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Franz Rogowski e Adèle Exarchopoulos in Passages - Courtesy of SBS Productions
“Volevo fare un film rischioso”. E in effetti Passages, il nuovo film di Ira Sachs lo è. Se non altro perché porta al cinema un grande tabù: il sesso tra omosessuali. Nonché l’attualissimo tema dell’essere fluidi. Chi lo ha fatto al cinema? A sentire parlare il regista di Little Men, I toni dell’amore - Love is Strange e tanti altri film bisogna guardare più al passato che al presente. “In passato eravamo molto meno repressi. Pensiamo che con il progresso le cose migliorino e diventiamo più aperti, ma non è così. Io, per fare questo film, sono dovuto invece tornare agli anni settanta e ottanta e mi sono ispirato ai film di Visconti come L’innocente, ma anche ad Accattone di Pasolini. Erano film pieni di immagini trasparenti in cui non c’era il senso della vergogna e del peccato”.
Per cui in Passages ci sono diverse scene di sesso anche molto dettagliate: “Da regista so bene che non si possono scrivere le scene di sesso. Puoi creare il quadro, ma poi sta agli attori interpretarle. Il mio lavoro è quello di creare una zona comfort e con dei limiti, poi si lascia spazio all’interpretazione. Sono quello che li dirige, ma sono anche un osservatore. Creo questa tensione iniziale nella quale poi possono esprimersi liberamente”. Protagonista di questo triangolo amoroso è il regista Tomas (Franz Rogowski), sposato con Martin (Ben Whishaw), che inizia una relazione extraconiugale con una giovane insegnante di nome Agathe (Adèle Exarchopoulos). Un’esperienza eccitante che desidera approfondire.
Presentato in anteprima mondiale al Sundance e poi al Festival di Berlino, il film arriverà nelle nostre sale il 17 agosto distribuito da Lucky Red ed è ambientato nella Parigi contemporanea. “Ho scritto questo film pensando molto al protagonista interpretato da Franz Rogowoski - racconta Ira Sachs - Lo avevo visto recitare in Happy End di Michael Haneke e volevo proprio fare un film con lui. Ho iniziato a lavorarci prima del lockdown in un periodo in cui provavo grande insicurezza sul futuro del cinema. Lui ha cominciato studiando danza poi ha capito che non era quella la sua strada. Ma è un attore molto fisico. Sa che il suo corpo può trasmettere emozioni. Il film d’altronde è la storia di un uomo di potere che alla fine finisce a terra. È come una coreografia, un numero di danza che deve essere capito e assorbito emotivamente. E lui lavora così con questa comprensione del corpo di quelle che sono le cose da esprimere”.
E poi: “Il mio è un film sull’intimità, e anche di attori e di rischi. Ho voluto raccontare lo stesso sentimento che io avevo provato guardando Laura Antonelli nel film L’innocente di Luchino Visconti. Tomas è un personaggio che si muove in base al desiderio. C’è un gap tra quello che lui ha e quello che vorrebbe avere. È un regista che ha il potere, ma è spinto dalla ricerca del piacere. E c’è anche il mio desiderio di fare piacere al pubblico nelle luci, nei costumi, nella fotografia, ho cercato di pensare a tutto in modo molto dettagliato”.
Non è comunque un manifesto della fluidità, specifica infine Ira Sachs, statunitense, ebreo e apertamente gay (dal 2012 è sposato con il pittore Boris Torres e insieme hanno cresciuto due gemelli). “Non è un manifesto, ma questo è l’impatto che ha questo film sul pubblico. Una storia può essere letta in tanti modi, io non volevo lanciare un messaggio. Guardando il film osservi i tre personaggi e c’è un continuo spostamento verso loro come esseri umani. È un passaggio, un cambiamento generazionale che ci permette di vedere i rapporti umani in un modo totalmente diverso e nuovo”.