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Agnieszka Holland (foto di Karen Di Paola)
Premiata alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, osteggiata in patria, la regista polacca Agnieszka Holland è ora protagonista della XXVII edizione del Tertio Millennio Film Fest.
Dopo la preapertura di ieri in Filmoteca Vaticana, la cineasta terrà oggi alle 19.30 una masterclass con il pubblico (e riceverà il premio Fuoricampo assegnato dal Tertio Millennio Film Fest insieme al Religion Today di Trento e al Popoli e Religioni di Terni), che sarà seguita poi dalla proiezione del suo ultimo film, Green Border, titolo che a fine gennaio 2024 arriverà nelle sale distribuito da Movies Inspired e che racconta la tragedia che si consuma nelle insidiose foreste paludose del confine che separa la Polonia e la Bielorussia: i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko. Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE. Pedine di questa guerra sommersa, le vite di Julia, un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una confortevole esistenza, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano.
“La crisi dei migranti è la sfida che darà forma alla nuova Europa”, disse qualche mese fa. Secondo lei è possibile che la nuova Europa, l’Europa del futuro, riesca a riemergere dalla palude che sembra inghiottirla nei giorni nostri?
Non riesco ad immaginare un futuro luminoso. Probabilmente dobbiamo crescere per arrivare ad una nuova soluzione e all'accettazione di questa nuova situazione. Finora è il contrario, finora prevale solamente la paura, siamo sempre più egoisti e purtroppo accettiamo sempre di più la violenza per rispondere a determinate situazioni. Quindi no, non sono ottimista riguardo al futuro dell'Europa, credo invece che purtroppo saremo testimoni di un'altra catastrofe, dopo la quale forse verrà fuori qualcosa di meglio e faremo il grande passo in avanti. Se sopravvivremo, se il pianeta sopravvivrà.
Ha più volte sottolineato come l’Europa negli ultimi anni stia tentando di trasformarsi in una sorta di fortezza ma che non riesce a farlo davvero perché l’opinione pubblica è contraria: qual è allora il cortocircuito che manda a governare forze di estrema destra e populiste?
Credo che la maggioranza dell'opinione pubblica sia più incline ai discorsi di odio e soprattutto alla creazione di un'atmosfera di paura. E le persone hanno paura, si guardano intorno e vedono quanto sia difficile l'adattamento o l'integrazione e vedono tutti i possibili problemi economico-sociali legati alla migrazione. Le differenze di prospettiva, che siano religiose, o in relazione al ruolo delle donne, alle tematiche LGBTQ+, la paura emerge fondamentalmente perché le persone sono ignoranti, temono che la loro comfort zone venga messa a repentaglio. Magari in quell’angolo di strada avevano il loro pub preferito e ora è diventato un luogo gestito da persone diverse, con un odore diverso, con un’altra lingua. I populisti, i fascisti e gli xenofobi hanno argomenti molto facili da utilizzare: si relazionano con qualcosa che le persone sentono veramente, ma bisognerebbe anche capire che alcuni processi sono impossibili da cambiare, che l’Europa come continente sta rimpicciolendo, che la sua popolazione sta diminuendo, il calo demografico c’è sia in Polonia che qui da voi, in Italia. Quindi in Nigeria molto presto ci saranno, non so, 200 milioni di persone... E poi c'è la catastrofe climatica, la povertà, le guerre e le persone che scappano da luoghi dove ormai è impossibile continuare a vivere e noi possiamo anche mettere le mitragliatrici ai nostri confini, o bombardare le barche che attraversano il Mediterraneo. Possiamo uccidere un milione di persone, ma ne arriveranno comunque altri milioni perché non avranno un'altra soluzione. Quindi, invece di trasformare il nostro continente in un continente di crimini di massa, di crimini contro l’umanità, possiamo provare a discutere, a dibattere. Per arrivare alla nuova soluzione che sì sembra rivoluzionaria: come rendere possibile la coesistenza e l'armonia della diversità?
Ecco, l’armonia delle differenze, come il titolo che ha scelto quest’anno il Tertio Millennio Film Fest. Ma è davvero possibile raggiungerla questa armonia?
