James Cameron ha abbracciato il digitale, ma senza dimenticare l’umano. Pensiamo ad Avatar. Sarebbe stato più facile (e anche meno oneroso) creare dei personaggi solo con gli effetti speciali. Ma lui ha rifiutato. Voleva degli uomini in carne ed ossa dietro ai suoi Na’vi. Il suo è uno spirito da kolossal, spettacolare nelle immagini e negli intenti, che però non accetta di essere puro artificio. Vuole che una scintilla, anche spirituale, continui a esistere dentro a cose dell’altro mondo.

Quella luce la si ritrova nell’autobiografia “visiva” presentata alla Mole Antonelliana di Torino. Il titolo della mostra al Museo Nazionale del Cinema è The Art of James Cameron, e la si potrà visitare dal 26 febbraio al 16 giugno. Sono esposti centinaia di disegni, dipinti, oggetti di scena, costumi, fotografie e tecnologie 3D realizzate o adattate dal regista stesso. Cameron rende fruibile il suo archivio privato.

James Cameron
James Cameron

James Cameron

Lo spazio viene diviso in aree tematiche: "Sognare ad occhi aperti", "La macchina umana", "Esplorare l'ignoto", "Titanic: Viaggio nel tempo", “Creature: Umani e Alieni” e "Mondialità selvagge". Alcuni esempi: per costruire il Titanic, e per dare la suggestione al pubblico di essere a bordo del transatlantico, Cameron ha fatto ricorso alla computer grafica con soluzioni in 3D per modellare l’affondamento.

È un lavoro che ha richiesto più di sei mesi. Ha usato la tecnica delle inquadrature in miniatura, ideando modelli in scala del Titanic (della lunghezza massima di 12 metri) e degli utensili a bordo per simulare le sequenze dello schianto. Ha plasmato la realtà, puntando sull’anima immersiva del progetto. E ancora. In Aliens – Scontro finale il regista ha chiamato sedici marionettisti per muovere la regina xenomorfa, alta più di quattro metri, sempre in collaborazione con Stan Winston, maestro e mentore degli effettisti a Hollywood. Cameron voleva evitare che sembrasse astratta, voleva che fosse un incubo tangibile.

Il suo è un cinema gargantuesco, ma che in verità rivendica le radici. Pensiamo all’incedere dell’epopea di Avatar. Il primo capitolo si sofferma sulla terra, il secondo sull’acqua, e il terzo sarà sul fuoco, sull’aria. Lo vedremo in sala alla fine dell’anno. Cameron si appassiona quindi alla contaminazione. I generi non sono più rigidi. Aliens – Scontro finale è un horror che abbraccia la fantascienza. The Abyss unisce l’avventura alla scoperta di nuovi mondi. È la ricerca di un’essenza mai scontata, di un dialogo tra culture che ha bisogno di essere alimentato. E si torna all’umano.

Il protagonista di Avatar sposta la sua anima in un altro corpo. Rifiuta le sue origini terrestri, attacca il mondo capitalista come lo conosciamo. A unirsi sono la mitologia, la speranza di un futuro migliore e la coscienza ambientale (la connessione con Eywa). Ma l’errore più grande sarebbe convincersi che Cameron sia un regista di un altro universo, che non ha i piedi, come si dice, ancorati al suolo del nostro pianeta. Che ama divertirsi “solo” mescolando la commedia e il catastrofico (True Lies), che ha bisogno dell’apocalisse per sentirsi a casa (Terminator – Il giorno del giudizio).

Avatar in Italia era uscito il 15 gennaio del 2010. L’invasione dell’Afghanistan e il conflitto iracheno erano vividi agli occhi di tutti. Per questo il film è una questione di sguardo. Come raccontare il presente dalla parte degli indifesi? Come ribaltare il punto di vista senza essere tacciati di revisionismo? Cameron risponde dando vita a un altro corpo, a un altro mondo. L’ultracorpo non è una minaccia, ma la salvezza: uscire da sé stessi per ribaltare la prospettiva e interrogarsi sull’identità di un Paese.

