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Pedro Armocida
Il Pesaro Film Festival spegne sessanta candeline, ed è giovanissimo. Dal 14 al 22 giugno illumina la città con un programma molto ricco, dedicato ai cinefili e a chi vuole emozionarsi anche solo per un giorno. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Pedro Armocida. “Per la sessantesima edizione, il festival ragiona anche sul suo passato. La formula, ripresa da Torino, è quella di concentrarsi sull’analisi, sull’incontro con gli autori, con uno spirito che non conosce età. Non dobbiamo dimenticare la storia, perché ci aiuta a capire il presente. Il cinema non è così anziano, è un’arte che ha appena raggiunto l’adolescenza. Noi amiamo le forme sperimentali, l’innovazione del linguaggio, la ricerca. Ieri come oggi è importante soffermarsi su questo aspetto”, spiega Armocida.
Quali novità?
Il concorso è aperto a opere di ogni durata e formato. Quest’anno i lungometraggi saranno più numerosi, ma si passa da titoli fluviali di 216 minuti a corti di 7. Il cinema è cinema sempre, senza barriere. C’è anche una parte legata ai videoclip, che è sempre motivo di orgoglio.
E la giuria?
Per noi è centrale. Ci saranno Júlio Bressane, un talento dietro la macchina da presa in Brasile, con cui Pesaro tempo fa ha mosso i primi passi; il produttore e cineasta spagnolo Luis Miñarro e l’attrice Myriam Mézières. Ognuno di loro sarà protagonista. Per Miñarro proietteremo il suo esordio Familystrip, per Mézières faremo vedere Una fiamma nel mio cuore di Alain Tanner e per Bressane, in collaborazione con Fuori Orario, proporremo due film inediti: Leme do Destino e l’anteprima mondiale di un lungo ancora sulla storia del cinema brasiliano.
Ci sarà anche tanta Italia.
È vero. Oltre a premiarli, realizzeremo un libro su Franco Maresco e su Ficarra e Picone. Saranno protagonisti di due eventi speciali. L’anno scorso c’era stato Giuseppe Tornatore. Siamo rimasti in Sicilia, a Palermo. Spesso ci si dimentica che Ficarra e Picone e Maresco hanno lavorato insieme, quindi non è una scelta così curiosa, come magari può sembrare ad alcuni. In ogni caso Pesaro ha sempre avuto una grande attenzione per i generi, come la commedia di Dino Risi. Purtroppo, sono argomenti che in Italia non vengono trattati, anzi spesso snobbati. Il terzo Evento Speciale sul Cinema Italiano - Premio Pesaro Nuovo Cinema 60 andrà a Luca Guadagnino, con monografia Marsilio, tavola rotonda e proiezione in piazza di Challengers.
E il manifesto?
È stato realizzato da Gianluigi Toccafondo, uno dei migliori “animatori” che abbiamo. Lui ha dato un’impronta chiave per il Festival e volevamo riaverlo quest’anno. Abbiamo otto o nove manifesti, che poi si animano nella sigla sempre da lui realizzata. Verrà anche Manfredo Manfredi, che terrà una masterclass. L’animazione è un settore sul quale puntiamo da tanto tempo. In Italia purtroppo non riceve ancora abbastanza sostegni in ambito pubblico. Siamo più indietro rispetto a Spagna, Francia e Germania. Non sappiamo se un film così bello come Invelle di Simone Massi, presentato alla Mostra di Venezia, vedrà mai la sala. È assurdo, è un problema, servono maggiori quote di investimento, anche dallo streaming. È un mondo in fermento, vivo, che avrebbe bisogno di più sostegno.
Qual è il punto di forza di Pesaro?
L’incontro, l’accompagnare, il discutere. Ricorderemo Adriano Aprà, uno dei fondatori del Festival. Ci sarà un tributo a Henry Mancini, che ha composto le colonne sonore di La pantera rosa e Colazione da Tiffany. Spazio anche agli anniversari: celebreremo in piazza i trent’anni di Forrest Gump.
Quale futuro?
Credo diventeranno protagoniste le forme ibride. Un esempio: I dannati di Roberto Minervini, che è a metà strada tra documentario e finzione. I paletti scompariranno. Il tentativo è di mettere tutto sullo stesso piano.
E per quanto riguarda i festival?
Sono ottimista. La funzione è di proporre l’esclusività di ciò che accade, che non siano solo le proiezioni. Faccio riferimento anche ai concerti, ma non solo. Noi diamo la possibilità al pubblico di gustarsi un capolavoro in pellicola mentre sono in spiaggia. E ancora: i Super8 di Arcangelo Mazzoleni, le sperimentazioni, i workshop. Poi la sera abbiamo organizzato cinque sonorizzazioni dal vivo. Passeremo da Paolo Spaccamonti a Ernst Lubitsch, per fornire un panorama completo.
Qual è il ricordo più bello che ha?
Quando ho conosciuto Carlo Delle Piane. Ho scoperto un grande uomo, scomparso poco dopo. In futuro vorrei poi invitare a Pesaro Rodrigo Sorogoyen, magari con il suo ultimo successo. È tra i pochi che sanno unire autorialità e vicinanza agli spettatori.