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La regista Laura Citarella
“Il mio film è una specie di trattato sul mistero”. A dirlo è la regista argentina Laura Citarella a proposito del suo Trenque Lauquen, film che lo scorso anno ha entusiasmato pubblico e critica alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti, e che ora uscirà al cinema, il 16 novembre, distribuito da Exit.
Suddiviso in due parti e con una struttura episodica, il quarto lungometraggio di Laura Citarella ruota intorno al mistero di Laura (interpretata da Laura Paredes, anche co-sceneggiatrice) scomparsa senza lasciare alcuna traccia a Trenque Lauquen, una piccola città della pampa argentina (da cui prende il titolo il film), dopo aver svolto per diversi mesi una ricerca botanica. I due uomini che la amano si mettono in viaggio per cercarla.
“Il film ha una relazione con la tradizione letteraria argentina per la temporalità, ma ha una struttura in capitoli, come le novelle - spiega -. Era una pellicola piena di storie, personaggi, misteri, punti di vista e carica di cose. Per organizzare tutti questi elementi era necessario avere una struttura molto chiara. Per cui ho deciso di fare questa suddivisione in capitoli. Volevo anche una struttura aperta, che fosse come uno spazio di mutazione. Inizia un mistero e il capitolo successivo ne apre un altro. È un film mutante che muta di genere e i capitoli servono proprio a questo: a dare delle sterzate e a cambiare l’andamento delle storie. Inizialmente la sceneggiatura era lineare, seguiva la cronologia, poi ci siamo resi conto che la storia della donna che sparisce, ovvero di Laura, era più appassionante se non si seguiva l’ordine cronologico degli avvenimenti. Anche per dare più senso alla sparizione di questa donna”.
E poi: “Il film parte con due persone che cercano questa donna e in questo modo lo spettatore si domanda chi è questa persona che è sparita e per quale motivo”.
Questa fuga improvvisa diventa il nucleo di una serie di misteri: la sparizione di Laura s'intreccia al segreto nascosto nei libri di una biblioteca, al carteggio amoroso di un’altra donna anch’essa scomparsa molti anni prima; ai misteriosi fiori gialli; al mistero della laguna di Trenque Lauquen e alla sua comunità sconvolta da un evento soprannaturale.
In questa storia, che contiene molte altre storie, la ricerca di sé e la ricerca dell’altro sono costantemente intrecciate, mentre vita sognata e vita vissuta coincidono. Il racconto filmico prosegue di mistero in mistero, attraverso una singolare narrazione ad incastro che consente all’autrice di riflettere su tematiche a lei particolarmente care come il femminismo – non solo per gli espliciti riferimenti ad Aleksandra Kollontaj –, ma anche di giocare con i generi, dal mistery al dramma, unendo vita e cinema in un’unica grande opera.
“È vero, è un film femminista, ma è un concetto pericoloso. Non voglio essere legata agli hashtag del femminismo. Sono contro le etichette, perché le cose sono più complesse. Mi interessa il femminismo nell’idea di portare il discorso dall’io al noi. Non è un film volutamente femminista, ma è intriso di femminismo”, conclude la regista.