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Juliette Binoche
A quarant’anni dalla sua prima apparizione sulla Croisette, Juliette Binoche presiederà la giuria del 78° Festival di Cannes, che assegnerà la Palma d’Oro sabato 24 maggio. Binoche raccoglie il testimone da Greta Gerwig: per la seconda volta nella storia del Festival sarà una donna a guidare la giuria di Cannes. “Non vedo l'ora di condividere queste esperienze di vita con i membri della giuria e il pubblico. Nel 1985, ho salito per la prima volta i gradini con l'entusiasmo e l'incertezza di una giovane attrice; non avrei mai immaginato di tornarci quarant’anni dopo nel ruolo onorario di Presidente della giuria. Apprezzo il privilegio, la responsabilità e l'assoluta necessità di umiltà”.
Con una carriera costellata da circa 70 film e 40 anni di curiosità artistica dal suo primo ruolo importante in Rendez-vous di André Téchiné, presentato in anteprima a Cannes nel 1985. “Sono nata al Festival di Cannes”, afferma spesso. Quattro decenni dopo, è diventata una star internazionale e ha ispirato la scena creativa mondiale: ha collaborato con Michael Haneke (Austria), David Cronenberg e Abel Ferrara (USA), Olivier Assayas, Leos Carax e Claire Denis (Francia), Amos Gitaï (Israele), Naomi Kawase e Hirokazu Kore-eda (Giappone), Krzysztof Kieślowski (Polonia) e Hou Hsiao-hsien (Taiwan)…
Nessun film esprime meglio questo appetito sconfinato di Copia conforme di Abbas Kiarostami, che le è valso il premio come migliore attrice a Cannes nel 2010: diretta da un regista iraniano nella campagna toscana, Juliette Binoche illumina questa storia universale mescolando amore e arte e i loro falsi pretesti per coglierne meglio la verità. Dopo il suo quinto film nella Selezione ufficiale, ne sono seguiti altri quattro, fino a Il gusto delle cose di Trần Anh Hùng nel 2023.
Vincitrice dei premi più prestigiosi (Oscar, Bafta, César, premi ai festival di Berlino e Venezia), Juliette Binoche non cerca il virtuosismo, preferendo affidarsi solo all’emozione e alla sfuggente verità del momento. È senza dubbio incoraggiata, come ha sottolineato Louis Malle dopo Il danna, dalla “sua storia d’amore con la macchina da presa, dalla sua presenza e intensità stupefacenti”.