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"Sono partito dalla paura, questo è il primo film scritto da genitore, non da sceneggiatore. Sergio, il protagonista, è un po’ Ivano. Per me, infatti, è un film d’amore su un padre che mette al mondo una ragazza. E anche per la figlia è il primo amore. Poi lui subisce un primo grosso tradimento: la figlia va con un altro uomo. E allora pensa: ‘troverà uno meglio di me?’”
Ivano De Matteo torna al cinema dal 6 aprile con Mia (in anteprima al Bif&st di Bari), un film doloroso sul rapporto tra figli adolescenti e genitori che lo coinvolge in prima persona, dato che è scritto a quattro mani con la compagna Valentina Ferlan: “abbiamo quasi scritto con i protagonisti, gli adolescenti ce li abbiamo dentro casa, una ragazza di sedici anni che quando abbiamo iniziato a girare ne aveva quindici, e uno di venti. La cinepresa era il mio occhio da genitore, ma ho capito che non potevo addentrarmi completamente in un mondo che in realtà non conosco a fondo. Così siamo andati avanti guardando, osservando, cercando di capire. Abbiamo fatto un film per farci delle domande, per comunicare con qualcuno che è un alieno per noi. Il mio cinema sono convinto che non cambi nulla nel mondo, ma accende un piccolo faro su quello che accade nelle famiglie”.
Anche la co-sceneggiatrice ha confermato la matrice “famigliare” del film: “la parte più divertente è stata la costruzione dei dialoghi: questo è il primo film in cui ci mettiamo in contatto con i nostri figli sulla sceneggiatura, quindi è stato molto emozionante. Volevamo avvicinarci ai giovani, così, per cominciare, ci siamo messi in ascolto”. E sulla scrittura, De Matteo conferma: “Spesso andavo a chiedere a loro: ‘Questo è scritto così: ma voi come lo dite?’. Abbiamo inserito tanti termini che sono quasi neologismi ma rappresentano una lingua parallela per noi. In più ho parlato con psicologici e giudici per avere una documentazione attenta che ci consentisse di fare un affresco di una generazione”.
Per Edoardo Leo, invece, che nel film interpreta il padre della protagonista, il film è stato occasione per uno scavo al passato: “sul set pensavo a me adolescente con mio padre. Sergio è molto impacciato come era il mio, più di come sono io con i miei figli. Ma quando stai su un set, pensi poco a te come genitore perché stai dentro un processo in cui non hai spazio per fare una riflessione. Ivano, infatti, non è un regista ‘normale’: per girare con lui non bastano solo le dinamiche artistiche, devi capire come vede le cose. Se no, ti porta a una esasperazione psicologica e fisica. Per cui il mio compito non era tanto recitare le battute, ma entrare nel suo modo di vedere il mondo, perché stavo facendo lui: dovevo stare in ascolto di quello voleva. Il set è stato artisticamente meraviglioso, ma psicologicamente devastante. La sera tornavo a casa consumato, mi ha fatto ritornare alla fatica di recitare che avevo trent’anni fa“.
Milena Mancini, invece, interpreta Valeria, la madre dell’adolescente: “in comune con il mio personaggio, da mamma ho la forza, la prontezza di reazione, il coraggio. Io, però, ho due figli maschi, così ho dovuto costruire il rapporto con Greta attraverso Ivano e attraverso la scrittura di Valentina. In più, il film è stato girato in pellicola, per cui avevamo al massimo tre ciak. Quindi non c’era possibilità di sbagliare. Ivano è un regista musicale, fa delle correzioni anche su una singola parola; è come ascoltare una batteria, ti dice quello che devi fare, anche nell’intonazione, e devi essere pronta”.
Il regista stesso ha collocato Mia “nel contesto famigliare che torna spesso nel mio cinema. Mi ricorda Gli equilibristi come sapore: lì il protagonista ferito era un padre, e aveva una figlia che cercava di aiutarlo. Qui i ruoli si sono capovolti. Io non riesco a parlare con mia figlia, anche per pudore, quindi ci parla spesso la mia compagna. Nel film c’è anche il senso di impotenza: è qualcosa di strampalato quello che fa Sergio, di bislacco”.
La figlia al centro di una torbida storia di violenza, è incarnata dall’esordiente Greta Gasparri che non ha fatto difficoltà a immedesimarsi nel personaggio: “Mia è molto simile a me e alle mie amiche nella quotidianità. Ho conosciuto ragazze che hanno vissuto situazioni simili e soggetti che si comportati in determinati modi. Non è un argomento di cui si parla molto, nonostante sia una dinamica che si ritrova spesso nella vita”.
De Matteo ha voluto sottolineare la missione “sociale”, relazionale del film: “nei prossimi giorni ci sarà una proiezione con ragazzini di terza media in una sala, e in un’altra sala con i genitori. Alla fine ci riuniremo e parleremo del film tutti insieme a una psicologa. Il cinema, quindi, diventa un luogo per incontrarsi davvero”.
Nella storia, inoltre, il tema familiare si lega a quello della giustizia: “La sentenza è scritta da un giudice della prima corte penale di Piazzale Clodio. -spiega il regista- Io gli ho detto le cose accadute nel film e lui l’ha scritta e poi l’ha letta. Il tema della giustizia può rappresentare anche l’inizio di un altro film. Ma non è casuale: molto spesso per scrivere un film faccio grosse riunioni con avvocati e magistrati”.
Riccardo Mandolini, invece, che interpreta il violento Marco, ha sottolineato come “personaggi così esistono nella vita, anche se sono molto distante da me”. Poi ha spostato l’accento sulla morale della storia: “il messaggio è: parlare fa sempre bene. Un problema può sembrare irrisolvibile finché non se ne discute. Io, poi, ho due sorelle più piccole di me: questo film mi fa sentire responsabile nei loro confronti”.