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(Cinematografo.it/Adnkronos) – Un viaggio sentimentale tra cultura, scienza e arte attraverso la potenza delle immagini. Ed è quello che hanno compiuto Massimo D'Anolfi e Martina Parenti per realizzare il documentario Bestiari, Erbari, Lapidari, presentato fuori concorso – non fiction all'81esima Mostra del Cinema di Venezia.
Una sorta di 'enciclopedia' divisa in tre atti, ognuno dei quali tratta un singolo soggetto - gli animali, le piante e le pietre - attraverso diversi generi del documentario. 'Bestiari' è un found-footage su come e perché il cinema ha ossessivamente rappresentato gli animali. 'Erbari', invece, è un documentario poetico d’osservazione dall’interno dell’Orto Botanico di Padova. Infine, 'Lapidari' è un film industriale ed emotivo sulla trasformazione della pietra in memoria collettiva.
"L'idea del film è nata circa 10 anni fa. Ragionavamo sull’idea di fare un confronto di alberi e piante, ma non riuscivamo a trovare una storia o uno spazio che ci convincesse", dice D'Anolfi. Un giorno, inaspettatamente, è arrivata l'illuminazione. "Una nostra cara amica ci ha chiamato per dirci che nella clinica veterinaria sotto il nostro studio c’erano due tigri malate di polmonite. Siamo subito andati giù e il giorno stesso abbiamo iniziato a filmare", ricorda il regista. Da lì "abbiamo pensato ai compendi medievali, dove oltre ai bestiari e agli erbari c’erano anche i lapidari”, aggiunge D'Anolfi.
“I tre capitoli "sono stati sempre connessi", dice Parenti. “Il primo che abbiamo finito è stato 'Erbari' perché l’idea della cura, che noi tutti dovremmo avere per il mondo che ci circonda, era un po’ un caposaldo sin dall’inizio", sottolinea. Questo atto "è ambientato nell’orto botanico di Padova, dove i giardinieri si prendono cura delle piante preziose e non, specialmente nel periodo invernale, quando sono più secche e quindi più vulnerabili. Ed è in questo momento - spiega la regista - che emerge la necessità di cura".
Bestiari, invece, "è stato sviluppato grazie al coinvolgimento del professore universitario Francesco Pitassio, al quale abbiamo chiesto di esplorare la relazione tra cinema e animali, e da questa ricerca sono nati incontri importanti, come quello con Sophia Gräf, che ha approfondito gli studi sul comportamento degli animali nei primi vent’anni dell’immediato dopoguerra", spiegano i registi. "Le loro ricerche hanno arricchito il nostro lavoro, permettendoci di costruire un archivio", concludono.