“Nel film si percepisce un aumento del fascismo e dell’estremismo: problema che riguarda non solo la Francia, ma tutto il mondo”. Così la regista Delphine Coulin alla presentazione del suo film in concorso a Venezia 81 dal titolo Jouer avec le feu, girato a quattro mani insieme a sua sorella Muriel. Protagonista assoluto Vincent Lindon nei panni di un cinquantenne ferroviere vedovo di nome Pierre. Lui ha cresciuto i suoi due figli da solo: due ragazzi che si chiamano Louis (Stefan Crepon), il più giovane, che sta per lasciare casa e andare all’università di Parigi e Fus (Benjamin Voisin), un po’ più grande, affascinato dalla violenza e militante nei gruppi estremisti di destra, l’esatto opposto dei valori del padre.

“L’estrema destra ha continuato a crescere nei consensi e volevamo vedere come all’interno di un contesto familiare questo possa venire fuori”, dice Muriel Coulin, che ha lavorato fianco a fianco con la sorella, come specifica la stessa Delphine: “Facciamo tutto insieme, cinquanta e cinquanta: dalla sceneggiatura al montaggio alle riprese. Non abbiamo idee preconcette né specialità.
Accogliamo poi gli attori e cominciamo con la realizzazione del film”.

“Quando scelgo un film tutti pensano che il primo motivo sia l’argomento, ma per me la cosa fondamentale è che sia scritto bene altrimenti non lo faccio. Qui questa estrema violenza era descritta in modo eccellente e delicato. È un film che non dice questo va bene e questo no. Ma rispetta gli spettatori”, racconta Vincent Lindon.

Molto presente ovviamente anche il tema della paternità. “Mi si chiede se lui si senta responsabile di questo figlio estremista- prosegue Lindon-. I genitori cercano di fare quel che possono, si fanno tanti errori, ma chi ti sta davanti sceglie. Non esiste il bene e il male. È la vita che poi stampa qualcosa su questa tabula rasa. I figli scelgono il proprio destino quindi il padre non è del tutto responsabile. Ho cercato di non pensare ai miei figli e di dimenticare chi sono io come padre per impersonarmi al meglio in questo personaggio. Ma alla fine senza che me ne rendessi conto sono riuscito a mescolare insieme la mia vita e il personaggio del film”. E sui suoi due “figli”: “Ho lavorato con due future star del cinema ed è bello passare il testimone a loro”.

“Di questo film mi ha colpito il tema specifico del cambio di ideologia di una generazione- dice Stefan Crepon-. In questi ultimi anni la parte di elettorato estremista sta crescendo grazie alle ideologie di comunicazione che parlano direttamente a questa gente. E il bello è che questo film pone delle domande anziché dare delle risposte”. E Benjamin Voisin: “Si pensa spesso che questi giovani estremisti abbiano dei problemi. Le cose non sono solo bianco o nero. Bisogna capire quale è la situazione di fronte alla politica attuale e la complessità del mondo”.

Infine Vincent Lindon sul suo modo di entrare nei personaggi dice: “Ho tanti difetti: leggo poco e non visito musei, ma guardo tutti e osservo le persone e credo che l’abito faccia il monaco. Credo notevolmente nell’aspetto fisico, sono affascinato dalle persone di ogni rango sociale, dal cameriere al tassista, ci parlo per ore e amo vedere come si muovono. Mi piace imitarle. In questo film per esempio ho pensato alla divisa del ferroviere”.

E Delphine Coulin infine puntualizza: “Vincent è un po’ modesto in lui c’è tanto coraggio la prima notte delle riprese lo abbiamo portato sui treni e ha indossato una divisa, ma ci voleva coraggio a salire sui tetti con i fili. Bisogna imparare a nuotare buttandosi nell’acqua del mare e è questo quello che fa Vincent Lindon”.