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Il camorrista
"Non mi sarei mai aspettato di rimettere le mani su un lavoro di quasi quarant’anni fa. Sarò sincero: ho trovato solo difetti, difetti di una serie girata da un ragazzo esordiente. Però, in questo lavoro c’è anche tanta passione, tanto impegno, tanto entusiasmo“.
Giuseppe Tornatore arriva alla Festa di Roma per presentare Il camorrista, una serie tv girata nel 1985 insieme al suo omonimo film d’esordio e mai andata in onda. Lo sceneggiato è stato restaurato nell’ultimo anno sotto la supervisione del regista e grazie alla sinergia tra Titanus e RTI.
"L’abbiamo ritrovata e ripulita dopo trentotto anni di smarrimento. – spiega il cineasta siciliano – Dal suono mono abbiamo realizzato un suono 5.1; da un colore che era andato praticamente perduto, abbiamo fatto un nuovo master. Poi abbiamo aggiunto un nuovo missaggio, e una nuova color correction. In più ho fatto un piccolo alleggerimento delle puntate: inizialmente duravano un’ora, ora circa 55 minuti”.
Il progetto in cinque puntate, si ispira come il film alla parabola del boss camorrista Raffele Cutolo e si fonda sull’omonimo romanzo del giornalista campano Joe Marrazzo: “Quando facevo il regista programmista presso alla Rai di Palermo – ricorda Tornatore – spesso veniva Marrazzo per fare i suoi speciali d’inchiesta e mi raccontò che stava scrivendo il suo primo romanzo”.
Il regista futuro premio OScar ne intuì subito le potenzialità cinematografiche perché “all’inizio degli anni Ottanta, di film sulla camorra c’era solo Processo alla città di Zampa, La sfida di Rosi, poi i film di Squitieri e quelli con Mario Merola che ne parlavano, però, in chiave folkloristica. Nient’altro. La conoscenza pubblica del fenomeno era scarsa, i gruppi criminali si sentivano infallibili. Non si sapeva nulla di come funzionassero le organizzazioni mafiose. C’era stato Il Padrino, certo, ma non raccontava la nascita e l’evoluzione del fenomeno. Cosa che Joe Marrazzo si premurava di fare nel suo libro che era perfetto perché volevo raccontare una storia che avesse un grande potenziale di informazione. La criminalità andava conosciuta nelle dinamiche e nelle miserie umane. Fu un atto di coraggio e di denuncia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Leo Gullotta che nella serie interpreta il capo della squadra mobile Iervolino. Per l’attore “rivedere oggi questa serie è un fatto storico. Sarà importante per il pubblico italiano riconsiderare alcune cose personali rispetto al tempo. Il camorrista raccontava i fatti del momento: le BR, le uccisioni, gli arresti, gli inciuci, la CIA e i servizi segreti. Tornatore ha lavorato sulla realtà cambiando appena i nomi e ha inventato il modo di girare le serie dei giorni nostri. In più c’era il grande piacere di lavorare con professionisti preparati e bravissimi".
Tra i quali Ben Gazzara che nel film e nello sceneggiato, incarna il Professore di Vesuviano. All’inizio, però, ricorda Giuseppe Tornatore “volevo Volontè come protagonista, ma non non avevo il curriculum per approcciarlo. Pensavo a lui come alternativa. Nel frattempo conobbi il suo agente che lesse il libro, e glielo propose. Gli portò anche la lista dei documentari che avevo fatto, tra cui Diario di Guttuso, una biografia sul pittore raccontata da Guttuso stesso che era amico di Gazzara. L’attore gli chiese di me, e l’entusiasmo con cui Guttuso mi presentò fu un ottimo viatico: lui accettò subito, anche se all’epoca doveva produrre la mia piccola cooperativa di produzione esecutiva, perché non era ancora entrata la Titanus nel progetto. Lavorare sul set con Gazzara fu bellissimo: mi raccontava sempre di Cassavetes. Se mettevo la macchina in basso mi diceva ‘Orson Welles’, se la mettevo in alto mi diceva ‘Jhon Huston!’”.
La serie, però, ad oggi non ha ancora una destinazione d’uso. Tornatore sull’argomento prova a cavarsela con una battuta: “Non ho notizie in merito. Dato che ha avuto una storia così curiosa e misteriosa, non sarei sorpreso se tornasse per altri trentotto anni in un magazzino”.
La Titanus diretta interpellata, allora, rassicura tutti per bocca di Guido Lombardo: “Il pubblico vedrà a breve questa bellissima opera sulle reti della tv generalista. Sarà il gruppo Mediaset ad avere questo privilegio. Ci sarà poi anche una distribuzione internazionale e un approdo su una piattaforma che si sta definendo proprio in questi giorni".
Le puntate televisive, infatti, furono girate contestualmente al lungometraggio e ritirate per le polemiche sorte intorno al film.
Un progetto produttivo innovativo per i tempi, nato dall’intesa tra Lombardo, titolare di Titanus e un neanche trent’enne, semisconosciuto all’epoca regista: “La gente non capisce che la serie fu girata insieme al film. Molti credono che l’abbia girato oggi ispirandomi al film di quarant’anni fa. – spiega il regista premio Oscar - Così può sembrare l’ennesima serie sulla mafia dal punto di vista dei mafiosi. All’inizio degli anni Ottanta, però, ebbi la fortuna di incontrare Lombardo. Capì che il film da solo era costoso e troppo rischioso, ma ne sposava le motivazioni. Volle allora che la storia fosse accompagnata da una serie. Io accettai pur di fare il film, perché mi dava l’opportunità di raccontare le vicende del libro in modo più dettagliato. Mi sembrò un’anomalia, ma Goffredo Lombardo aveva ragione. Mi fece lavorare senza complessi di inferiorità, nonostante fossi un esordiente. Quello che serviva al film riuscivo sempre a ottenerlo”.