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S.E. Card. Tolentino de Mendonça con mons. Davide Milani
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia si è da poco conclusa consegnando al mondo, alle sale cinematografiche, agli amanti del cinema (in rari casi alla storia) opere filmiche molto interessanti. Le ristrette disponibilità “statutarie” del palmarès non hanno consentito di premiare tutto ciò che di notevole al Lido si è visto. A colpire sono stati soprattutto gli approfondimenti su temi di stringente attualità posti con quella profondità artistica, lontana dalla preoccupazione cronachistica, di cui sono stati capaci diversi registi: il bisogno di compagnia e d’amore di chi è nella fase terminale della vita e le domande intorno all’eutanasia, le conseguenze nascoste delle guerre, il rapporto genitori/figli, l’integrazione delle seconde generazioni dei migranti, la possibilità di redenzione dalle colpe commesse…
Fondazione Ente dello Spettacolo anche per questa edizione è stata protagonista al Festival anzitutto con i propri critici che per i lettori della media-house Cinematografo hanno raccontato le opere del concorso principale e di tutte le sezioni ufficiali, evidenziando ed esportando da Venezia tutta questa ricchezza. Ma questa presenza in Laguna si caratterizza da oltre due decenni per il nutrito programma di incontri organizzati negli spazi dell’hotel Excelsior, quest’anno secondo un assetto logistico “provvisorio” (non per nostra responsabilità).
Ripensando ai dieci giorni al Lido non può non rimanere scolpita nella memoria la giornata storica del 5 settembre in cui due Cardinali – Josè Tolentino de Mendoça, prefetto del Dicastero della Cultura e dell’Educazione della Santa Sede e Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana – sono stati presenti a Venezia ospiti di eventi organizzati da Fondazione Ente dello Spettacolo. Non era mai successo che nella stessa giornata due “principi della Chiesa” giungessero al Festival per mettersi in ascolto di questo straordinario evento culturale e ad interagire con i valori più alti che sa esprimere.
Rimangono come fari per l’impegno quotidiano di Cinematografo e dei cattolici che operano nella “settima arte” le riflessioni che i due Cardinali hanno voluto offrire al mondo del cinema. Tolentino: “L’arte cinematografica ha il compito di essere una luce e lo specchio della nostra anima. Venezia è la stazione naturale, arcipelago è quindi immagine del mondo: in questo mare troviamo la diversità, la polifonia internazionale che converge in una domanda a cui la Chiesa non può non rispondere”. Zuppi: “Essere cattolici, anche nel cinema, non deve essere un’etichetta. Deve interessarci soprattutto che al centro dell’arte cinematografica ci sia la persona. E che questa arte sappia narrarne la bellezza”.
Convinzioni che confermano lo stile caratterizzante la presenza di Ente dello Spettacolo nel campo cinematografico e che sempre più ne preciseranno il cammino. Come espressione della Chiesa italiana nel cinema, essere al festival di Venezia, non solo in assoluto più antico, ma – mai come quest’anno – il più importante al mondo, diviene un obbligo morale, pur a prezzo di tante difficoltà e ostruzionismi.
Il lavoro competente e coraggioso del direttore artistico Alberto Barbera (con la presidenza saggia di Pietrangelo Buttafuoco) ha portato al Lido molte interessanti “visioni” dei più significativi cineasti mondiali e soprattutto ha offerto allo sguardo e alla coscienza di chi ama il cinema temi centrali dell’esperienza umana, oggi bisognosi di approfondimento e condivisione, oltre la logica emozionale e sensazionalistica della comunicazione. Può la Chiesa non stare in un luogo così centrale del dibattito culturale, dove vengono poste riflessioni – con il linguaggio universale dell’arte cinematografica capace di parlare a centinaia di milioni di persone nel mondo?
Il ruolo di Fondazione Ente dello Spettacolo è di creare occasioni di conoscenza e dialogo tra Chiesa, autori, artisti, addetti ai lavori e pubblico. Solo con la presenza costante (non solo in questo Festival), con l’incontro e l’amicizia è possibile curare e incrementare il dialogo tra cultura, società e spiritualità, in un'epoca in cui il cinema di qualità, come quello visto a Venezia, desidera ingaggiarsi con la vita, affrontare le grandi questioni – spesso silenziate o trascurate, specie quando riguardano gli ultimi – che animano i nostri tempi.
Questo cinema è alleato prezioso dell’uomo e della Chiesa perché orienta lo sguardo verso il dolore delle persone, le tragedie nascoste, l’umanità negata o violentata, i segni di speranza, le possibili resurrezioni. L’arte non può solo stupire per la migliore qualità formale ed estetica ma deve saper interrogare la realtà a partire dalla testimonianza degli autori che la propongono. Sono necessari oggi registi, attori, autori che si compromettano con il reale e pongano domande sul nostro tempo e sul cammino dell’uomo. La proposta che i cristiani offrono – l’incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo – necessita di opportune domande per essere desiderabile: le stesse sollevate dai film visti a Venezia e dai migliori in circolazione.