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Dopo il successo di Un piccolo favore, Paul Feig torna dietro la macchina da presa con Un altro piccolo favore (titolo originale A Simple Favor 2), portando con sé il suo inconfondibile stile, che mescola ironia e suspense, eleganza e dramma. Oltre al ritorno del duo Anna Kendrick e Blake Lively, nei ruoli di Stephanie e Emily, e di Henry Golding, in questo capitolo troviamo anche gli italiani Michele Morrone, Elena Sofia Ricci e la comica Allison Janney.
Feig ci offre un sequel che mescola ancora una volta misteri e segreti, usando una cornice più intrigante e lussuosa come l’isola di Capri. Il regista, noto per il suo tocco brillante in commedie come Spy e Ghostbusters, affonda le mani nella trama, arricchendola di nuovi colpi di scena, ma mantenendo intatto il suo spirito di leggerezza.
Feig gioca anche con l'immagine, la moda e le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi, in un film che non smette mai di sorprendere (forse anche troppo), tra colpi di scena, intrighi e una punta di sofisticata ironia. Un altro piccolo favore uscirà in tutto il mondo il 1° maggio su Prime Video.
Il filmmaker, che nutre un amore profondo per l’Italia, come dichiarato da lui stesso: “Vengo qui da oltre 30 anni con mia moglie”, non si è lasciato sfuggire l’occasione per essere presente alla tappa romana di presentazione del film. A metà tra un dandy e un gentiluomo inglese, elegantissimo con una giacca a scacchi rossa e nera, cravatta, gemelli ai polsi e church in pendant ai piedi, Paul Feig si è lanciato in una piacevole chiacchierata sullo stile, l’attenzione ai personaggi femminili, le locations e il gin, che è un’altra delle sue cose preferite.


Perché ha scelto di fare un sequel?
Di solito non mi piacciono, lo ammetto, ma il primo film era andato davvero bene in streaming e amavo così tanto questi personaggi che ho pensato di provare. Per farlo però avevo bisogno di una nuova storia, qualcosa da ambientare da un’altra parte del mondo, ero ossessionato dal matrimonio di Giovanna Battaglia a Capri e volevo ricrearlo in un film, così è nata l’idea, ho trovato la chiave di lettura giusta dopo due anni di sceneggiature, doveva essere perfetto e avere al suo interno sia il fashion che i giusti plot twist.
Parlando di Capri, è sorprendente come abbia scelto non solo i luoghi iconici dell’isola, ma anche i più belli, quelli meno famosi. Come ha fatto?
Io e mia moglie siamo degli habitué, andiamo lì ogni anno da 30 anni e conosciamo tutti sull’isola. Nel film volevo far vedere i miei posti preferiti, e per alcuni versi ci sono riuscito, anche se di tutto il tempo che dovevamo girare lì, ci siamo dovuti accontentare di una settimana e mezza perché il governo italiano ci ha comunicato che stava arrivando il G7 e saremmo dovuti andare via. Anche se non sono riuscito a mostrare tutto ciò che avevo in mente sono molto orgoglioso del risultato.
I suoi film hanno sempre un buon equilibrio di thriller, commedia e romance. Come ci riesce?
Perché è quello che amo io stesso! Ma soprattutto credo che all’interno della storia ci debba essere una componente di autenticità, deve essere qualcosa di possibile, perché se fai tutto in maniera poco credibile alla fine si rivela falso, e il pubblico se ne accorge, questi personaggi sono sicuramente persone estreme in estreme situazioni, ma sono reali, veri, altrimenti il risultato sarebbe solo stupido.
Le donne dei suoi film sono sempre al centro della narrazione, spesso accompagnate da look importanti, che le caratterizzano. In questo sequel l’eleganza è usata come una maschera per Emily, per mostrare le sfumature del suo lato oscuro. Come ha lavorato su questo aspetto?
Nel primo film Emily ha delle “power suit” che determinano tutto il suo carattere e potere, ma in questa storia si sta per sposare e tutto deve essere portato all’eccesso, perché in qualche modo deve mostrare il ruolo che sta interpretando, qualcosa che vada oltre il glamour e oltre la femminilità. Devo dire che Blake poi è davvero brava a dare il suo contributo, ha lavorato con la nostra costumista Renee Ehrlich Kalfus, scavando nel personaggio, per esempio quando la vediamo per la prima volta ha un outfit che ricorda una tuta da prigione, quella è stata una sua idea. All’inizio abbiamo pensato potesse essere difficile da comunicare, ma giocando con lo stile, aggiungendo delle catene come cinte, il risultato è stato incredibile. È stato molto divertente anche contrapporre il personaggio di Stephanie, che è una mamma del Midwest con un suo personale modo di vestire, che differisce completamente da quello di Emily e non cerca neanche di competere, anche perché sa che sarebbe impossibile.


Lei stesso è molto attento allo stile, quanto è importante circondarsi di bellezza, cercarla nelle piccole cose di tutti i giorni?
Avere uno stile è tutto, non importa quale esso sia, non deve essere condizionato dal classico completo o dalle regole del fashion, ma è inevitabilmente il nostro biglietto da visita, ci dice chi siamo al primo impatto, e buttare tutto ciò che riguarda la prima impressione al vento non curandosi affatto di come si appare non lo capisco, perché è inevitabile che mostri qualcosa di te, della tua personalità. Il mondo della moda è molto interessante, soprattutto per la mia generazione, i nostri genitori erano decisamente più rigorosi nel modo di vestire e per noi adottare stili non canonici era anche e soprattutto un modo per ribellarci, ma ora che senso ha farlo? I giovani dovrebbero tenerci di più.
C'è molto di lei nel film, a parte un divertente cameo, si parla del Martini cocktail. Qual è il Martini perfetto per un intenditore come lei
Nel film mi sono avvalso dell’esperienza di Alessandro Palazzi, storico bartender del Dukes di Londra, per lui per avere un Martini perfetto, tutto deve essere ghiacciato, dal bicchiere al gin da mixare con il vermut, ma avviso che il risultato è molto forte. Io sono più per un Martini semplice, mescolato, proprio come Emily.