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Mostra del Cinema di Venezia 2018. Liliana Cavani riceve il Premio Robert Bresson da mons. Nunzio Galantino (segretario generale CEI dal 2014 al 2018)
Il 12 gennaio, Liliana Cavani compie 90 anni. La grande regista, nata a Carpi nel 1933, prima donna ad aver ricevuto il Premio Robert Bresson (il riconoscimento conferito dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e dalla Rivista del Cinematografo, sentito il parere del Dicastero per la Cultura e l'Educazione e del Dicastero per la Comunicazione, “per la testimonianza, significativa per sincerità e intensità, del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della vita”), ha segnato la storia del cinema italiano con film come Francesco d’Assisi, Galileo, I cannibali, Al di là del bene e del male, La pelle, Francesco. Negli ultimi anni si è dedicata soprattutto alla televisione (De Gasperi – L’uomo della speranza, Einstein, ancora Francesco) ma il prossimo anno, a distanza di ventuno anno da Il gioco di Ripley, tornerà sul grande schermo con L’ordine del tempo, dal libro di Carlo Novelli.
Per festeggiarla, riscopriamo un’intervista di Liliana Cavani a Luigi Saitta, pubblicata sul numero di novembre 1973 della Rivista del Cinematografo. La regista è sul set del suo film più celebre e controverso, Il portiere di notte, che sarebbe uscito l’anno dopo riscuotendo un grande successo.
Auguri, Liliana!
Il tema della colpa di Luigi Saitta
“Il film che ho appena terminato di girare e che è in fase di montaggio – mi dice Liliana Cavani – è forse quello che sento più mio, più vicino ai miei interessi culturali. Ho diretto infatti Francesco d’Assisi e Galileo praticamente su commissione, in quanto furono realizzati per la televisione italiana; l cannibali, invece, un film al quale sono particolarmente affezionata, prendeva spunto da una serie di avvenimenti sociali che erano di viva attualità nel periodo in cui fu girato, mentre L'ospite fu un'opera la cui realizzazione si deve ad alcuni elementi casuali, allorché infatti, in un cineclub, un gruppo di degenti di un istituto psichiatrico assistette ad un mio film”.
Insieme a Lina Wertmuller e Elda Tattoli, Liliana Cavani è l'unica regista cinematografica italiana, e, in questa esigua schiera, occupa senza dubbio un posto di tutto rilievo. La ragione più qualificante, in ogni caso, della popolarità di cui gode la regista emiliana, è data dal film sulla vita di San Francesco, una opera che l’ha fatta balzare al centro di polemiche, commenti, di dissensi e di consensi.
Queste reazioni, queste discussioni, che puntualmente si accendono sui suoi lavori, piacciono molto alla Cavani, tanto che più di una volta ha tenuto a precisare: “Voglio che i miei film siano così, altrimenti non li faccio”.
Siamo andati ad intervistare la regista nella sua tranquilla abitazione romana, durante un momento di pausa del suo lavoro. Più che di un'intervista formale, si è trattato di un colloquio amichevole, spontaneo, caratterizzato da sincerità e da vero spirito anticonformistico che hanno maggiormente evidenziato ai nostri occhi l’impegno culturale e morale, la seria preparazione professionale che costituiscono alcuni degli elementi di maggior spicco nella forte personalità della regista emiliana.
Il portiere di notte (questo il titolo del film) – prosegue la Cavani – mi è stato ispirato in gran parte da un fatto reale. Ero a Cuneo per realizzare l’inchiesta televisiva La donna della resistenza, quando incontrai una donna che era stata a Dachau e che, nonostante provasse disgusto ed orrore, mi confidò che vi tornava periodicamente, senza saperne esattamente i motivi. Il mio film narra infatti le vicende di un gruppo di ex nazisti che, per liberarsi dal loro complesso di colpa, si riuniscono in un albergo di Vienna, agli inizi degli anni ‘60, dove celebrano dei processi fittizi, accusandosi reciprocamente ma finendo con l’assolversi tutti. A questo punto la storia si arricchisce di un elemento nuovo, invertito rispetto agli schemi tradizionali: il ritorno sul luogo del delitto, anziché del carnefice, della vittima. Costei è una donna che è stata prigioniera, mentre era adolescente, in un campo di concentramento nazista, nei pressi di Vienna. Qui ella ha avuto un rapporto sentimentale con un nazista. lo stesso che, nell’albergo viennese, svolge le mansioni di portiere di notte. La vicenda pertanto si complica, anche perché intervengono gli ex criminali, e la tragedia ritorna a sconvolgere le loro esistenze”.
Chiediamo alla regista perché senta in modo particolare questo film, e se vi siano, per esempio, del le analogie con un soggetto simile, come Vincitori e vinti di Stanley Kramer – risponde la Cavani – ritengo che non ci siano punti di contatto, anche perché quel film verteva su uno dei tanti processi svoltisi a Norimberga appena terminata la guerra, mentre qui siamo in un periodo ben diverso. In questa mia opera – prosegue la regista – ho voluto affrontare in modo particolare il tema della colpa, un tema che è stato trattato, da un punto di vista letterario, da due degli scrittori cui sono maggiormente legata, Dostoevskij e Thomas Mann. Mi ha interessato inoltre approfondire, da un’angolazione psicologica, il rapporto tra vittima e carnefice, in una cornice che presenta dei riferimenti con la realtà abbastanza precisi e non certo casuali. In questo ambito va spiegata la scelta della città dì Vienna, ove esiste un centro di indagini sui criminali nazisti di cui soltanto una minima parte è stata condannata. Vi sono infatti decine di migliaia di criminali della seconda guerra mondiale che hanno ancora un conto in sospeso con la giustizia, ma che non sono stati rintracciati o identificati. Ed è la mia – continua la Cavani – una storia abbastanza inedita. inquietante. ricca di significati, di sfumature, di atmosfere. Un film nel quale credo moltissimo, dato che, per poterlo realizzare secondo i miei intendimenti, ha dovuto aspettare oltre due anni”.
Al contrario di altri suoi colleghi la Cavani non è prevenuta contro attori professionisti di una certa notorietà, e lo prova il fatto che in questo film appariranno come interpreti principali Dirk Bogarde, Charlotte Rampling, Gabriele Ferzetti, Philippe Leroy, lsa Miranda.
I giudizi su Bogard e sulla Rampling, da parte della regista, sono entusiasti (“un attore eccezionale”, “un’attrice sensibile di una bravura straordinaria”) ed assumono un rilievo particolare soprattutto per quanto riguarda l’attore inglese, se si tien conto del suo proposito di riprendere a lavorare per il cinema, dopo che in un primo tempo, aveva deciso dì abbandonare del tutto l'attività artistica. Dopo aver appreso che Il portiere di notte non sarà pronto prima di novembre, dato che la fase di montaggio e di doppiaggio si preannuncia particolarmente lunga e laboriosa, scambiano ancora qualche idea con la regista emiliana sulla situazione cinematografica.
Ad una specifica domanda riguardo i giovani autori cinematografici, la Cavani risponde di non conoscerne molti, e di non avere pertanto notizie aggiornate, anche se fa notare con una punta di compiacimento, che Gianni Amelio, uno dei giovani forse più promettenti di questi ultimi tempi, è stato suo “aiuto”. E alla richiesta di dirci chi sia il regista che abbia maggiormente esercitato un’influenza sulla sua formazione artistica, Liliana Cavani risponde senza esitazioni : “Buñuel per le sue tematiche graffianti e profonde, Hitchcock per lo stile e il modo superbo di raccontare sullo schermo”.