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Mary e lo Spirito di Mezzanotte
Dieci anni di lavoro ci sono voluti per vedere sul grande schermo Mary e lo Spirito di Mezzanotte, settima regia di Enzo D’Alò, candidato all’EFA per il miglior film d’animazione e dal 23 novembre in sala con BiM Distribuzione. All’origine, ancora una volta, un testo letterario, dopo gli adattamenti di film entrati nell’immaginario come La Freccia Azzurra da Gianni Rodari e La gabbianella e il gatto da Luis Sepulveda: stavolta tocca al romanzo La gita di mezzanotte dell’irlandese Roddy Doyle. “Non è solo uno scrittore per ragazzi – spiega il regista – ma un narratore capace di andare in profondità, scavando dentro più livelli di lettura: un narratore che scrive con gli occhi di un bambino. È molto contento del risultato, siamo anche diventati amici”.
È la storia di Mary, undicenne che sogna di diventare chef, legatissima alla nonna che la incoraggia e la sostiene: quando l’anziana signora si ammala, per la bambina inizia un viaggio che supera le barriere del tempo. “C’è un’ispirazione autobiografica – rivela D’Alò – perché è ambientato nei luoghi in cui Doyle è cresciuto. Ho cercato di mantenere l’intimità del racconto famigliare e allo stesso tempo preservare l’empatia con un pubblico differente”.
Tema forte è la forza transgenerazionale delle donne: “Sono nato nel dopoguerra e cresciuto nel Sessantotto: ci nutrivamo di sogni che rispondono ai nostri sentimenti, alla base delle ambizioni c’erano quelle utopie delle quali oggi ci sarebbe un gran bisogno. Ogni personaggio ha un ruolo specifico: Mary coltiva il sogno di diventare chef, la mamma ha il compito di tenerla con i piedi per terra, la nonna è uno spirito libero che ha l’unica responsabilità di trasmettere un patrimonio di valori, la misteriosa Tansey si è addirittura liberata della schiavitù del corpo e guida tutti con dolcezza e ironia”. Ed è un film sul valore dei nonni: “A volte non si tiene conto di quanto siano veicolo di cultura – riflette il regista – perché trasmettono i ricordi necessari per andare avanti. Incarnano le radici”.
Per raccontare l’attività onirica dei personaggi, la squadra di d’Alò (citiamo almeno Marco Zanoni, collaboratore storico del regista) ha guardato alle opere di altri illustratori: “I sogni e i ricordi della nonna seguono lo stile di Peter De Sève, con dei grovigli di linee che fanno vibrare le immagini senza che si muovano, su una specie di pergamena che ci accompagna nel passato. Per l’incubo di Mary ci siamo ispirati al tratto di Regina Pessoa, con i segni duri delle sue xilografie in bianco e nero che danno l’idea dell’angoscia”.
Come sempre nel cinema di d’Alò, un ruolo fondamentale spetta alle musiche, curate da David Rhodes, chitarrista e compositore vicino a Peter Gabriel e già autore della colonna sonora de La gabbianella e il gatto: “Enzo mi ha chiesto di leggere il libro nel 2014 – rivela il musicista – ma il processo è stato così lungo che ho cominciato a lavorarci solo dal 2019. Enzo è un regista fantastico: ha le idee chiare su ciò che gli piace e ciò che non gli piace. Il che a volte ha velocizzato il lavoro e a volta l’ha rallentato”. “È un film sulla contaminazione – aggiunge d’Alò – e la musica lo rappresenta bene: ho chiesto a David di unire la tradizione popolare tradizionale irlandese, con elementi come la voce melismatica, le cornamuse, l’arpa celtica, e l’ambiente contemporaneo inglese, mescolando suoni elettrici e acustici”.
Matilda De Angelis canta due canzoni (“Come se fosse una Mary più grande – spiega d’Alò – e poi è una fan di Opopomoz”), tra i doppiatori la monumentale Maria Pia Di Meo e la giovanissima Charlotte Infussi D’Amico, che ha vinto il provino senza rivelare al regista chi è sua madre: Domitilla D’Amico, che venticinque anni fa diede la voce alla Gabbianella.