Messico e… Audiard. Il regista firma il suo decimo lungometraggio, Emilia Pérez: doppiamente premiato a Cannes (giuria e interpretazione femminile), candidato a quattro EFA e lanciato dalla Francia nella corsa agli Oscar.

Nel cast Zoe Saldaña, Selena Gomez, Adriana Paz, Édgar Ramírez, la protagonista è la spagnola Karla Sofia Gascón, prima attrice dichiaratamente transgender premiata sulla Croisette: ““Trans non è una professione, ma comprendo l’utilità della definizione per esaltare questa minoranza. Con Emilia spero che altre attrici come me possano uscire allo scoperto, trovando non solo ruoli da prostitute, e che aiuti le famiglie a non cacciare di casa un figlio che si dichiara apertamente gay”.

Dal 9 gennaio 2025 nelle nostre sale, Emilia Pérez è scritto e diretto da Jacques Audiard, già Palma d’Oro con Dheepan (2015), che delinea due transizioni di genere: dal mafia movie al musical e da maschile a femminile, ovvero dal narcos Manitas a Emilia Pérez, tutti e due incarnati da Gascón.

“Spiace dirlo, perché è mia, quindi so di essere un po’ presuntuoso, la bella idea è quella di raccontare una tragedia cantandola”, osserva il regista, che ha preso ispirazione dal libro di Boris Razon Ecoute: “A metà di questo romanzo appare un personaggio che è un narcotrafficante che però desidera fare appunto la transizione. La cosa mi aveva colpito moltissimo, ma mi aveva colpito ancor più il fatto che poi questo personaggio non venisse sviluppato dall'autore, e quindi ho deciso di dargli un seguito. Il paradosso, per me incredibile, fra l'iper-virilità, il machismo, l'iper-mascolinità di un signore della droga e il suo desiderio di andare verso la femminilità, la dolcezza, facendo un cambiamento di sesso”.

“L'idea di base di questo film – prosegue Audiard - era che tutti coloro che entrano o che sono entrati in contatto con Manitas e poi con Emilia subiscano una trasformazione. Ho sempre avuto in mente il film Teorema di Pasolini, in cui c'è l'arrivo di un personaggio che disintegra questa famiglia proprio per la sua libertà sessuale. Il mio desiderio grande era che tutti i personaggi, appunto, cambiassero. E far corrispondere questo cambiamento a quello parallelo della forma del film, che ogni volta fosse riconoscibile, ma che fosse sempre in evoluzione”.

Gascón rivela di come Saldana le “raccontava che quando era piccola non trovava sullo schermo dei riferimenti di attrici di colore, al più confinati nel ruolo di domestici di bianchi, ricchi. Nel caso di Emilia Pérez c'è questa necessità di avere un riferimento, in questo caso anche cinematografico, per aiutare tante persone (trans, NdR) a uscire allo scoperto, a non vedersi soltanto relegati soltanto ai ruoli magari di prostituzione o ai margini della società”. Non solo, se “riusciamo a aiutare anche solo una famiglia ad apprezzare, a trattare con amore, con affetto il proprio figlio che si dichiara appunto apertamente gay, ecco, già questo sarebbe un successo enorme per il film”.

Conclude Audiard, parlando di una ricorrenza dei suoi film, da Un profeta a Deephan, da The Sisters Brothers a Emilia Pérez: “Il confine definisce il conflitto, e forse la cosa più interessante sarebbe analizzare che cosa succede quando si è proprio sul confine, né prima né dopo, ma quando si è proprio sulla linea. Ci vorrebbe una storia drammaturgica di quello che vuol dire il confine, che può essere la frontiera fra i sessi, la frontiera geografica, la frontiera materiale. Clausewitz diceva che la guerra è portare la propria frontiera al di là della frontiera del nemico”.