo nonno: “Inventò la lambretta, è stato un ingegnere aereonautico e gli ho dedicato un libro dal titolo Il colore è una variabile dell’infinito, da una frase che spesso diceva. Era diventato botanico e voleva creare a tutti i costi una rosa blu per sua moglie. A chi gli diceva che non sarebbe mai potuta nascere lui da matematico e scienziato rispondeva che nell’infinito ci sono tutti i colori. Alla fine riuscì a farla nascere”.