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Julietta Binoche (credits: Karen Di Paola)
“Non si può mettere il cuore in frigorifero. Bisogna rispettare i propri sentimenti e le proprie emozioni e avere il coraggio di essere sé stessi”. Parola del Premio Oscar Juliette Binoche protagonista del film Incroci sentimentali, in sala dal 17 novembre con Europictures, nel quale interpreta Sara, una donna che si ritrova in una “sorta di sandwich tra due uomini”.
Un ménage à trois: se da una parte c’è Jean (Vincent Lindon) che convive da diversi anni con lei e del quale sembra essere innamorata, dall’altra c’è il suo ex Francois (Grégoire Colin), una fiamma che non si è mai spenta. Diretto da Claire Denis (Chocolat, L’amore secondo Isabelle, High Life), vincitore dell’Orso d’argento alla Berlinale 72° per la miglior regia, e scritto dalla stessa regista insieme a Christine Angot, il film adatta sul grande schermo un romanzo di quest’ultima dal titolo Un tournant de la Vie.
“Inizio sempre scavando all’interno per capire quello che un personaggio risveglia in me- racconta l’attrice-. Sono molto viziata perché mi offrono dei ruoli che mi appassionano (ora sta lavorando a una serie tv dal titolo The New Look sulla storia di Christian Dior e Coco Chanel, ndr). Già ho lavorato su un testo di Christine Angot e Claire Denis, in particolare su L’amore secondo Isabelle. Per cui avevo molta voglia di iniziare questa nuova avventura, che racconta una storia realmente successa a Christine. Claire Denis si è distaccata dalla storia originale e l’ha fatta più sua, incentrandola maggiormente sui due uomini: aveva compassione per l’uomo tradito e ha voluto dare attenzione a quest’ultimo”.
Un film che lascia molto spazio alla libera interpretazione. “Gli attori sono molto più liberi di quanto si creda. Ne L’amore secondo Isabelle e High Life Claire Denis mi ha sempre lasciata libera di andare in una direzione diversa e più nuova. Qui al contrario ho seguito alla virgola ogni parola scritta, per deontologia e amore del testo scritto. Ciò non toglie che nell’interpretazione anche io sono rimasta sorpresa perché non si può prevedere tutto come nella vita altrimenti si risulterebbe falsi”.
In questo film interpreta una donna libera e forte. Le somiglia questa Sara? “Sara esige una libertà perché vuole essere autentica rispetto alle sensazioni e ai sentimenti che prova e andare fino in fondo in questa storia, senza mettersi in una tomba. Lo fa per amore nei confronti di Jean e anche di sé stessa. Un regista una volta mi disse che provava dei sentimenti nei miei confronti. Gli dissi: ma tu sei sposato. Mi rispose che non poteva mettere il suo cuore in frigorifero. Ed è vero. Non è possibile. Anche a me è successo di essere innamorata di due persone contemporaneamente. È stato un incubo perché ero lacerata e divisa. Sicuramente è un’esperienza comune a più persone. Mi capita di stare con una persona e essere colpita da qualcun’altra. È una grande lacerazione interiore. Nascono contraddizioni e istinti a vivere questi due amori impossibili. Alla fine Sara si libera da questi due uomini che da un lato sono amici e complici nel tenerla in pugno, dall’altro sono nemici e in competizione tra loro”.
Uno di questi appunto è interpretato da Vincent Lindon: “Non è stato facile recitare con lui perché lavora improvvisando molto. È stato difficile trovare un accordo perché è un partner molto diverso da me”. E sul desiderio femminile: “Non mi sembra che sia ancora un tabù. La novità è che sono le registe a parlarne e che loro occupino uno spazio sempre maggiore”.
Di recente si è tagliata i capelli per le donne dell’Iran. Quanto si può fare politica attraverso l’arte? “La parola politica è mescolata in tutte le salse nel bene e nel male. È come Dio, può essere abbinato a tante cose. Esprimere la propria solidarietà è un gesto umano. Le immagini che ci arrivano sono intollerabili. Sono al 100 per cento con queste donne e anche con gli uomini che stanno combattendo per questa causa”.
Infine conclude: “È un mistero che in Italia non vengano proiettati i film di Rossellini, Fellini e quelli di tanti altri importanti registi. Non c’è l’amore di rivedere dei film che siano fonte di ispirazione. Il ministro della cultura dovrebbe promuovere delle sale per proiettare questi capisaldi della cultura”.