The Art of James Cameron - Museo Nazionale del Cinema di Torino
The Art of James Cameron - Museo Nazionale del Cinema di Torino

The Art of James Cameron - Museo Nazionale del Cinema di Torino

(Andrea Guermani)

Avatar è stato anche un esempio cristallino di come l’immaginario post-11 settembre fosse ancora ben radicato negli incubi di ognuno di noi. Se Cloverfield di Matt Reevs può essere considerato uno degli apripista, Avatar ne ha raccolto l’eredità. Pensiamo alla sequenza in cui viene attaccato l’Albero della Vita. I bombardieri si schierano, la pioggia di fuoco è implacabile. La caduta di quel simbolo ricorda le Torri Gemelle. Ma chi sono quindi gli americani? Gli invasori o le vittime? È proprio qui il colpo da maestro di Cameron. È stato capace di distribuire il DNA di una nazione su due popoli. Da una parte il soldato per eccellenza è a stelle e strisce. E ricordando il Vietnam e le politiche ben poco pacifiche della famiglia Bush, è naturale identificare Washington con l’invasato Colonnello Miles Quaritch. Dall’altra c’è il popolo. I Na’vi sono tutti coloro che quell’11 settembre 2001 hanno visto esplodere ogni certezza, si sono sentiti violati da qualcosa che pensavano non li riguardasse. Forse è proprio per questo che, all’ultimo momento, Cameron ha perso la statuetta più ambita in finale contro l’ex moglie Kathryn Bigelow e il suo The Hurt Locker.

Cameron non è quindi solo un sognatore. Il suo talento nasce dal disegno. Si ispira ai fumetti, ai libri sci fi, ma soprattutto all’attualità. Ha il cuore di un illustratore e il talento di un menestrello che canta di imprese impossibili, ma sempre vicine a noi. Ha un carattere innovativo, è determinato nel costruire, nell’immergersi in odissee creative. Mette tecniche pionieristiche al servizio della narrazione. Attraverso i decenni la sua arte si è fatta progressivamente più sofisticata, esplorando temi delicati come la minaccia nucleare o il pericolo di un clone di HAL 9000. Sembra incredibile che all’inizio per mantenersi realizzasse manifesti per il teatro e concept art per film a budget ridotto. Fino al 1984, con l’uscita di Terminator, che lo consacra a livello internazionale.

Terminator - Drawing by James Cameron
Terminator - Drawing by James Cameron
Terminator (James Cameron, circa 1982)

Contiene molti degli elementi che caratterizzeranno il suo cinema: il cyborg, l’inquietudine apocalittica, l’umanità in crisi, l’IA fuori controllo, il lato oscuro della tecnologia, la sperimentazione di nuovi effetti speciali, l’attenzione per i dettagli. Da allora Cameron è protagonista di un continuo testa a testa con Steven Spielberg per i record al botteghino, ed è al secondo posto nella classifica stilata da The Numbers tra i cineasti che hanno incassato di più nella storia. Per dare forma a uno Schwarzenegger di metallo e silicone, è stato necessario un lavoro di sei mesi.

Sulla base dei disegni di Cameron, fu creato un pupazzo del cyborg, prima stampato in argilla, poi in gesso, con nervature in acciaio, e quindi verniciato e cromato. I suoi sono guerrieri, che sfidano il delirio a cui l’industria dello spettacolo (e non solo) è andata incontro nei decenni. Ed è tra i pochi sopravvissuti. Forse a salvarlo è stato lo sguardo da sognatore. Immaginava un domani in cui il 3D sarebbe diventato una consuetudine. Non è andata così, ma i suoi titoli restano i più attesi in ogni stagione. La Mostra, dopo Parigi, sbarca a Torino, ma non si propone solo come un omaggio. È un viaggio in una mente non convenzionale, pronta a portarci in orbita e a, come diceva Lynch, connetterci con la luna.