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Ryan Coogler sul set de I peccatori - © 2025 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. Photo Credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures
Gli horror che spesso fanno più paura, che continuano a perseguitare lo spettatore anche giorni dopo la visione, sono quelli che hanno un forte legame con la realtà e in cui l’elemento soprannaturale è un pretesto per parlare d’altro.
Questo è stato il punto di partenza per Ryan Coogler nel momento in cui si è cimentato per la prima volta nella sua carriera con il genere. I peccatori, il suo quinto film (nelle sale dal 17 aprile) è innanzitutto la storia del ritorno a casa di due gemelli, interpretati da un doppio Michael B. Jordan.
Uno dei protagonisti principali del film è però il luogo, il Mississippi: “Si tratta della cosa più personale abbia mai scritto finora” rivela il regista di Creed e Black Panther. “Questo film mi ha permesso di unire molti puntini riguardo e di recuperare un periodo di cui la mia famiglia non parla molto. Mio nonno, scomparso prima che nascessi, era del Mississippi come mio zio James con cui sono cresciuto in California. Lo stretto rapporto che ho avuto con lui si è basato sui suoi racconti del luogo e sulla musica blues che ascoltava quando me ne parlava”.
I peccatori è il racconto di una comunità che parte da un genere musicale che la definisce: il blues. “La musica del diavolo”, insieme al rap, al jazz e all’R&B, è uno dei semi della black culture. “Nel film sono racchiuse le esperienze di artisti come Tommy e Robert Johnson. C’è la cultura Hoodoo e tutto l’immaginario a essa connesso”. In questo senso, il sodalizio con il premio Oscar Ludwig Göransson è stato più importante del solito. “Una delle due trame principali parla di un chitarrista per cui mi è sembrato che avessi scritto il film perfetto per lui. Ludwig, prima di essere un compositore, suona la chitarra. Ha imparato da suo padre che era un grande amante del blues e gli ha trasmesso la sua passione. Mi ha accompagnato in Mississippi, durante la ricerca delle location per le riprese. Siamo anche stati nel club di Indianola dove si è esibito B.B King”, racconta Coogler.


Michael B. Jordan in I Peccatori - © 2025 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. Photo Credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures
Il quinto film del regista statunitense, seppur “piegando i confini del genere”, rientra nel filone del black horror che, dall’exploit nel 2017 di Get Out di Jordan Peele, è diventato centrale come mai in precedenza a Hollywood. Se l’horror, come rivela Coogler, “è un genere paradossale perché pensato per intrattenere, ma allo stesso tempo capace di regalare grandi opere”, quello legato alla cultura black funziona molto più oggi, rispetto al passato, perché calato in una contemporaneità dove la consapevolezza è aumentata. Il razzismo è efficace quanto il soprannaturale, anzi, è qualcosa che sembra impossibile da sconfiggere e la prima soluzione che risuona in testa è appunto: “scappa”.
L’alternativa è riappropriarsi delle proprie radici e rivendicarle: per questo i vampiri, i personaggi archetipali, ma soprattutto la musica. Nell’ultimo anno e mezzo negli Stati Uniti è iniziato un processo radicale in quest’ambito. Da un lato l’hip hop, dove è tutto più “semplice” grazie a fenomeni come Kendrick Lamar e Doechii, dall’altro il country. Quanto fatto da Beyoncé con Cowboy Carter, album dell’anno agli ultimi Grammy Awards, è far riconquistare un genere alla comunità black e il fatto che all’inizio le radio di settore si rifiutassero di passarlo la dice lunga sulla strada da compiere.


Michael B. Jordan e Miles Caton in I Peccatori - © 2025 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. Photo Credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures
Rimanendo nella musica, Ryan Coogler, parlando delle influenze di questo suo primo horror, cita anche A proposito di Davis dei fratelli Coen: "Il loro film del 2013, insieme a Fargo, The Faculty di Robert Rodriguez e la cinematografia di Carpenter sono stati i miei riferimenti. Tuttavia, la mia principale ispirazione è stata letteraria: Salem’s Lot (Le notti di Salem) di Stephen King”.
Se gran parte della trama rimane ancora un mistero – dal trailer si comprendono solo degli spunti essenziali, tra cui anche l’ambientazione d’epoca – sul lato tecnico il regista non è stato avaro di dettagli. I peccatori è girato in celluloide, un ritorno a questo tipo di supporto dopo il film di debutto Fruitvale Station (2013): “Era l’ideale per il periodo storico in cui si svolge la storia. È un film pensato per le sale, girato in un grande formato, in cui si alternano la Super Panavision e la pellicola 143 IMAX, 15 Perth. Questo lo rende allo stesso tempo qualcosa di antico e moderno”.
Che poi, quest’ultimo, è uno degli aspetti che rendono unico l’horror. “Sembra esistere da sempre. La prima storia che l’essere umano ha raccontato attorno al fuoco probabilmente era una storia dell'orrore”, spiega Coogler. Le storie ci definiscono e ci aiutano nella comprensione della realtà, soprattutto quelle che ci fanno più paura.