Viaggio nelle migliori monosale d’Italia. Il cinema è in crisi? Noi rispondiamo con le eccellenze. La prima è il Beltrade, a Milano. Atmosfera unica: dal sagrato della chiesa alle poltrone sono pochi passi, la multiprogrammazione gestita da Monica Naldi e Paola Corti non ha rivali. «Il Beltrade esisteva già prima di noi, ma non sappiamo quando sia stato fondato. Stiamo indagando. Pensiamo forse negli anni Trenta. Era una sala parrocchiale. A un certo punto si sono trovati in difficoltà, i volontari non bastavano più. Così ci hanno chiamato, avevamo già fatto una retrospettiva insieme. Con l’avvento del digitale rischiavano di chiudere, abbiamo provato a prendere parte a un bando che loro avevano già perso in una precedente edizione. Se avessimo vinto, avremmo preso in gestione la sala. Era il 2012, siamo state fortunate, ci hanno dato i soldi per avere un proiettore al passo coi tempi. All’inizio tutti pensavano che sarebbe stato un fallimento, perché eravamo lontani dal centro. Le difficoltà erano molte, si proiettavano film di terza o quarta visione. Mancava anche un po’ di continuità. La nostra idea è stata di puntare su titoli meno conosciuti, che però ci piacessero. E volevamo che fossero in versione originale con i sottotitoli, con le luci che dovevano rimanere spente fino alla fine dei titoli di coda. Abbiamo provato con piccoli distributori indipendenti, realtà in crescita, registi che si autodistribuivano come Davide Manuli. Abbiamo fatto quello che volevamo, senza necessità di grandi risultati. Partivamo da una situazione disastrata, senza nessuna aspettativa. Non rischiavamo quasi nulla, avevamo anche altre due sale che ci garantivano lo stipendio. Così ci siamo buttate, e abbiamo avuto ragione», spiega Naldi.

Aggiunge Corti: «A giugno 2013 abbiamo proiettato Parada, sul Pride di Belgrado, era a metà strada tra documentario e finzione. Poi c’è stato Holy Motors di Leos Carax, e a settembre La leggenda di Kaspar Hauser. Dalla cassa sentivamo la colonna sonora, che ci entusiasmava. Da lì è partita la multiprogrammazione, perché non volevamo abbandonare quel titolo, pur dovendo “salire” con altri. A poco a poco con una monosala da duecento posti siamo arrivati a fare sette film al giorno. Gli orari ruotano, la posizione del film non è sempre la stessa, perché tutti devono avere uguale visibilità. È anche un’attenzione particolare per lo spettatore, che ha più opzioni per trovare la storia che gli interessa».

Naldi prosegue il racconto: «I primi film non avevano una grande notorietà alle spalle, ma il pubblico è aumentato. Così abbiamo alzato l’asticella, puntando su progetti più grossi, sempre però mantenendo la multiprogrammazione. La prima visione è in realtà qualcosa di recente. Alcuni distributori ci hanno supportato fin dall’inizio, come Movies Inspired che ci aveva dato Corpo e anima subito dopo il successo a Berlino. Con Netflix c’è stato Roma, che per molto tempo è stato il film più visto da noi. Adesso è stato superato da Triangle of Sadness».

Continua Corti: «La svolta è arrivata con il cortometraggio di Almodóvar La voce umana. Lo abbiamo proiettato come se fosse un lungo. Il primo giorno di uscita, come facciamo sempre, gli abbiamo dedicato tutti gli spettacoli. È successo anche con The French Dispatch e Licorice Pizza o con altri titoli per noi importanti. La voce umana lo abbiamo fatto dodici volte al giorno, e siamo stati la sala che ovviamente ha fatto più incassi in Italia. Grazie a questo risultato la Warner ci ha dato in uscita Madres paralelas. Su Wes Anderson avevamo fatto una retrospettiva lunga mesi, così Disney si è fidata e ci ha dato The French Dispatch. Quello a cui dobbiamo fare attenzione è di non perdere la nostra identità, di mantenere un equilibrio. La sfida è avere Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh e Decision to Leave di Park Chan-wook in contemporanea, continuando a valorizzare anche gli altri».

Sugli incassi interviene Naldi: «Nel 2021 abbiamo vinto il Biglietto d’Oro. È stata una grande felicità. Il nostro pubblico è giovane, appassionato. Nel 2022 abbiamo registrato solo 38 presenze in meno rispetto al 2019, quando il Covid non c’era. Abbiamo fatto quasi 57mila biglietti, e stiamo migliorando ancora». Non bisogna però dimenticare Facebook e Instagram. «Abbiamo sempre cercato di raccontarci attraverso i social. Durante il lockdown ci siamo focalizzati, con alcune dirette, sul lavoro degli esercenti. Ma i social li usiamo anche per contattare registi e non solo, grazie a Instagram siamo riusciti a organizzare un collegamento con Ruben Östlund per Triangle of Sadness e con l’attrice Vicky Krieps per Il corsetto dell’imperatrice. È stato incredibile. Abbiamo scritto, e loro ci hanno risposto. L’obiettivo è sempre far vedere film belli per il maggior tempo possibile. Questi incontri servono per aumentarne il valore», spiega Corti.

Sulla crisi conclude Naldi: «La sala è sotto attacco, probabilmente non tornerà come prima. Ma fa parte della Storia, come ci insegnano gli anni Cinquanta, gli anni Ottanta. Da una parte ci sono i multiplex, dall’altra gli indipendenti, su due binari paralleli. Alcuni modelli andranno cambiati. Dobbiamo mantenere la nostra scelta vivace, per la programmazione servono indipendenza e pluralità. Questa è la chiave contro l’estinzione. Puntare solo su pochi titoli all’anno è fallimentare, bisogna puntare sul cinema e sulle persone che lo amano».