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Jamie Lee Curtis (foto di Karen Di Paola)
Se Jane Fonda non l’avesse preceduta nel 2017, Jamie Lee Curtis potrebbe fregiarsi del titolo di prima figlia d’arte ad aggiudicarsi il Leone d’oro alla carriera. Tuttavia essere la seconda non rende meno importante il traguardo raggiunto dall’attrice (nata a Los Angeles il 22 novembre 1958 dall’unione fra Tony Curtis e Janet Leigh), non solo perché tale riconoscimento le permette di superare con un balzo il palmarès degli illustri genitori, ma poiché viene premiata in quanto interprete orgogliosamente “di genere”.
Difatti la cerimonia si svolgerà durante la 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia mercoledì 8 settembre, prima della proiezione di Halloween Kills di David Gordon Green, in cui la Curtis torna a vestire il personaggio (creato da John Carpenter e Debra Hill) che le ha spalancato le porte del cinema: Laurie Strode, la (ex) babysitter adolescente che ha affrontato e (temporaneamente) sconfitto Michael Myers nel cult carpenteriano Halloween – La notte delle streghe (1978).
“Sono incredibilmente onorata di ricevere questo premio dalla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia”, ha dichiarato Jamie Lee Curtis. “Mi sembra impossibile di essere stata così a lungo nel mondo del cinema da ricevere un riconoscimento alla carriera, e che ciò accada oggi, con Halloween Kills, è particolarmente significativo per me. Halloween ha lanciato e sostenuto la mia carriera e rappresenta davvero un regalo il fatto che questi film abbiano dato vita a un nuovo franchise, amato dal pubblico di tutto il mondo.”
E dire che, dopo le apparizioni nei sequel Il signore della morte (Halloween II, 1981), Halloween III – Il signore della notte (1982, solo come voce) e Halloween – 20 anni dopo (1998), la Laurie della Curtis era stata eliminata all’inizio di Halloween – La resurrezione (2002). C’è voluto il dittico fracassone di Rob Zombie (composto da Halloween – The Beginning, 2007, e Halloween II, 2009, in cui la giovane Strode ha il volto di Scout Taylor-Compton) per far capire che, se si voleva salvarne l’eredità presso le nuove generazioni, era assolutamente necessario riportare la saga alle atmosfere originali.
Ed ecco che nel 2018 (con la benedizione di Carpenter e lo zampino della Blumhouse) Halloween di David Gordon Green fa piazza pulita dei vari capitoli precedenti e si pone come seguito diretto dello storico capostipite, mostrando Michael che, alla vigilia di Halloween, evade nuovamente e si dirige ad Haddonfield per ricominciare la strage. Lì però lo aspetta Laurie, che si sta preparando da quarant’anni alla resa dei conti ed è pronta a tutto pur di proteggere dall’Ombra la figlia Karen (Judy Greer) e la nipote Allyson (Andi Matichak).
Più tosta e combattiva che mai, la sessantenne Jamie Lee Curtis imbraccia il fucile e mostra al mondo chi comanda, portandosi a casa il Saturn Award come miglior attrice e trasformando il nuovo Halloween sia nel capitolo di maggior successo dell’intera saga (costato 10 milioni dollari, ne ha incassati oltre 250), sia nel miglior debutto horror di sempre al botteghino con una protagonista femminile. Halloween Kills inizia esattamente dove termina il film precedente: Laurie, gravemente ferita è convinta di aver finalmente ucciso la sua nemesi fra le fiamme, ma ovviamente si sbaglia e la notte delle streghe sarà ancora lunga per le donne di casa Strode.
Tre figure muliebri che potrebbero anche essere viste come le fasi della carriera della stessa Curtis, ossia la ragazza dotata di fascino particolare che si impone come nuova e atipica scream queen dell’horror (da Fog del pigmalione Carpenter, 1980, in cui appare pure la madre Janet Leigh, a Roadgames di Richard Franklin, 1980, passando per Prom Night di Paul Lynch, 1980, e Terror Train di Roger Spottiswoode, 1980), la giovane ed energica donna che si destreggia con intelligenza fra commedia (Una poltrona per due di John Landis, 1983, Un pesce di nome Wanda di Charles Crichton, 1988, Creature selvagge di Fred Schepisi e Robert Young, 1997), dramma sentimentale (Perfect di James Bridges, 1985, Amore per sempre di Steve Miner, 1992) e azione (Blue Steel di Kathryn Bigelow, 1990, True Lies di James Cameron, 1994), senza disdegnare il B-movie (Virus di John Bruno, 1999), e la signora che da un lato ribadisce il proprio carisma (Il sarto di Panama di John Boorman, 2001) e dall’altro sfida il passare del tempo sfoderando la sua autoironia (Quel pazzo venerdì di Mark Waters, 2003, Fuga dal Natale di Joe Roth, 2004, Cena con delitto – Knives Out di Rian Johnson, 2019, per non parlare della serie tv Scream Queens, 2015-2016).
Citando il Direttore di Venezia Alberto Barbera, la Curtis si è sempre dimostrata “un’artista che sa calibrare tono e stile con impeccabile abilità e grazia”. Non stupisce quindi che si sia detta orgogliosa e felice di accettare il Leone d’oro “da parte di Laurie e di tutte le coraggiose eroine nel mondo che affrontano a testa alta ostacoli insormontabili e che rifiutano di arrendersi”.