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Pordenone Docs Fest (credits: Elisa Caldana)
Torna dal 29 marzo al 2 aprile 2023 il
Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario, il festival di Cinemazero nel capoluogo friulano giunto alla XVI edizione. Una rassegna ecologista, “all’insegna della qualità” per il direttore Riccardo Costantini con un programma densissimo: proiezioni in anteprima sempre presentate da registi ed esperti, convegni, laboratori, matinée, seminari, workshop, cine-concerti, presentazioni di libri, momenti industry, mostre fotografiche e installazioni urbane.Riccardo Costantini, il Festival conferma la sua vocazione all’attualità. Tanti i temi esplorati - il lavoro, l’inclusività, il femminismo, l’angoscia nucleare, l’ambientalismo- c’è un filo rosso che li lega?
Abbiamo preselezionato quattrocento lungometraggi valorizzando registi giovani, spesso indipendenti che lavorano con medio budget. C’è una controtendenza oggi per cui la diffusione del documentario su piattaforma ci abitua, come spettatori, ad istant movies che non hanno tempo di approfondire temi, contenuti o di dedicare un giusto tempo alle scelte cinematografiche. Noi proiettiamo opere cinematograficamente eccellenti che parlino al largo pubblico. I documentari possono essere agenti del cambiamento sociale perché toccano questioni aperte nella nostra società: diritti civili, parità delle donne, integrazione, migrazioni.
Tra le novità di questa edizione c’è il Nord/Est/Doc/Camp.
Un progetto di assoluta importanza perché a Nord-est, grazie alle Film Commission di Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige e relativi fondi per l’audiovisivo, c’è fermento produttivo. Spesso, però, come selezionatori notiamo che molte produzioni arrivano alla fine con la necessità di qualche aggiunta, confezionano buoni film che potrebbero essere ottimi. Da qui l’idea di un accompagnamento. I tutor seguiranno nei tre festival di Pordenone, di Trento e di Monselice ogni mese in modo intensivo il montato grezzo dei film dei ragazzi: è una spinta aggiuntiva per donare ai lavori più qualità.
Un’altra è Italian Doc Future.
Una sezione dedicata a film italiani che hanno avuto una prima a grandi festival internazionali e che secondo noi meritano altra visibilità. Quando un produttore ha finito il film, per come sono strutturati i piani di produzione oggi, non rischia più niente, né ha interesse a valorizzarlo, così questi titoli rischiano di non esser visti. Noi invece li riportiamo sul grande schermo, li facciamo vedere con tutti gli attori presenti, dialogando con gli altri registi.
Valeria Sarmiento, Costanza Quatriglio e Beatrice Fiorentino formano una giuria tutta al femminile. Altra prima volta.
Nella filiera del documentario ci sono donne eccezionali per qualità e capacità: è giusto ricordare il loro ruolo e valorizzarlo. Lasciami dire che avere in Italia una grande regista internazionale come Valeria Sarmiento è un regalo: mostreremo i suoi primi tre film mai proiettati nel nostro Paese. Il primo girato in Cile, l’altro completato dopo la fuga per il golpe di Pinochet, il terzo sul maschio latinoamericano e gli stereotipi di genere. In più, c’è la retrospettiva sulle origini del documentario femminista italiano con moltissimi documentari dimenticati, non visti all’epoca o casi televisivi negli anni Settanta che hanno portato avanti, in forma differente, istanze femministe necessarie nel nostro Paese. Oggi più che mai, c’è necessità di ripensare le origini del pensiero femminista e di riaggiornare queste battaglie.
Scorrendo il programma, però, l’impressione è che il cinema non basti.
Abbiamo allestito una grande mostra di Mattia Balsamini, fotografo di fama internazionale originario delle nostre terre, con cui indagheremo perché il buio nelle nostre culture sia diventato un bene raro: come civiltà sprechiamo molto a livello energetico e luminoso. Poi ci sarà Wiki Doc e una sezione industry intensiva. In più lezioni di cineasti originali e giovani come Francesco Montanier e Alessandro Redaelli, concerti jazz e un altro gran concerto finale. Sicuramente il documentario è il minimo comune denominatore ma il festival crea occasioni di ogni tipo per valorizzarlo.
Un titolo assolutamente da non perdere.
Te ne dico due: The lost soul of Siria, storia di un fotografo dei giustiziati nelle carceri siriane che trafuga le foto, fugge all’estero e le pubblica, consentendo almeno alle famiglie di sapere che il loro familiare è morto. Un film che racconta per la prima volta come il regime di Assad possa essere processato internazionalmente. Il secondo è My name is happy, sul femminicidio in Turchia. Quindi un film su Erdogan. Ne aggiungo un altro: Singing on the rooftoops, documentario spagnolo su un’anziana drag queen che costruisce una famiglia con una ragazzina che le è stata affidata in adozione per un breve periodo. Un film che celebra l’unione di persone diverse che imparano a condividere un pezzo di vita, aiutandosi.