“In Giappone non esiste l’affido congiunto. C’è una legge nella sua assurdità molto semplice. Risale circa a centocinquant’anni fa e dice che in caso di separazione il genitore che si prende il ragazzino per primo se lo tiene e ha diritto ad avere la custodia del figlio”. Dopo Le nostre battaglie Guillaume Senez torna a dirigere Romain Duris raccontando il Giappone di oggi da un punto di vista inusuale, non da cartolina, e un enorme fenomeno di massa: “Si parla di 150, 200.000 bambini l’anno che vengono rapiti da uno dei genitori che si separa, riguarda sia le madri che i padri”.

Il film, evento di chiusura del Rendez Vous – Festival del Nuovo Cinema Francese, che ne parla si intitola Ritrovarsi a Tokyo (in originale Une part manquante) e uscirà nei cinema il 30 aprile con Teodora. “È un fenomeno enorme riguarda 70% coppie giapponesi, ma anche tanti matrimoni misti come quelli che vediamo nel film” racconta il regista. “In Giappone questo argomento è un po’ un tabù. Non se ne parla perché è un paese in cui è molto difficile ribellarsi. È una questione che ha a che fare con lo status sociale. Il Giappone è uno stato molto patriarcale. La condizione della donna è molto complicata e su loro pesa questa cultura conservatrice. Molte non lavorano. Se poi una donna si separa e perde persino la custodia del figlio viene vista malissimo. Diventa una reietta della società. Quindi le donne cercano in ogni modo di prendere i propri figli. È un problema culturale e anche economico perché le donne dipendono dal marito visto che molte non lavorano”.

Guillaume Senez
Guillaume Senez
Guillaume Senez (Nicolas Guerin)

Nel film ogni giorno Jay percorre Tokyo in lungo e in largo a bordo del suo taxi, sperando di ritrovare sua figlia Lily. Il matrimonio con una donna giapponese è naufragato anni prima: l’unica possibilità che ha Jay di rivedere la figlia è incontrarla per caso in una grande metropoli. Quando ha perso ormai le speranze e sta per tornare in Francia, il destino sembra finalmente offrirgli un’occasione straordinaria. Ci sono certo manifestazioni, ma piuttosto moderate.

“Le proteste in Giappone non hanno nulla a che vedere con le manifestazioni a cui siamo abituati” spiega Senez. “Lì è tutto molto inquadrato e organizzato e nessuno alza mai la voce. Non ci sono slogan e ci sono persone mascherate da dinosauri, sembra quasi un carnevale o una festa. C’è paura ad esprimere questi sentimenti. I giapponesi tendono a essere molto controllati e non si espongono in maniera plateale. Sono per questo contenti quando ne parlano gli stranieri. Uno dei papà che ha ispirato il film, con due bambini che sono stati rapiti dalla madre, ha deciso di fare lo sciopero della fame durante le Olimpiadi a Tokyo proprio perché sapeva che Macron ci sarebbe andato. Infatti poi questa cosa è andata su tutti i media e i social e ha fatto molto più rumore di tutte le manifestazioni che c’erano state fino a quel momento”.

Sul tema della genitorialità presente in molti suoi film dice: “Fare un film è un lavoro difficile quindi io voglio parlare di qualcosa che mi sta a cuore. Le tematiche della genitorialità e della paternità mi interessano moltissimo. Ho fatto tre film che parlavano di questo argomento. Nel prossimo vorrei una protagonista femminile”.

Ritrovarsi a Tokyo
Ritrovarsi a Tokyo

Ritrovarsi a Tokyo

(Les Films Pelleas / Versus Production)

In questo film c’è anche un altro sotto tema: quello dell’immigrazione. “Un’immigrazione ribaltata cioè una maniera diversa di fare vedere al pubblico il problema dell’immigrazione. Un problema che non vogliamo vedere e di fatto spesso ci giriamo dall’altra parte. Allora invece di raccontare l’immigrazione come sempre ovvero un africano, un siriano e così via che arrivano in Italia o in Belgio abbiamo fatto il contrario ossia un francese che va in Giappone. Il viaggio ovviamente è più facile e meno accidentato, ma i temi sono sempre quelli: trasferirsi da stranieri in un paese così diverso non è semplice e questo personaggio che sembra completamente integrato alla fine viene cacciato via. C’è un razzismo sottostante in tutti i paesi nei confronti degli stranieri che arrivano”.

Infine su questo Giappone inusuale da lui raccontato spiega: “Fin dall’inizio ho voluto lavorare in sottrazione. Non mi piace il cinema che arriva in modo molto frontale. Sappiamo che Tokyo è una bellissima città dove tutto è perfetto. Mi ha aiutato molto la scelta delle musiche e ho lasciato molto spazio al direttore della fotografia proprio perché volevo avere uno sguardo diverso sul Giappone ed evitare la cosiddetta cartolina. Vediamo sempre il monte Fuji, i gattini, il sushi e il sakè. Intenzionalmente ho voluto togliere tutte queste cose. Non ho voluto vedere il Giappone da turista vedendo solamente il bello”.