L'armonia è di per sé impossibile senza le differenze, perché l'armonia si raggiunge solo con elementi diversi, suoni diversi, livelli diversi. Se hai solo un elemento non hai l'armonia, hai solo una dimensione, quindi il titolo del Festival detiene quel significato simbolico di rendere quella realtà, che non è armonica perché è diversa, e perché le persone cercano il conflitto e non la pace: sfortunatamente è una specie di paradiso che finora non esiste ma penso che la nostra prospettiva sia quella di cercare di convincere le persone sul pianeta che possono, devono vivere insieme, e quello è il posto giusto per tutti.
L’elemento principe di Green Border è proprio quello di non soffermarsi su un unico punto di vista ma voler rendere noi spettatori allo stesso tempo migranti, guardie di frontiera, attivisti: solamente in questo modo è possibile comprendere realmente il prossimo?
Penso di sì. Se io portassi sullo schermo solamente il punto di vista del “bene” mi produrrei in una specie di ingenua propaganda. Oltretutto sento di rispettare il fatto che ci siano molte persone che si trovano a fare scelte molto spesso impossibili, difficili, che non tutti hanno la forza o la posizione morale per sapere cosa sia davvero giusto o sbagliato: per questo credo che film come questo siano necessari, film che parlano di una situazione che preoccupa molti e che può cambiare la società, in meglio o in peggio. Le persone, gli spettatori, hanno bisogno di questo tipo di confronto, tanto in sala quanto sulle piattaforme.
Per quanto riguarda l’attuale, sempre più tragica situazione in Medio Oriente, crede che l’Europa e l’Occidente in generale abbiano delle responsabilità dirette?
Beh, di sicuro abbiamo la responsabilità di tutto. Iniziando dal colonialismo, passando per l’Olocausto, fino all’inganno degli inglesi verso i palestinesi, la guerra in Siria alimentata da Putin, l’Iraq distrutto da Bush e così via. Per non parlare dell’Africa, continente che non si è mai più ripreso dal colonialismo e dal post-colonialismo, perché la politica degli interessi e dello sfruttamento non si è mai fermata. E sta succedendo ancora oggi, comprese le catastrofi climatiche di cui siamo ritenuti responsabili. Ecco perché penso che non possiamo semplicemente rifiutare i rifugiati e i migranti perché vogliamo mantenere le nostre risorse e la nostra comfort zone, semplicemente perché siamo colpevoli. Dobbiamo pagare per questo. E il conflitto in Medio Oriente è tragico, anche perché entrambe le parti sembra non abbiano altra scelta. Abbiamo pianto per l’attacco del 7 ottobre di Hamas, ora piangiamo per Gaza, ma poi l'Egitto ha messo i carri armati alla frontiera, quindi non accettano nemmeno che i bambini feriti entrino…
E invece, tornando alla Polonia, le recenti elezioni hanno dato l’idea che la volontà popolare sia quella di un cambiamento. Sarà possibile attuarlo realmente?
Ci sarà un cambiamento sì, certo non rivoluzionario perché il governo che verrà non lo sarà. Non è così accogliente nei confronti della migrazione, comprendono le paure della popolazione e non vogliono creare qualcosa che verrà utilizzato contro il movimento democratico. Ma spero che cambierà a livello pratico, specialmente nei commissariati di polizia e alla frontiera, che si inizierà veramente a prendersi cura delle persone che hanno bisogno di essere aiutate. Comunque sono sicura che finirà questa tragedia dei migranti che vengono sballottati come sacchi della posta dalla Bielorussia alla Polonia, e viceversa: questa è la cosa più crudele, la più disumana, e anche la più mortale. Per creare la nuova politica migratoria c’è bisogno di molto lavoro e spero che inizino in modo simbolico. Come quanto accaduto tra gli attivisti al confine polacco: quando è scoppiata questa crisi umanitaria un politico che rappresentava lo stato in quella regione è diventato uno degli attivisti più efficienti, avendo anche una formazione da medico. Questa esperienza gli ha permesso di stare a tu per tu con il dramma delle persone, dei rifugiati, raccontando poi di aver incontrato solo persone perbene, che non hanno mai avuto un comportamento meschino, o aggressivo, nei confronti di chi cercava di dare loro aiuto. Ora questo politico è stato eletto al Senato e sono certa che non dimenticherà quella situazione, che farà qualcosa per migliorare lo stato delle cose. E credo che sia di buon auspicio, simbolico, che questa persona potrà diventare a livello politico il portavoce dei migranti, degli attivisti e del dramma di questa crisi.