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Uberto Pasolini
“MUSA, di quell’uom di multiforme ingegno dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra gittate di Ilïòn le sacre torri; che città vide molte, e delle genti l'indol conobbe; che sovr’esso il mare molti dentro del cor sofferse affanni, mentre a guardar la cara vita intende, e i suoi compagni a ricondur: ma indarno ricondur desïava i suoi compagni, ché delle colpe lor tutti periro”.
Inizia così l’Odissea, il poema omerico forse più rappresenta-to al cinema. Dagli sceneggiati ai lungo-metraggi, il più famoso resta quello di Mario Camerini, Ulisse del 1954 con Kirk Douglas. Oggi Uberto Pasolini realizza Itaca. Il ritorno, con Ralph Fiennes e Juliette Binoche. Nel cast c’è anche Claudio Santamaria.
Odisseo è un sopravvissuto, che arriva sulla spiaggia della sua Itaca. Penelope è assediata dai Proci, che vogliono sposarla. E non avranno pazienza ancora a lungo: presto l’inganno della tela non basterà più per tenerli a bada. Intanto Odisseo non si rivela, e sembra fuggire da quella che potrebbe essere la sua ultima battaglia. Il film è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
“Ho scoperto Omero quando ero piccolo. I miei genitori mi leggevano l’epica greca, mi raccontava-no di Achille, dell’assedio di Troia, e delle avventure di Ulisse. In seguito, l’ho riscoperto a scuola, prima alle medie, poi al liceo. Ho fatto il classico, ma dopo tre anni sono scappato in Inghilterra. Da bambino cercavo delle connessioni personali con l’Odissea. Mi immergevo nel mondo narrato da Omero. Andando avanti con gli anni ho empatizzato invece con Telemaco, per il suo rapporto con un padre assente. Non è stato per fortuna il mio caso, i miei genitori mi hanno sempre sostenuto. Ad affascinarmi è sta-to il ritratto di una famiglia separata da un conflitto, che tenta in qualche modo di ricomporsi. Sono i nostri miti, fanno parte della nostra cultura. Non esiste in Italia una mitologia precedente a quella greca. Purtroppo, da grandi l’Odissea non la rileggiamo più. La lasciamo agli accademici, la releghiamo nella didattica. È una grave perdita”, spiega Pasolini.
Quando ha deciso di portare l’Odissea al cinema?
Lavoro alla sceneggiatura da trent’anni. L’idea mi è venuta quando ho deciso di passare dietro la macchina da presa. Fino a quel momento ero stato aiuto re-gista e avevo collaborato con un pro-duttore inglese. Volevo raccontare quello che accadeva a Itaca, che contiene anche il mio passaggio preferito del poema: l’incontro notturno tra Ulisse e Penelope. Il testo omerico è volutamente ambiguo, si fatica a capire se si riconoscono, quanto sanno l’uno dell’altro. È sta-to oggetto di studi. È una metafora molto lucida sul matrimonio (ride, ndr).
Itaca. Il ritorno è un film umanista, ripulito dalle divinità di cui parla-va Omero. Ed è anche attuale: Odisseo è prima di tutto un reduce.
Non mi interessavano gli dèi. Volevo mostrare un uomo che torna a casa, lavorando sulle sue emozioni, sui sentimenti distrutti. È scosso per quello che ha fatto. Si sente responsabile per i suoi compagni di viaggio che sono morti durante l’impresa. Mi sono soffermato sulla psicologia di un soldato che è sopravvissuto. Ho letto molte interviste ai reduci del Vietnam. Il governo statunitense forse non li ha trattati come avrebbe dovuto, ma li ha “studiati”. Ciò che emerge è naturalmente la difficoltà nel reinserirsi nella società, ma soprattutto il senso di colpa. Noi ci soffermiamo sul guerriero, sull’eroe, e spesso ci dimentichiamo della sofferenza veicolata dalla guerra.
Quanto è attuale un personaggio come Odisseo?
Lo è sempre. Omero e l’Odissea sono moderni, senza tempo. In Europa, dopo mezzo secolo di pace, ci siamo accorti che la guerra non è lontana. E abbiamo paura. Coinvolge popolazioni che ci somigliano, che non abitano dall’altra parte del globo. È una situazione tragica, costante, che non siamo capaci di risolvere.
Ci sono degli aspetti che la fanno immedesimare nel suo protagonista?
Dopo essermi sposato, sono stato a lungo lontano da mia moglie. Per motivi di lavoro, s’intende. Ho dato la priorità alla mia professione, e ancora adesso non so se ho fatto bene. La domanda era se andare in Australia per sette mesi e provare a fare un film, o se fermare il lavoro e vedere le mie figlie crescere. Alla fine sono partito, ma il film non si è fatto, come spesso succede. E la mia famiglia mi è mancata molto. Poi ho ripetuto un’esperienza analoga, in Sri Lanka. A livelli diversi, sono dubbi che ognuno di noi ha. Parlo da una posizione privilegiata, per-ché scelgo io quando lavorare. Questo dilemma l’ho inserito in Itaca. Il ritorno.
Odisseo parte, ma Penelope resta.
Si sottolinea poco il sacrificio di chi aspetta. In Omero quello di Penelope è un personaggio estremamente complesso. Purtroppo, se ne ha un’immagine superficiale: una donna passiva, una vittima. Ma non è così. Penelope ha il controllo, il potere decisionale sulla sua vita, su quella del figlio e sull’isola. È lei che sceglie ogni sua mossa, anche se riabbracciare il marito. Lei è attiva, determinata. L’autorità che esercita è continua: rifiuta le proposte di matrimonio, doma i Proci. È afflitta da una grave solitudine, eppure sa essere indipendente. Si sfoga vagando nelle ore del crepuscolo per i corridoi del palazzo. Non può condividere con nessuno la sua situazione emotiva. A suo modo è fragile, anche se lo nasconde. Ha una forza non comune, su cui abbiamo puntato nel film. Per me non è un’anima in pena davanti a un telaio.
Parlando invece di Odisseo, lui è destinato a riprendere la via del mare, come scrive Dante.
È vero. Nell’Odissea è Tiresia a dirglielo attraverso una profezia. Dante invece lo fa sparire oltre le Colonne d’Ercole. Nel film Odisseo si ferma, è Telemaco a raccogliere il testimone, pronto per un’epica che gli appartenga. Omero ci rivela che tra Odisseo e Telemaco, almeno all’inizio, non scorre buon sangue. Il giovane addirittura dubita della sua esistenza. Telemaco vorrebbe che sua madre si risposasse, per cacciare i Proci dalla sua casa. Solo quando Odisseo si manifesta a Telemaco, gli animi si placano. E questo non mi ha mai convinto, non ci ho mai creduto. Mi sembra molto stra-no che ci possa non essere uno scontro tra i due. Per questo ho approfondito di più la personalità di Telemaco.
A che cosa sta lavorando adesso?
Vorrei girare il mio prossimo film in Italia, più precisamente in Romagna. È tratto da un libro che rappresenta un altro ritorno, questa volta alle radici. Il mio rapporto con l’Italia lo definirei insufficiente, sono andato via troppo tempo fa. Vengo spesso, ho una figlia, degli amici. Ma con la vecchiaia vorrei fermarmi di più. Conosco troppo poco l’Italia, vorrei riscoprirla. È una realtà che non mi appartiene più. Il desiderio sarebbe di renderla di nuovo mia.. Di questi tem-pi penso proprio a un ritorno, almeno parziale.